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La situazione del Pd: se Bersani fosse un leader

Piccola premessa: non sappiamo se Matteo Renzi rappresenti effettivamente il nuovo per il Partito Democratico, così come non sappiamo se con la sua guida il nuovo governo potrà effettivamente portare equità e sviluppo nel nostro Paese. Dato che il capitolo lacrime e sangue lo stiamo già giocando con Monti.
Quel che sappiamo per certo è che Matteo Renzi si è posizionato come alternativa all’attuale leadership del Pd. E in questo non ci sarebbe nulla di scandaloso, soprattutto se il partito si chiama democratico e, a maggior ragione, se così si definisce. Da che mondo è mondo in ogni partito hanno sempre trovato posto una maggioranza ed un’opposizione e questo anche nel PCUSS di Leonid Il’i? Brežnev e pure nel Pci di Gramsci-Togliatti-Longo-e-Berlinguer.
Magari un’opposizione che non si sbandierava ai quattro venti con comunicati stampa e interviste ma c’era. Eccome se c’era. Peraltro ce lo potrebbe raccontare, con dovizia di particolari, Giorgio Napolitano che nella sua lunga carriera di iscritto al Pci ha giocato in entrambe le squadre.

 

Guerre all’interno del Pd:

All’interno del Pci si faceva opposizione dura, anzi aspra, e si arrivava a prendere decisioni dopo laceranti discussioni come si usava dire nel gergo piciista. E talvolta uomini di spessore come Giorgio Amendola o Giancarlo Pajetta o Pietro Ingrao ne facevano qualche accenno nei libri che scrivevano. Ma erano altri tempi. Allora si giocava tutto in casa e chi non era d’accordo usava iniziare i suoi interventi con un bel “condivido nei punti e nelle virgole quello che ha detto il segretario”. Per poi dire, con allusioni e giri di parole, esattamente il contrario. Il livello era di qualità. A quei tempi.
Altro che sappiamo per certo è che l’attuale nomenclatura (sempre come si diceva una volta) o l’attuale leadership (come si usa dire oggi) si sta opponendo a Renzi in un modo che ha del surreale. Surreale perché infantile. Leggere di Fassina che accusa Renzi di “copiare” il programma del Pd come se questi non ne facesse parte è ridicolo ancor prima che sciocco. Che poi oggi neanche più i bimbi delle elementari dicono “maestra, Matteo mi ha copiato”.
Così come affermazioni tipo “scegliete le perle e non la bigiotteria” di Rosy Bindi o addirittura “Renzi potrebbe farsi male” di D’Alema portano il ridicolo oltre la soglia del patetico. Come alcuni forse sanno per poter partecipare alle primarie non basta candidarsi occorre presentare 18.000 firme di iscritti al partito o l’adesione di 95 componenti dell’assemblea nazionale.

 

Renzi e le firme per partecipare alle primarie:

Ora sembra che al team di Renzi sia stato negato l’accesso all’elenco degli iscritti e che dall’ufficio del tesseramento sia stato risposto che gli elenchi se li devono andare a cercare città per città. Che è come dire “non puoi partecipare”. Ritorna alla memoria quell’odioso bambino che solo perchè proprietario del pallone pretendeva di vincere la partita. Ma ci sono ancora bambini del genere? A parte quelli un po’ cresciutelli che stanno dentro il PD?
Che poi se ragionano in questo modo che affidabilità possono dare alle loro proposte politiche? Davanti ad Angela Merkel che diranno? “Vatti a cercare i conti da te?” E magari gli daranno l’indirizzo sbagliato e gli nasconderanno la calcolatrice. O addirittura si rifiuteranno di fare le fotocopie. Su siate seri. Se potete.
Che poi che immagine ne ricaverebbe il Pd ed il suo segretario se Renzi non potesse partecipare alle primarie per mancanza di firme? Come ne godrebbero Feltri e compagnia. E che figura di palta a livello internazionale. Altro che tener su il perizoma con il filo spinato.
Bersani dovrebbe impedire queste miserie anzi sarebbe un grande atto, di sostanza, se lui decidesse di essere il primo a firmare, per consentire a Renzi ma anche a Laura Puppato e a Sandro Gozi di partecipare alle primarie. Atto di grande generosità. Atto rivoluzionario e da grande leader. Se così facesse Bersani dimostrerebbe certezza nelle proprie idee, voglia di mettersi in discussione, capacità di innovare ma soprattutto grande forza e autorevolezza. Se si è in grado di aiutare il proprio competitore a superare la burocrazia si ha già vinto. Così farebbe scendere dalla teoria la famosa frase di Voltaire: “Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere.”
In questo caso Bersani si tranquillizzi, non è necessario mettere in gioco la pelle, basta una firma. Fatta magari anche con una biro di scarto. Pierluigi Bersani da Bettola ce l’ha questa forza? Che poi è come dire: è un vero leader? By the way onorevole Bersani ma chi si occupa della sua immagine e della strategia della sua campagna elettorale? Si spera non un apparatiniko. Nel suo interesse.

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Blogger satirico, polemico, dadaista, ghibellino, laico, uomo d'arme e di lettere - Il Vicario Imperiale

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