Bonus bebè: non per i figli di immigrati
“C’è anche da considerare il forte tasso di calo demografico e l’invecchiamento della popolazione autoctona”: esattamente con queste parole i legali del Comune di Tradate hanno presentato al Tribunale di Milano il ricorso in appello contro la sentenza del 26 luglio scorso, in cui la decisione della Giunta leghista veniva infatti bocciata perché “discriminatoria” nei confronti degli stranieri. L’udienza del ricorso è ora fissata per il prossimo 8 settembre.
Come non hanno mancato di sottolineare molte associazioni a tutela dei diritti degli immigrati, la limitazione del finanziamento agevolato esclusivamente ai figli di cittadini italiani costituisce una discriminazione di fatto, poiché la delibera riserva un trattamento diverso basandosi unicamente su criteri relativi alla nazionalità e all’appartenenza etnica.
Il Comune leghista di Tradate, però, proprio non ci sta e, durante l’assemblea del 29 luglio, ha infatti direttamente deciso di sospendere l’erogazione del bonus bebè. Secondo questo Consiglio Comunale, infatti, il bonus agevolato non sarebbe un servizio sociale obbligatorio, quanto piuttosto un incentivo giuridicamente e concettualmente diverso: in poche parole questo Comune vuole dare l’assegno a chi gli pare e piace, cioè unicamente alle famiglie italiane per preservare la “specie” autoctona.
Il sindaco di Tradate, andato su tutte le furie quando il Tribunale di Milano ha emesso il 3 Giugno la sentenza che gli ordinava di correggere i criteri discriminatori della sua ordinanza, sembrerebbe proprio non riuscire ad accettare che la visione del mondo leghista non è, né mai lo sarà, un’interpretazione giuridica dei fatti legittimata e riconosciuta da uno Stato di diritto.