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Letta chiede garanzie
Tra queste quella di durare fino al 2023. Al minimo una ingenuità, per non dire altro. Innanzitutto chiedere garanzie è sinonimo di debolezza: in politica, specie quella da basso impero che stiamo vivendo, comanda chi le garanzie le dà non chi esige. Mica siamo in banca.
Dopodiché ha chiesto a suo sostegno l’unitarietà del partito, dimenticando che in questo scorrono sotto il pelo dell’acqua sia la corrente dei suaditi, che già gli fece saltar la testa e la presidenza del consiglio, e una ancora più infida quella che si rifà ai gloriosi giovani turchi d’antan.
Poi non si rende conto che a sostenerlo ci sono vecchi marpioni come il sempiterno Franceschini, il ruspante Emiliano, l’aspirante Metternich Bettini, lo spaesato Orlando, il pacioso Zanda e il prolifico Del Rio. Che già a vedere questa compagnia i polsi tremano: difficile trovare tra questi i 16 che si astennero per la sua defenestrazione. Erano tutti tra i 136 che renzianamente lo sbalzarono.
Tutti gli errori di Letta
Quindi, altro errore, il Letta Enrico si trasferisce da Parigi a Roma, dove si terrà l’assemblea del PD, con così ampio anticipo che è come appendere manifesti con su scritto “accetto”. Come tutto ciò non bastasse fa seguire al trasferimento la richiesta di avere 48 ore di riflessione. Che se sei già lì su che devi riflettere?
Che poi si scrive riflessione, ma si legge: “sono insicuro, non so che esci prendere, mi piacerebbe, ma …”. Una manna per chi vuole affondare questo infelice partito, mai veramente nato con buona pace del Salvati Michele che però, va detto, non aveva a disposizione McKinsey come il Draghi.
Avranno i dirigenti del PD un segretario da usare come pungiball a piacimento. E gli metteranno accanto una vicesegretaria, rigorosamente donna, sedicente ex renziana. D’altra parte di simili, umilianti, direi, situazioni ha lunga storia il Letta Enrico: probabilmente pochi ricorderanno che ha già ricoperto la carica di vicesegretario del PD con Pier Luigi Bersani segretario. A tutti capita di sbagliare.
Le esternazioni di Enrico Letta
Memorabili le sue esternazioni sul subbuteo che, ci teneva tanto a dirlo, giocava con figlio di Giorgio Napolitano o il pietoso bigliettino che mandò al Monti Mario, Presidente del Consiglio, in cui si metteva a disposizione. Il Monti Mario, perfido bocconiano, lo svergognò mettendo lo scritto in favore di telecamera.
Sghignazzi a gogò e non gli valse neanche un posto da sotto-sottosegretario. Così come lo stentoreo “siamo tutti corazzieri” rivolto allo stesso Napolitano Presidente, in occasione delle consultazioni del 2013, che lo gelò rispondendogli che all’affetto preferiva la responsabilità. Da ridere, visto che poi il Napolitano lo incaricò.
E ci sarebbe anche da dire della sua difesa dell’italico chinotto o del suo proporre elezioni anticipate mentre le urne erano ancora aperte sempre nel 2013 o dei trentacinque saggi che mise insieme senza alcun costrutto o, e questa fu l’apoteosi, prima dello sberleffo finale, quando disse che il governo doveva cambiare passo. Dimenticandosi che stava parlando del suo governo: diceva a sé stesso di essere un incapace. E questo dovrebbe essere il nuovo segretario? Alleluja.