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Italia e crisi economica: il crollo dei consumi

Prosegue, di pari passo con il protrarsi della crisi economica, il calo dei consumi nel nostro paese; un decremento che procede in linea con l’attuale situazione di estrema criticità dell’economia italiana e che non lascia intravedere nel breve periodo segnali di inversione.
La definizione, così come i dati relativi al calo dei consumi, arriva direttamente dalla Confcommercio tramite il proprio indicatore, uno strumento di analisi congiunturale relativo alla dinamica di breve periodo della spesa reale delle famiglie e dei prezzi delle principali voci di consumo.
Ebbene, tale indicatore dei consumi ha registrato, nel mese di febbraio 2013, una diminuzione del 3,6% in termini tendenziali. Un calo cospicuo dei consumi che riflette una diminuzione dell’1,9% della domanda relativa ai servizi e del 4,4% della spesa per i beni e che certifica, inoltre, una contrazione di quasi tutti gli aggregati dei volumi acquistati dalle famiglie rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, vale a dire febbraio 2012.

 

Crollo dei consumi per tutti i settori:

Il dato di febbraio 2013 si inserisce, secondo la Confcommercio, in un contesto di crisi economica che ha visto ridursi, negli ultimi due anni, la domanda per i beni e servizi considerati nell’aggregato di circa il 25% in volume. Riduzioni che hanno riguardato più o meno tutti i settori ma che hanno avuto picchi più alti in alcuni di questi; vediamone alcuni.
Le riduzioni di consumi più significative si sono avvertite nel settore relativo ai beni e servizi per la mobilità (si parla di motocicli, automobili, carburanti, pedaggi e trasporti aerei), dove il calo registrato della domanda è stato del 7,6%; riduzioni sostanziali si sono poi avute per gli alimentari, bevande ed i tabacchi (- 4,7%); per gli alberghi ed i pasti e le consumazioni fuori casa (-3,7%); per abbigliamento e calzature (-3,6%) e per i beni e servizi per la casa (affitti, energia elettrica, mobili, articoli tessili, arredamento per la casa, elettrodomestici, radio, tv, registratori, generi casalinghi durevoli e non durevoli, utensileria per la casa e ferramenta, con un calo del 3,6%).
Unico settore che ha mostrato una variazione positiva delle quantità acquistate dalle famiglie con un +2,9% rispetto a febbraio 2012 è stato quello relativo ai beni e servizi per le comunicazioni; si fa qui riferimento a telecomunicazioni, telefonia e dotazioni per l’informatica, foto-ottica e pellicole, servizi postali e servizi per le comunicazioni.

 

Calano anche gli alimenti:

Tra l’altro, parlando dei singoli settori presi in esame e segnalati in forte calo, a destare allarme è il dato relativo al comparto degli alimentari che ha registrato un -4,7% rispetto a febbraio 2012; su questo risultato si è espresso anche il Codacons (associazione per la difesa degli utenti e dei consumatori), il quale ha parlato di calo “drammatico”.
Secondo l’associazione dei consumatori, la voce degli alimentari sta “scendendo ininterrottamente dal 2007: -1,8% nel 2007, -3,3% nel 2008, -3,1% nel 2009, -0,7% nel 2010, -1,8% nel 2011, – 3% nel 2012. Un terzo delle famiglie italiane non riesce più ad acquistare tutto il cibo di cui necessita. Bisogna tornare alla fine degli anni ’70 per avere consumi alimentari pro capite coì’ bassi. Ormai, come ci dicono i dati Istat, il 12,3% della popolazione non riesce più a fare un pasto adeguato almeno ogni due giorni. Insomma, si tratta di dati da Terzo mondo”. 
Realtà piuttosto drammatica e della quale avevamo dato notizia in passato nel nostro giornale andando a mostrare come sempre più italiani si rivolgessero alla Caritas per mangiare (Una mattina alla mensa della Caritas /2), e come sempre più si stesse diffondendo il fenomeno della povertà nei mercati rionali ( Reportage dai mercati rionali: la nuova povertà) con la gente che si accalca, all’ora di chiusura, per raccogliere dalla spazzatura gli alimenti avanzati che vengono buttati.

Aumento Iva e Tares saranno la mazzata finale:

Tornando all’ attualità ed ai dati diffusi da Confcommercio, secondo il Codacons la situazione potrebbe anche peggiorare qualora venissero applicati alcuni provvedimenti quali ad esempio l’aumento delle tasse ed in particolare l’aumento dell’ Iva, che porterebbe ad una crescita dell’inflazione di almeno lo 0,6%.
Per la Confcommercio invece, non è scongiurato il rischio un’inflazione che, nella media dell’anno, potrebbe approssimarsi al 2% con maggior rischi per quel che riguarda la seconda metà dell’anno proprio a causa di eventuali aumenti dell’Iva e dell’introduzione della Tares (la tassa sui rifiuti che, in base alle ultime decisioni, dovrebbe aumentare di 30 centesimi a metro quadro a partire dal dicembre 2013).
Provvedimenti che, come sempre, andrebbero ad influire pesantemente sulle tasche dei cittadini.

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