In questo articolo parliamo di:
Il Pd tra visionari e sarchiaponi:
Il Pd nasce dalle idee di un docente universitario dalle orride camicie scozzesi e dalle ancor più terribili cravatte, visionario, il giusto, che nei momenti di lucidità sostiene di essere apparso più volte alla Madonna.
Uomo di fede incrollabile dopo aver fatto da levatrice al sarchiapone l’ha sconfessato sostenendo che il mix non era quello antropologicamente giusto per poi, folgorato sulla via di Firenze, ricredersi e mettersi a bacchettare la minoranza che non dimostra la giusta fiducia nel mandato dalla provvidenza.
Quando si è visionari lo si è fino in fondo. Che succederà alla prossima uscita del professore non si sa, ma è certo che, come nelle uova di pasqua, vi saranno sorpresine per giocare. L’idea, bislacca quanto basta, era, si sa, di mettere insieme la tradizione comunista con quella popolare: come dire don Sturzo con Gramsci.
Il fatto si è che dopo Gramsci ci fu Togliatti e dopo don Sturzo ci fu De Gasperi, entrambi bravini nel loro genere di commedia ma che poco avevano a che fare con i due precedenti anche se gli esegeti si diedero da fare per costruire l’immancabile filo rosso che se non c’è quello il castello non sta in piedi.
I nipotini di Togliatti e Sturzo:
Tanto per cominciare i figliuoli di Sturzo per prima cosa cambiarono di nome e da Popolari si fecero Democrazia Cristiana che già di suo ha un suono diverso. E nel corso degli anni si vide che anche il senso era diverso. Molto diverso.
Il Togliatti, bassotto e tarchiatello che per contrappasso si faceva chiamare Ercole e non contento come cognome di miti muscolosi ne volle almeno due e quindi divenne Ercoli, appena sbarcato nel sud dello stivale disse che la rivoluzione era rimandata e per non scontentare i creduloni aggiunse che quella era solo una delle due linee che aveva in tasca.
I soliti ignoti se la bevvero mentre i soliti noti capirono e gli si strinsero ancor di più accanto pianificando longeve carriere. Dati i presupposti, dall’incontro dei nipotini di questi due non ci si poteva aspettare nulla di buono. E infatti. In entrambi i casi si andò di scimmiottamento, ma la stoffa quando non c’è non c’è.
E così i sacerdoti della doppia linea bombardavano i loro governi e perdevano elezioni già vinte mentre quegli altri tignosamente contavano tessere inesistenti ed eran sempre pronti a intonare il refrain della Aida senza muoversi di un passo. Il gioco era a strumentalizzarsi vicendevolmente e piaceva ad ambedue le componenti. E il risultato è stato desolante.
Necrologio del Pd ma la Serracchiani non se ne accorge:
Con l’arrivo di Renzi sul proscenio s’accese qualche speranza. L’idea di far piazza pulita di aparatinichi, figli d’arte, piacioni e pasticcioni stuzzicava molti ma l’illusione subito s’è spenta quando si è visto con quale nonchalance il nuovo che avanzava accettava la compagnia di ex segretari di partito, stecchini piemontesi, arruffapopolo campani e panzoni romani.
Tanto per dire i primi che saltano alla mente perché la lista a stare con il vincitore è lunga, noiosa e piena di noti e miracolati. Adesso si imbarcano altri compagni di viaggio, non che siano ignoti, anzi di loro si sa anche troppo, e coi quali già qualche cosetta s’è combinata.
Il fatto è che fin’ora, stando su fronti opposti, s’era nella logica della compensazione (si fa per dire) invece, a stare tutti dalla stessa parte molto cambia. E quando molto cambia nello stesso fronte vuol dire che almeno qualcosina si perde e sparisce.. Il necrologio, secco e preciso, l’ha invece dettato Emilia Guarnieri che presiede l’assise: «Noi ci siamo» ha detto e tanto basta.
Ché se ci stanno loro per molti altri non c’è più posto, perché tapparsi il naso e mandar giù alla lunga stanca. Nonostante la Serracchiani Debora plauda all’arrivo dei potenziali nuovi entrandi, infondo per lei per lei questi o quelli pari sono. Aiuto