Seguici su:

Interviste

Letto 14316 Volte
Condividi

Quando la dipendenza dal gioco può rovinare la vita

Marco, questo il nome di fantasia che useremo per parlare della persona che ci racconta la propria storia, è un ragazzo di 34 anni di Roma; lavora ed ha attualmente una vita ‘normale’ scandita da ritmi regolari. Ma non è sempre stato così.
Per molti anno Marco è stato un giocatore incallito, compulsivo, animato da un fuoco sacro che lo spingeva a buttare soldi nel gioco d’azzardo in un crescendo senza soluzione di continuità che lo ha portato nel baratro più estremo nel quale si trovano diverse altre persone con la malattia del gioco. E dal quale non tutti riescono ad emergere.
Da questo punto di vista Marco fa eccezione perché, dopo aver toccato il proprio fondo, è riuscito a trovare la voglia di cambiare la propria condizione; non da solo, con l’aiuto di un percorso psicoterapeutico e, soprattutto, grazie ad una associazione di uomini e donne che mettono in comune la loro esperienza al fine di risolvere il loro problema comune e di aiutare altri a recuperarsi dal gioco compulsivo. L’ associazione Giocatori Anonimi.

La mia vita rovinata dal gioco d’azzardo

Marco, la cui identità manteniamo segreta per riservatezza, decide di raccontare la propria storia; lo incontriamo di mattina in un bar del centro di Roma ed inizia parlandoci di quella che era la sua malattia per il gioco.
“Prima di tutto è importante precisare che non è importante quale sia il gioco al quale ti dedichi, poker online piuttosto che scommesse sportive ecc… ma è importante il come lo fai. Io ho sempre giocato a video slot, gratta e vinci, scommesse sportive e poi quando è nata la moda del poker online mi sono buttato anche su quello. Non è importante a cosa giocavo, ma come lo facevo; in maniera compulsiva senza riuscire a smettere.”
A che età hai iniziato con il gioco?
“Ho iniziato a 17 anni; ricordo che andavo con un amico e ci giocavamo le 5 mila lire. Ricordo anche che lui giocava solo quelle e appena vinceva abbandonava; io continuavo a mettere soldi. Non riuscivo a smettere. Da li avrei dovuto capire qualcosa, solo che a quell’età non pensi di avere un problema. Poi la febbre da gioco ha preso il sopravvento ed è aumentata in maniera esponenziale.”
Fino a dove si è spinta quella febbre da gioco?
“È andata crescendo; tra l’altro avevo iniziato a lavorare e quindi avevo più soldi da giocarmi; sono partito giocandomi piccole cifre, poi tutto lo stipendio… ed alla fine i soldi degli altri. È come il tossico che cerca la dose, pensi solo a quello e faresti qualsiasi cosa per ottenerlo.”

Ho venduto tuti i miei beni per il gioco

Hai buttato una cifra consistente nel gioco d’azzardo?
“A livello di cifre esatte non saprei; però per dare un’idea posso dire che mi sono venduto 3 macchine ed altre cose; tutte per il gioco. L’aspetto economico è importantissimo certo, ma paradossalmente è ancor più importante quello emotivo, sociale e relazionale. Alla fine intorno non hai più nessuno, perdi la realtà e la cognizione del tempo.”
Che tipo di persona eri in quel periodo?
Una persona scostante, che si alterava sempre; d’altra parte quando vivi con il senso di colpa stai sempre sul chi va la. La persona che è dentro ad un problema sa di essere impotente; ma deve arrivare a toccare il fondo per capire che da solo non ce la può fare. Io tante volte mi sono detto che avrei smesso, poi il giorno dopo ricominciavo da capo. Non mi piace generalizzare, ma la gran parte delle persone con queste problematiche ragionano così; prima cosa, perché non c’è la voglia di ammettere di avere un problema. C’è la convinzione di potercela fare da soli.”
Cosa ti ha spinto a voler cambiare?
“Ringrazio sempre una determinata giornata quando ho toccato il mio fondo; come dicevo prima, solo così ti rendi conto di come sei ridotto e che non puoi proseguire su quella strada. È stata una cosa che ho sentito dentro di me; perché arrivati ad un certo punto, non è più vita.”

Come superare la dipendenza da gioco d’azzardo

Sei quindi riuscito a trovare la forza per uscirne. Chi ti ha aiutato?

“Ho trovato questa associazione, Giocatori Anonimi, e l’ho contattata; da quel giorno la mia vita è cambiata. L’associazione è formata da tutte persone che sono nel problema; nasce come costola di alcolisti anonimi, associazione di auto-aiuto. Utilizziamo lo stesso programma, con il gioco al posto dell’alcol. Dentro l’associazione c’è tanto amore e tanta comprensione, lì ho incontrato persone come me; io ho fatto moltissima psicoterapia, ma riuscire a capirsi e recuperarsi con persone che hanno avuto la tua stessa problematica è una cosa importante. Quando sentivo le storie che raccontavano gli altri mi sembrava di ascoltare la storia della mia vita.”
Sei uscito a superare la tua dipendenza?
“Sono quasi 5 anni che non gioco e devo dire che senza gioco vivo e vivo pure bene. Ho avuto un distacco netto dal gioco; è l’unica cosa che puoi fare, lo devi evitare in tutti i modi.”
Che opinione hai adesso del gioco?
“Devo dire la verità: del gioco ho un rispetto assurdo. A me il gioco piace, non si può capire quanto. Lo dico senza problemi. Però ho capito che lui sta da una parte ed io dall’altra. Mi ricordo come stavo e non voglio tornarci. Quando sei in preda a qualcosa di compulsivo, droga, alcol, shopping, sesso, è difficile riuscire ad uscirne; quelli come me che hanno provato a dire basta hanno dovuto toccare il loro fondo.”
Se ripensi a come eri allora, cosa vedi?
“Ero una persona in preda a schizzi di adrenalina e depressione. Il gioco era l’adrenalina che mi faceva sentire vivo; oltre che una via di fuga per non pensare alla mia realtà. Quando giocavo ero in un altro mondo.”
Paradossalmente quindi, non giocavi per cercare di vincere soldi, ma solo per le emozioni?
“Non lo si fa per vincere soldi ma per l’adrenalina. Si dice che il giocatore compulsivo non gioca per vincere; ma gioca a perdere. È una sorta di auto punizione che ti infliggi.”

Il supporto di Giocatori Anonimi:

Guardando la società attuale in riferimento al gioco d’azzardo sempre più diffuso, cosa pensi?
“In alcuni casi ci vorrebbe più supporto. Se c’è una persona che va dal medico e gli dice: “mi sono giocato lo stipendio”, il medico non dovrebbe ridergli in faccia ma magari prescrivergli lo psicologo. Io sono per il modello americano; se ti trovano a guidare ubriaco, ti fai 30 giorni di alcolisti anonimi. Dai una mano alla persona ed un aiuto alla società. Qui no, è sbagliata un po’ tutta l’impostazione.”
Ti è mai stata sbattuta una porta in faccia quando hai chiesto aiuto?
“Per quel che mi riguarda, il mio problema ero io. Nessuno mi ha mai puntato una pistola per obbligarmi a giocare. Detto ciò, io non ho mai provato a rivolgermi a qualcuno per vergogna; all’inizio non credevo fosse un problema, poi ho capito di averlo ma non lo volevo ammettere. Manca il supporto adeguato; ci sono le persone che si adoperano per questo, però qualcosa dovrebbe partire dallo Stato. In Italia solo da poco è stata riconosciuta la Ludopatia. Che è una malattia mortale perché parecchia gente in preda a questa dipendenza spesso arriva anche al suicidio.”

Chi è in preda a dipendenza è come bambino

Cos’è che può aiutare maggiormente a superare questa dipendenza?


“Serve tutto, ma l’importante è che uno abbia voglia. Se mi avessero messo di forza qualche anno fa dentro Giocatori Anonimi probabilmente avrei ottenuto il contrario. Invece ho capito io, da solo, che avevo toccato il fondo. Per me l’associazione è stata un’ àncora di salvezza. Anche lo psicologo può essere importante, ma per chi ha questo tipo di problemi penso che il confronto con chi ha la stessa dipendenza sia meglio di ogni altra cosa.”
Se guardi indietro, c’è qualcosa in particolare che senti di aver perso in riferimento a quel periodo?
“Il tempo, che è l’unica cosa che purtroppo non puoi riportare indietro. E sicuramente il tempo che ho dedicato al gioco malato, che è diverso dal gioco ludico, ha fatto si che le mie scelte di allora fossero influenzate da fattori quali depressione, non voglia di fare, e non voler crescere; pensavo solo al gioco. La personalità di chi è in preda a dipendenza è la personalità di un bambino, di uno che non vuole prendersi responsabilità.”
Per finire, cosa ti sentiresti di dire a chi è alla prese con la dipendenza da gioco e non riesce a smettere?

“Mi sento di dire che è molto difficile ammettere a se stessi di aver e un problema, soprattutto se la personalità è come lo era la mia che mi sentivo un dio sceso in terra; tuttavia è pur vero che se non si riesce a smettere sono problemi. Io da parte mia posso invitare a visitare il sito giocatorianonimi.org ed a parlarne con qualcuno. Perché tirare fuori questo mattone che si ha sullo stomaco è importante. Non si deve avere vergogna; di sbagli ne abbiamo fatti tutti.”

Pubblicato in Interviste

Scritto da

Giornalista indipendente, web writer, fondatore e direttore del giornale online La Vera Cronaca e del progetto Professione Scrittura

Potrebbe interessarti

Lascia un commento

Seguici su: