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Accessibilità digitale per disabili: di cosa si parla

La piena accessibilità per i disabili non è un tema rapportato esclusivamente a un discorso di fisicità e all’abbattimento delle tante barriere architettoniche presenti nelle città italiane.
Esiste un intero capitolo di tale argomento che regola e garantisce anche la piena accessibilità alle moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Il primo documento ufficiale che riconosce questo diritto risale al 1993, dunque agli albori del web, ed è stato redatto da un ente sovrano come le Nazioni Unite.
Tale concordato esorta tutti gli Stati membri a sviluppare strategie finalizzate ad implementare la piena accessibilità ai servizi d’informazione, oltre che a tutta l’eventuale documentazione, per le persone affette da differenti forme di disabilità.

Italia e legge sulla accessibilità digitale:

Qualche anno dopo, precisamente l’8 dicembre 1999, è stata istituita dalla Commissione Europea un’iniziativa denominata “eEurope”, finalizzata ad accelerare la diffusione delle nuove tecnologie digitali tra tutti i cittadini dell’Unione, rendendo in grado di accedervi anche le categorie maggiormente disagiate.
In Italia, il primo provvedimento legislativo in materia di accessibilità digitale per disabili arriva nel 2005, leggermente in ritardo rispetto le direttive europee, e porta la firma dell’allora ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, Lucio Stanca.
La Legge Stanca stabilisce e dispone, in maniera dettagliata, quali requisiti devono avere tanto i siti internet quanto gli strumenti informatici (pc, ambiente operativo, applicazioni, etc.) al fine di rendere più agevole il loro utilizzo alle persone disabili.
Tali disposizioni coinvolgono sia le pubbliche amministrazioni (in via obbligatoria) che i privati (principalmente in maniera ancora facoltativa). L’avvenuto adeguamento alle disposizioni di legge viene certificato dal rilascio di un apposito logo, che funge da bollino di conformità.

Per i disabili è effettivamente cambiato qualcosa?

Veniamo adesso al presente. Da quando la Commissione Europea ha avviato il processo “eEurope” sono trascorsi 17 anni; circa 12 invece dall’entrata in vigore della versione definitiva della legge Stanca.
Disposizioni e buoni propositi a parte, è cambiato davvero qualcosa? È stato abbattuto il digital divide che prevaricava i soggetti disabili ed è oggi realmente garantito il pieno accesso, per tutti, alle nuove modalità di informazione digitale?
Verrebbe da rispondere ni. Tanto è stato già fatto, ma molto altro ancora va attuato per garantire l’accessibilità digitale ai disabili. Soprattutto bisogna superare il gaptra i paesi più agiati ed evoluti e quelli invece più in difficoltà; proprio i secondi, infatti, sono quelli che stentano maggiormente a conformarsi ai nuovi standard internazionali.

Gli atti del Governo violano la normativa?

Un paradosso da questo punto di vista arriverebbe proprio dagli atti del Governo sottoposti a parere parlamentare. Una recente denuncia da parte di Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti e Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap ha evidenziato come l’accessibilità dei documenti informatici sia carente proprio in riferimento agli Atti di Governo sottoposti a parere parlamentare.
Ad oggi i siti di Camera e Senato hanno tentato di adeguarsi e la maggior parte dei documenti, delle proposte di legge e dei disegni di legge è presente in modalità accessibile a tutti.
Tuttavia, secondo le denuncia delle associazioni di cui sopra, “i documenti che violano in modo palese la normativa vigente in materia di accessibilità sono proprio gli Atti del Governo sottoposti a parere parlamentare.
Si tratterebbe di documenti in formato Pdf, di difficile lettura per qualunque lettore, e che per utenti con disabilità sono ancor più inaccessibili in quanto sempre secondo le associazioni che hanno denunciato il problema “non solo sono grafici, dunque non leggibili, ma addirittura protetti, dunque con l’impossibilità di decodificarli con i software OCR quali FineReader e lo stesso ScreenReader.”
Quindi potrebbe essere lo stesso Governo a non rispettare la normativa vigente e i principi di democrazia e inclusione.

Gli strumenti ci sono: vanno usati adeguatamente

Quel che è certo, ed è questo un dato pienamente positivo, è che gli strumenti per tenere fede a tali propositi di civiltà ci sono; adesso però occorre che tutti concorrano a farli propri.
Basti pensare, infatti, al W3C: il World Wide Web Consortium, l’organo preposto a stabilire le regole costruttive delle pagine Internet. Proprio tale istituzione ha varato tutta una serie di protocolli, pensati appositamente per ampliare le possibilità di accesso quanto meno ai siti delle pubbliche amministrazioni e delle principali istituzioni di tutto il mondo.
Tecnologie che, ad esempio, offrono la lettura vocale dei testi pubblicati, per renderli pienamente fruibili anche ai non vedenti o agli ipovedenti. Gli strumenti, dicevamo, ci sono. Le istituzioni, chi più chi meno, hanno iniziato ad adoperarli.
La prossima significativa sfida adesso è quella che coinvolge il privato; anche tale settore, infatti, ha il dovere quantomeno morale di iniziare ad adoperarli e farli propri.

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Giornalista scomodo - "L'unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede..."

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