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Numeri sugli immigrati in Italia:
Il rapporto presentato nei giorni scorsi conferma che la società italiana tende a divenire sempre più multietnica: gli immigrati, infatti, sono poco meno di 5 milioni e negli ultimi 4 anni sono aumentati di quasi 1,6 milioni: un incremento che fa segnare un +47,2%.
Questo implica una crescita dei residenti pari al +56,5%. Gli irregolari sono invece 560 mila: l’11,3% degli stranieri presenti sul nostro territorio. Riguardo poi gli studi e le professioni, italiani e stranieri non sono così distanti: il 40,6% degli immigrati, ad esempio, è diplomato o laureato, rispetto al 44,9% degli italiani.
In quali settori lavorano gli immigrati?
Nel settore lavorativo un terzo degli immigrati, il 32%, ha lavorato in nero; altri, il 21%, si sono trasformati in colf o badanti e il 16% presta servizio in alberghi o ristoranti. Il 77% dei maggiorenni svolge un’attività lavorativa regolare. Più di due terzi sono impiegati nel settore terziario; mentre nei servizi e nel commercio sono rispettivamente il 40,7% e il 22,5%.
Tra le figure meno diffuse, quelle più qualificate: le professioni intellettuali sono solo il 2,4%, gli operai specializzati superano di poco il tetto dei due punti percentuali, i medici e paramedici l’1,7%. Quasi assenti i titolari di impresa e tecnici specializzati, con lo 0,5% e lo 0,2%.
Retribuzioni degli immigrati:
Tra i lavoratori sono in maggioranza gli occupati a tempo indeterminato (il 49,2% del totale), il 24,8% ha un impiego a tempo determinato, il 9,7% svolge un lavoro autonomo o ha un’attività imprenditoriale. La metà degli immigrati che lavorano in Italia dichiara di percepire una retribuzione netta mensile compresa tra 800 e 1.200 euro; il 28% ha un salario inferiore, compreso tra 500 e 800 euro; il 3% guadagna meno di 500 euro. Solo il 13,3% ha una retribuzione netta mensile che va da 1.200 a 1.500 euro, e appena l’1,2% guadagna più di 2.000 euro.
I risultati dell’indagine sfatano anche il mito secondo il quale gli immigrati sono coinvolti in forti processi di mobilità sociale: prevalgono infatti i percorsi di mobilità orizzontale. Il 66,6% dei cambiamenti di lavoro non determina una modifica sostanziale della loro posizione sociale.
Solo nel 21,5% dei casi si verificano percorsi di mobilità ascendente che permettono la scalata sociale; nell’11,9% il cambiamento porta addirittura a un peggioramento della propria condizione lavorativa.
Dequalificazione professionale:
I fenomeni di dequalificazione professionale e mobilità discendente risaltano ancora di più se si considera che il 59,8% degli stranieri che lavorano in Italia aveva già una occupazione nel Paese di origine.
Le carriere lavorative degli immigrati sono composte da una sola esperienza di lavoro (nel 33% dei casi) o al massimo due (40,4%), il 19,2% dichiara di aver cambiato tre impieghi e soltanto il 7,4% quattro o più occupazioni.
Generalmente le loro esperienze di lavoro si concludono a seguito del presentarsi di un’offerta più vantaggiosa (39,9%), per il mancato rinnovo di un contratto a tempo determinato (17%), a causa di un licenziamento (16%) o a seguito della chiusura dell’azienda presso la quale sono impiegati (4,6%).