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Prima c’è il carnevale, poi ci sono le elezioni

Quest’anno il carnevale anticiperà di poco, un paio di settimane o giù di li, le elezioni. O più precisamente le elezioni seguiranno di qualche settimana il carnevale e cadranno su per giù all’inizio della quaresima. In questa non scientemente voluta cadenza degli avvenimenti c’è, evidente, il segno del destino.
Gran risate prima e poi cenere in testa con seguito di altre penitenze, tipo: digiuno, preghiere più intense e pratica (quasi altrettanto intensa) della castità. Per tanti ma non per tutti.
Il carnevale è una gran festa con antichissime radici che risalgono addirittura ai tempi dei greci e dei romani. All’epoca si chiamavano feste dionisiache, in Grecia, e saturnali a Roma. Il senso della festa era quello del rinnovamento simbolico. Tra la chiusura del vecchio anno e l’inizio del nuovo un po’ di caos. Giusto per ritemprarsi.
E anche le elezioni a ben pensarci rappresentano un momento di cesura tra un periodo politico e l’altro. Che poi nel di mezzo ci sia anche un po’ di caos ci sta pure. Se non fosse che i nostri politici quando si tratta di giocare e fare un po’ di casotto si fanno prendere la mano. Spesso e volentieri.

 

Il gioco delle candidature: da sinistra a destra

Prima c’è stato il divertente gioco delle candidature. “Io no tu si, tu no io si, quegli altri un po’ ma non tutti”. Alcuni di quelli che hanno partecipato al gioco si sono divertiti la maggior parte un poco di meno, dato che gli esclusi sono di solito più numerosi degli eletti.
A sinistra si è deciso per regole ferree, ma in contemporanea si è aggiunta la variante delle deroghe e, per non farsi mancar nulla, in vario numero si sono aggiunti i paracadutati. Che al confronto i paracadutisti veri della RAF paiono dei dilettanti.
A destra, per non essere da meno, hanno deciso che «basta con i politici di professione» e soprattutto fuori di impresentabili. Che però impresentabili non sono se non fosse per colpa della magistratura. Che è rossa e piena di comunisti. E quindi hanno messo in lista sconosciuti adusi al duro lavoro della lima come Gasparri, Cicchitto ma anche Scilipoti e Razzi (quello degli azzi sua).
Poi ci sono quelli che in attesa di far civili rivoluzioni hanno offerto candidature a mezzo mondo ottenendo una montagna di “grazie ma non posso, ho la pasta sul fuoco”. Senza dimenticare quelli che i candidati li hanno scelti con un click e quelli che li hanno trovati tra gli amici della montagna o i compagni di bridge. Poiché la scopa o la briscola fanno povero e comunque poco sobrio.

 

Promesse elettorali impossibili:

Chi molto sta godendo sono i comici, si trovano gli sketch già bell’e confezionati praticamente gratis, e il largo pubblico degli spettatori che guarda ride e sghignazza ignaro del costo del biglietto. Quello arriverà dopo. Con la quaresima. Appunto.
Ma le candidature sono solo l’antipasto. Il secondo tempo si sta sviluppando sul tema “promesse impossibili”. Grosso modo tutti dimostrano di aver letto Alice nel paese delle meraviglie, meno uno che in quel paese ci ha vissuto per davvero dove faceva la parte del cappellaio matto. E tutti, cappellaio incluso, pensano che gli elettori siano come la Regina Bianca. Per intenderci quella che disse «Quando ero giovane mi esercitavo mezz’ora al giorno. A volte riuscivo a credere anche sei cose impossibili prima di colazione».
E quindi via con le promesse impossibili: abbattimento delle tasse, fine dell’evasione fiscale, servizi sociali efficienti, credibilità internazionale, equità sociale e fiscale, fine della burocrazia, pulizia in parlamento, riduzione dei costi della politica, fine della corruzione, diritti civili… sì, anche questi sì ma meglio un po’ più in là.
E poi: fine degli sprechi, sanità al primo posto, scuola ed educazione al primo posto, lavoro al primo posto, giovani al primo posto, condizione femminile al primo, territorio al primo posto, ecologia al primo posto, banche al primo posto… Ops sono più di sei cose impossibili riusciranno gli italiani a crederci? Non per colazione, ovviamente ma magari prima di cena forse sì.
In fondo gli italiani sono brava gente, più o meno, di bocca buona, quasi sempre, e portati all’ottimismo. Per questo Ennio Flaiano diceva che nel bel Paese la situazione può essere grave ma non seria. Come oggi. Il Carnevale comunque dura sei giorni che diventano dieci nel rito ambrosiano e quindi c’è tempo e spazio per ulteriori risate.

Pubblicato in Satira

Scritto da

Blogger satirico, polemico, dadaista, ghibellino, laico, uomo d'arme e di lettere - Il Vicario Imperiale

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