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Standard & Poor’s manda l’Italia in serie B: e il Parlamento chiude

L’Agenzia di rating ci punisce ma i francesi vengono a fare shopping d’aziende in Italia. I giornali, perennemente in perdita sono considerati opzioni strategiche da chi da scarpe e automobili. I parlamentari vogliono chiudere il parlamento. L’Italia sesta prova ontologica dell’esistenza di Dio.
Standard&Poor’s ha appioppato all’Italia il rating BBB portandola così al penultimo gradino della zona blu della scala che questi signori americani hanno ideato (l’ultimo gradino è BBB-, dopo inizia la zona rossa ovvero quella della non affidabilità).
Dopo BBB c’è solo BBB- che è come dire per una squadra di calcio finire tra i semiprofessionisti della serie D. Dopo di questo gradino ci sono solo i campionati amatoriali o le partitelle scapoli contro ammogliati di vecchia memoria o per aggiornare il concetto al linguaggio di adesso precari contro partite Iva. Ché quelli che hanno un posto fisso col cavolo che corrono il rischio di rompersi una gamba su un campetto strapelato.
Sul merito e sul metodo che hanno portato gli analisti di S&P a questa decisione c’è molto da discutere e da dire, e il ministro Saccomanni sta facendo la sua parte per salvaguardare gli interessi della ditta, come direbbe Bersani.
Quel che lascia un po’ basiti e gli stranieri ce ne capiscono praticamente un’acca, è invece il contesto in cui cade la notizia che da taluni viene definita con l’aggettivo ferale. Il contesto sembra da commedia degli equivoci, Ci fosse ancora Georges Feydeau ci andrebbe a nozze.

 

Quando l’Italia era la settima potenza economica:

Infatti mentre il Belpaese viene retrocesso ai margini del campionato, va ricordato che c’è stato un tempo in cui l’Italia è stata la settima potenza economica del mondo, un paio di aziende italiane cult, una nel mondo della moda (Loro Piana) e l’altra in quello della pasticceria (Cova), vendono l’80% delle loro quote a gruppi stranieri, mentre un’altra famosa, in tutto il mondo per i suoi prodotti calzaturieri (Tod’s) e non solo, è in competizione con una che produce automobili (Fiat) per l’acquisto di un giornale (Corriere della Sera) e infine un gruppo parlamentare (Pdl) vuole chiudere il parlamento.
Con alcuni corollari e successive domande, ovviamente retoriche, che anziché chiarire confondono ancora di più.

 

  • Corollario 1 (brevissimo): le aziende italiane valgono e per questo i gruppi stranieri le comprano. Domanda: perché il Belpaese sta andando a ramengo se le sue aziende valgono?

  • Corollario 2 (breve): la Fiat un giornale ce l’ha già e si chiama La Stampa, e di suo perde già un bel po’ di soldi. Domanda: perché è opzione strategica l’acquisizione del Corriere della Sera che di soldi ne perde più de La Stampa?

  • Corollario 3 (mediamente breve): Tod’s è un grande gruppo a livello internazionale della moda e del lusso e ha raggiunto questi risultati senza possedere neanche il giornaletto del paese. Domanda: che se ne fa di un giornale oltre tutto solo nazionale in una nazione che oggi ha lo stesso numero di lettori di quotidiani di cinquanta anni fa?

  • Corollario 4 (lunghetto): Il Pdl pur perdendo clamorosamente le elezioni, non è stato rivotato da sei milioni di elettori, ha chiesto ed ottenuto un governo detto delle larghe intese. In verità le intese con gli altri partiti con cui divide il governo (Pd e Lista civica) sono praticamente inesistenti. Nel governo ha posizioni di rilievo. Ad ogni momento sostiene che, per responsabilità, parola che non sempre Gasparri riesce a pronunciare bene e la Santanché deve sillabare per non confondersi, tiene separate le grane giudiziarie del fondatore dalle questioni di governo.

    In passato il Pdl ha lottato per avere prima il processo lungo e poi quello breve. Domanda (anch’essa lunghetta): perché adesso che la Cassazione procede celermente (per obbligo peraltro e ha anche già individuato una scappatoia per dare maggior tempo alla difesa) vuol chiudere il parlamento per tre giorni e poi si accontenta di uno ben sapendo che il precedente storico fu un disastro? E dire che l’Aventino del 1924 poteva contare su personaggi politici di ben altro spessore che con Cicchitto e Capezzone neanche è partita.

 

Se Dio esistesse avrebbe già fatto sprofondare l’Italia:

Ad ogni domanda la risposta di buon senso è un fantastico: boh! In questa situazione il povero ministro Saccomanni avrà il suo bel da fare per spiegare agli analisti di S&P che qualche errore di valutazione l’hanno commesso. E anche Enrico Letta avrà il suo bel da fare, ma la responsabilità è in parte anche sua visto il suo continuo traccheggiare, nell’andare a spiegare la situazione agli amici dell’Europa.
Quindi situazione disperata a meno che non si ricorra alla fede, la prima enciclica di Francesco cade a proposito, e a sant’Anselmo d’ Aosta. Sì, perché l’Italia rappresenta, unica nazione al mondo, la sesta prova ontologica dell’esistenza di Dio: «Solo l’esistenza di un Dio buono può consentire a questa nazione di sopravvivere e cavarsela sempre.»
Purtroppo però, e questo vale solo sul versante della fede, perché il diavolo fa le pentole ma non i coperchi c’è un corollario. E questo recita, a beneficio di UAAR: «l’Italia è la prova provata della non esistenza di Dio. Se esistesse un Dio giusto un paese come questo l’avrebbe già fatto sprofondare.» A scelta.

Pubblicato in Satira

Scritto da

Blogger satirico, polemico, dadaista, ghibellino, laico, uomo d'arme e di lettere - Il Vicario Imperiale

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