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La crisi? La devono pagare anche i dipendenti statali
E poi pochi casi, da sanzionare o licenziare ovviamente, ma pochi su oltre tre milioni e briscola di coscienziosi lavoratori. E adesso gli statali sono “quelli con il culo caldo” come, lo scorso 5 novembre a Piazza Pulita, con mirabile metafora li ha definiti il Formigli Corrado, uno che certo freddo non ce l’ha.
E anche il Cacciari Massimo, professore, ha iniziato a dire che a pagare la crisi non devono essere solo i precari, che spesso lavorano nella pubblica amministrazione, e le partite IVA, che non tutte hanno virgineo stato. E già, i tutelati sono quelli della pubblica amministrazione: possono essere assunti solo tramite concorso, non vengono messi in cassa integrazione, difficilmente sono licenziati, non possono fare nero, non possono evadere le tasse.
E qui finiscono le cattive notizie. Poi ci sono le buone: a parità di funzione hanno stipendi più bassi rispetto ai privati, a parte pochi furbacchioni apicali ben protetti dalla politica, i loro contratti di lavoro vengono rinnovati a babbo morto e con spiccioli, non percepiscono la quattordicesima mensilità, quando vanno in pensione non ricevono nei tempi normali l’intero importo della liquidazione come tutti gli altri lavoratori, ma a rate. Già, a rate.
Ma conviene poi veramente essere dipendenti statali?
Questo è stato un geniale colpo di creatività: l’erogazione avviene dopo 105 giorni per decesso o inabilità, dopo 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, se questa avviene per raggiunto limite di età o scadenza del contratto a tempo determinato, o per risoluzione unilaterale del datore di lavoro a seguito del raggiungimento dei requisiti della pensione anticipata.
Se la prestazione non viene corrisposta entro i successivi tre mesi, che quindi arrivano a quindici, sono dovuti gli interessi al tasso legale per ogni giorno di ritardo. Bellissimo. E infine: dopo 24 mesi dalla cessazione in tutti gli altri casi: dimissioni volontarie con o senza diritto a pensione, licenziamento/destituzione. Equiparando il licenziamento o la destituzione alla pensione. Geniali.
Se la prestazione non viene corrisposta entro i successivi tre mesi, bla, bla… Piccolo dettaglio: alcuni enti chiedono ai dipendenti anche se obbligati alla pensione, di scrivere la lettera di dimissione e quindi dall’anno si scavalla ai due. Furbetti.
Se la casta paga il silenzio
Ma non basta il Tfr: viene erogato in un’unica soluzione solo se l’importo è sotto i 50.000€ lordi avviene in due rate se è tra i 50/100.000€ in tre sopra i centomila. Alleluja. Si dirà che è immorale che il barbiere e i commessi di Camera e Senato guadagnino stipendi indecenti che possono arrivare fino a centomila euro annui, ma questa e la cartina di tornasole: la casta paga il silenzio.
Sai che bello se i commessi raccontassero tutto quel che vedono, sentono e sopportano a Montecitorio e Palazzo Madama. By the way la media dei dipendenti pubblici sul totale lavoratori in Europa è del 16%, in Italia è il 14%, si va del 29% della Svezia al 10% della Germania. L’Italia è la quart’ultima in Europa.