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Satira

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Pier Carlo Padoan assomiglia a Giulio Tremonti

Apparentemente diversi sono la fotocopia l’uno dell’altro. Appartengono alla categoria di quelli che sono bravissimi a dirti domani perché non si è avverato oggi quello che avevano previsto ieri.
Le scuse di Tremonti erano l’11 settembre e la globalizzazione per Padoan il terrorismo di Daesh e le stragi di Parigi. Quanto a tagliare i costi inutili sono uguali: il nulla del nulla.
Durante la prima Repubblica era un vezzo dire che la situazione italica era instabile perché si cambiava governo praticamente ogni anno. Era un grave errore. Il Belpaese dal dopoguerra alla scomparsa dei partiti tradizionali ha avuto ininterrottamente un solo, stabile, stabilissimo, governo.
È stato unicamente per non perdere la nomea di creativi pasticcioni ed arruffoni che si ruotava spesso il Primo Ministro, anche perché tutti tenevano famiglia e qualcuno anche di più. Per cui in alcuni casi, essendo il turno di uno che già c’era stato, si è provveduto addirittura a numerarli come i re con lo stesso nome.
Ma a parte questa umana debolezza per il resto tutto procedeva come sempre: il governo in carica assomigliava a quello precedente ed era la fotocopia di quello successivo. La seconda repubblica non ha voluto essere da meno, d’altra parte come cambiare natura?

Somiglianze tra Tremonti e Padoan:

Impossibile, sarebbe come chiedere ad un bradipo di cimentarsi nei cento metri. E quindi avanti con le stesse somiglianti politiche facendo finta che tutto cambi, ma non è vero. Ovviamente a simile prassi non sfuggono neppure i singoli ministri e in special modo quelli dell’economia.
Anche qui bisogna che tutto cambi, ma anche no. E Pier Carlo Padoan assomiglia drammaticamente al suo predecessore più famoso Giulio Tremonti. Al di là dell’appartenere entrambi alla dannata categoria che, con puntualità scientifica, saprà spiegare domani quanto non si avverato oggi delle loro previsioni di ieri, entrambi sono portatori di occhiali che probabilmente usano più per estetica che per vederci meglio.
Altro in comune non sembrano avere. E invece no. Sono uguali nello spirito più ancora che nel fisico. Tremonti negli ultimi anni della prima decade di questo millennio sosteneva che la crisi non c’era ed era tutta un’invenzione dei comunisti disfattisti, adesso Padoan ci dice che la crisi è finita e che non c’è nulla da temere.

Entrambi cercano scuse:

Gli errori di entrambi sono evidenti. Tremonti per giustificare la crisi che non vedeva, neanche con gli occhiali, diceva che era tutta colpa dell’11 settembre o alternativamente della globalizzazione. Che entrambi i fatti si fossero concretati un decennio prima gli sfuggiva.
Così come succede al Padoan: se nel terzo trimestre i consumi sono calati da la colpa è delle stragi di Parigi che però sono accadute nel quarto trimestre. Per dirla come uno che fa finta di intendersene. Insomma la colpa non è della propria miopia, ma sempre di qualcosa d’altro. Tutti e due, pur se in tempi diversi, hanno tuonato contro gli sprechi della spesa pubblica: Tremonti tuonava e basta mentre basta Padoan fa parte del governo che ha bruciato almeno un paio di esperti che avevano presentato report di migliaia di pagine il cui unico risultato, visto lo spreco di carta, è stato un ulteriore indebolimento della foresta amazzonica.
Uno aveva in mente la finanza creativa che si risolveva nelle cartolarizzazioni l’altro invece di fare cassa vendendo quello che funziona invece di quello che non è capace di gestire. Il che praticamente è la stessa cosa.
Entrambi dicono di rifarsi a esperienze imprenditoriali ma non si sono domandati perché Marchionne, quando ha avuto bisogno di denaro, abbia venduto i carrelli elevatori OM invece della Ferrari. E comunque quando ha venduto un pezzetto di Ferrari l’ha piazzato in borsa a scanso di equivoci. Ma forse era troppo complicato da capire come nel caso della revisione della spesa.

Il limite al contante:

Sia Tremonti che Padoan si sono trovati d’accordo nel dire che più contante circola meglio è. Il primo non voleva limiti il secondo l’ha innalzato da 1000€ a 3000€ ed entrambi hanno sostenuto con cipiglio severe e scientifico che le loro rispettive posizioni non influivano né sul nero né sulla evasione fiscale. Anime candide.
A Padoan peraltro sfugge che l’importo da lui posto come limite massimo è il doppio dello stipendio mensile di un italiano medio. Come dire che un impiegato se ne vada in giro con in tasca due mensilità, magari in banconote di piccolo taglio. Da ridere.
Ma da sbellicarsi è che in data odierna si è approvato un provvedimento che obbliga i baristi ad accettare il pagamento di un caffè con la carta di credito. Che ci sia una discrepanza, ancorché minima, tra i due pensieri può balzare all’occhio di uno sprovveduto ma non a quello di un ministro. Troppo impegnato a guardare altrove.
«Bisogna che tutto cambi perché nulla cambi» non è solo una brillante e ossimorica formula teorica ma un un modo d’essere ed un dato di fatto imprescindibile che nel Belpaese si concretizza pressoché quotidianamente. E poi ci si domanda perché gli altri non capiscano le italiche capriole. Ci vorrebbe un genio ma anche in Europa ce ne sono pochi. In genere lì si trova gente normale.

Pubblicato in Satira

Scritto da

Blogger satirico, polemico, dadaista, ghibellino, laico, uomo d'arme e di lettere - Il Vicario Imperiale

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