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La comunità rumena in Italia: numeri e dati

Dal gennaio 2007 sono divenuti cittadini europei a tutti gli effetti e la loro comunità è diventata in poco tempo la più importante sul nostro territorio per diffusione e forza economica: parliamo dei romeni, un gruppo a metà strada tra l’indifferenza e una percezione xenofoba, figlia quasi sempre dell’infondato allarmismo delle cronache mediatiche.
A tal proposito Caritas Italia e Caritas Romania hanno presentato recentemente un nuovo Dossier, intitolato “i romeni in Italia: tra rifiuto e accoglienza”: una riflessione accurata e approfondita, frutto di una ricerca triennale che ha mostrato, dati alla mano, quanto questa comunità sia decisiva per il futuro del nostro Paese.
Dal rapporto delle due Caritas nazionali, attraverso il confronto con le strutture pubbliche, le organizzazioni sociali e l’opinione pubblica dei due Paesi direttamente interessati, scaturisce inevitabilmente l’immagine di un’ Italia multiculturale in modo (verrebbe da dire) quasi “involontario”, fagocitata dai pregiudizi e spesso razzista, cioè ancora molto chiusa in quell’ arretrata ignoranza che non permette di concepire la presenza straniera come risorsa.

I rumeni in Italia: quanti sono e cosa fanno

Quanti sono i romeni in Italia? Secondo la percezione dell’opinione pubblica “svariati milioni” (segue poi l’eco di ulteriori luoghi comuni : “vengono tutti qui”, “ce ne sono troppi”, “stessero a casa loro”); in realtà in base ai dati Istat rilevati alla fine del 2009 i residenti romeni accertati in Italia sarebbero 953 mila, una stima non lontana da quella fornita parallelamente dal Dossier Statistico sull’ Immigrazione di Caritas/Migrantes, che ne conta 1.165.000 circa.
Un quarto del totale dei romeni vive nel Lazio, la percentuale restante è diffusa più o meno equamente su tutto il restante territorio, dal Nord alle Isole. Dal 2000 ad oggi sono poi più di 50 mila i romeni nati in Italia e 105 mila i figli iscritti nelle scuole italiane: 1 torinese su 10 è romeno; 1 romano su 10 è romeno e nelle scuole italiane 1 studente su 6 è, ancora, romeno.
Guardando sempre alle statistiche, i romeni costituiscono il 18% dei residenti che lavorano e pagano le tasse; il 9% di loro ha una casa di proprietà, il 13% delle donne ha sposato un italiano, il 2% degli uomini un’ italiana. Al contrario di ciò che viene creduto dalla maggioranza della popolazione autoctona, sono poi molto scolarizzati, essendo ‘terzi’ tra i cittadini non italiani iscritti all’università: il 70% degli occupati sono infatti laureati o diplomati.

Discriminazioni e reati dei rumeni

È proprio una giornalista rumena, Miruna Cajvaneanu, a spiegare in un Dossier per Amnesty Internetional come l’infamante etichetta di “stupratori” o “ladri” o “assassini” affibbiata alla comunità romena in realtà “non esiste, è un’invenzione dei media”: sia cioè da imputare ai giornalisti italiani, colpevoli spesso di firmare e diffondere un’informazione razzista che enfatizza la nazionalità dei crimini ai limiti del codice di deontologia professionale, dimenticando che il rispetto della legalità dipenda dal ‘singolo’ e non dall’appartenenza etnica.
È così che infatti sono state alimentate le paure degli italiani e i loro pregiudizi, che arrivano puntualmente ad associare l’immigrazione alla devianza e all’errata percezione della sicurezza.  Sarebbero in particolare proprio i romeni a pagare con la discriminazione gli effetti di questa errata assonanza, in nessun modo supportata dai dati.
Se è vero che le denunce nei confronti dei cittadini di nazionalità romena dal 2005 al 2008 hanno avuto un incremento del 32,5% (principalmente per furti e non per stupri), è perché il numero relativo ai residenti sul territorio è aumentato nello stesso periodo del 267%, a conferma di come gli stereotipi sulla pericolosità sociale dei gruppi etnici non coincidono con la realtà (del resto non tutti gli italiani sono mafiosi).
Da dove deriva, allora, questo particolare razzismo nei confronti della comunità romena?

Confusione tra Rom e romeni

È sempre il Rapporto di Caritas/Migrantes a fornirci la risposta e ad illustrare come il pregiudizio derivi soprattutto da una confusione di “termini”, relativa a ‘rom’ (ritenuti pericolosi specialmente a causa delle conclamate connessioni con la criminalità organizzata) e ‘romeni’: non si tratta di sinonimi. Non tutti i rom, infatti, sono romeni e viceversa: i Romeni sono i nati in Romania e non tutti i nati in Romania sono rom.
Gli italiani, in poche parole, non sempre saprebbero distinguere i primi dai secondi. Sconosciute alla maggioranza sono infatti le stime relative alla discriminazione subita dalla comunità romena in Italia. In questo caso è Pietro Vulpiani, antropologo e membro dell’Unar (ufficio antidiscriminazioni razziali) a illustrare come i romeni siano sempre più oggetto di episodi di intolleranza soprattutto sui luoghi di lavoro, come si evince dall’alto numero di casi denunciati ed accertati, in particolare retribuzioni differenziate tra romeni e italiani in lavori analoghi ed episodi di mobbing (i casi accertati dall’Unar sono 500, ma le denunce migliaia).

Contributo dei rumeni al pil italiano

Se ci spostiamo poi ad osservare le percentuali relative all’occupazione, l’Inail rende noto come il 60% degli incidenti sul lavoro riguarda proprio i romeni: dopo essere diventati europei a tutti gli effetti la percentuale degli incidenti sul lavoro si è triplicata (i romeni sono tristemente in cima anche alla classifica per le morti bianche). In generale, i contributi della comunità romena al Pil sono pari a 2 milioni e mezzo di euro, cioè al 9% totale del prodotto interno lordo dell’Italia.
Le politiche di integrazione ed accoglienza del nostro Paese sono dunque ancora ben lontane dall’inquadrare correttamente il fenomeno dell’immigrazione e della presenza romena in Italia (L’ integrazione romena in Italia), al pari dei media che, inclini ad enfatizzare l’origine etnica degli autori dei crimini, non illustrano a sufficienza come la Romania (la “figlia di Roma”) sia oggi un prezioso e affidabile partner economico a livello europeo, che contribuisce in modo determinante alla produzione del nostro benessere.

Pubblicato in Focus

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Nata a Roma nel 1984. Laureata in Lettere. Blogger e collaboratrice giornalistica

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