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Donne e Pari Opportunità: Italia dietro a tutti

Il Dipartimento per le Pari Opportunità ha una storia relativamente recente, essendo stato istituito per la prima volta nel 1996 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri che, tramite un decreto, l’anno successivo ne ha poi fissato le relative funzioni.
Attualmente ha una struttura che prevede un ufficio per gli interventi in campo economico e sociale, uno per quelli di pari opportunità e uno per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni.
A quasi quindici anni dalla sua comparsa fare il punto sul ruolo di questo Ministero e sulla sua reale capacità di incidere nei processi politici, economici e sociali del Paese sarebbe quindi interessante per comprendere quanto concreto potere le donne italiane abbiano conquistato durante questo arco di tempo.

 

Differenza opportunità tra uomini e donne:

A fornire un’ eloquente risposta ci ha pensato in questi giorni direttamente il Word Economic Forum con una classifica effettuata in 134 Paesi sul divario di opportunità tra uomini e donne, illustrata nell’apposito rapporto 2010 sul Gender Gap. Il risultato per l’Italia è decisamente imbarazzante: dalla posizione numero 72 è scivolata ulteriormente alla numero 74, registrando così il punteggio tra i più bassi dell’Unione Europea.
Fra i Paesi avanzati siamo infatti seguiti solo dal Giappone e preceduti da Repubblica Domenicana, Vietnam, Ghana, Malawi, Romania e Tanzania. Le prime quattro posizioni sono occupate da Islanda, Norvegia, Finlandia e Svezia: nazioni che continuano a lavorare per eliminare “le disparità di genere”, come ha spiegato lo stesso Klaus Schwab, fondatore e presidente del Wef, che ha aggiunto:
“le differenze tra i sessi sono direttamente correlate con l’alta competitività economica: donne e ragazze vengono trattate in modo equo se un Paese è in crescita e prospero”. La posizione nella classifica dipende dal grado di ‘sensibilità’ ed efficacia degli interventi messi in campo dalle istituzioni preposte, sia in termini numerici che qualitativi.
L’Italia mostra uno scarso indice di “partecipazione e opportunità nell’economia” (97mo posto), che emerge dalle differenze salariali (posto numero 121) e dalla partecipazione alla forza lavoro (posto numero 87) tra uomini e donne. Anche rispetto alla “salute e all’aspettativa di vita” è scesa dall’88mo al 95mo posto a causa sempre dell’aumento della disuguaglianza a danno delle donne.

 

Pari opportunità: Italia tra i peggiori paesi UE

La classifica sul Gender Gap del World Economic Forum boccia quindi inesorabilmente le politiche di pari opportunità italiane: non solo siamo tra gli ultimi in Europa, ma ci superano perfino molti Paesi del Terzo Mondo dato che ci collochiamo anche dopo il Malawi e il Ghana, a un passo dall’Angola e dal Bangladesh. Le donne del nostro Paese sono dunque sempre più svantaggiate:
“l’Italia continua a risultare uno dei Paesi dell’Ue con il punteggio più basso ed è peggiorata ulteriormente rispetto all’anno scorso. Ha perso tre posti a causa dei risultati sempre scarsi in materia di partecipazione economica”, ha sottolineato sempre il Wef nel sopracitato rapporto. Si tratta di numeri desolanti, che vanno dal tasso di occupazione alla presenza (o meglio dire assenza) delle donne nelle posizioni di vertice delle aziende e alle differenze di reddito, nonostante in Italia il numero delle donne laureate sia maggiore di quello degli uomini.
La disparità di genere tipicamente nostrana, inoltre,emerge con particolare forza soprattutto a partire dall’esiguo numero dei talenti politici femminili che compongono il nostro circuito istituzionale, dove la sottorappresentanza nei ruoli decisionali è particolarmente evidente sempre in rapporto agli altri Paesi europei (dato suffragato dalle statistiche).

Mancanza di parità di genere in politica:

Paradossalmente è infatti proprio il settore della politica quello in cui la disparità resta più clamorosa: le donne sono appena un quinto dei nostri rappresentanti nel governo in carica e per fare solo un semplice confronto, evitando di citare i soliti paesi nordici, basta guardare al vicino governo spagnolo, che ha una maggioranza numerica femminile.
Questo prezioso principio di eguaglianza che si esprime nel concetto di “pari opportunità” e sancito anche dalla Costituzione rischia dunque di rimanere puramente formale se non intervengono misure concrete volte ad eliminare in modo effettivo le disuguaglianze di genere, economiche e sociali presenti attualmente nel nostro Paese; il tutto a partire(è il caso di dirlo) anche da quei radicati e diffusi stereotipi mediatici che confinano l’immagine della donna quasi sempre in modelli odiosamente mediocri e inspiegabilmente scadenti.

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Nata a Roma nel 1984. Laureata in Lettere. Blogger e collaboratrice giornalistica

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