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La mensa Caritas di Roma Termini
Il servizio offerto copre la fascia serale tutti i giorni dalle 17 fino alle 20, a differenza di quello di Primavalle attivo per il pranzo, e vi possono accedere uomini e donne, italiani e stranieri purchè muniti di un’apposita tessera rilasciata dal Centro.
Arriviamo sul luogo verso le 17 e già c’è una discreta fila; per raggiungere l’ingresso della mensa percorriamo il marciapiede di via Marsala, quello che costeggia l’ingresso della stazione Termini, accompagnati da un nutrito viavai di gente che si appresta ad usufruire del servizio mensa.
In fila alla mensa: tra stranieri e italiani
Sono soprattutto stranieri, molti extracomunitari, ogni tanto si vede anche qualche italiano; la mensa pare rispecchiare fedelmente la natura del quartiere, il più multietnico di Roma, il solo nel quale non ci si stupisce, da italiano, a sentirsi in minoranza camminando per la strada.
Giungiamo davanti al cancello della mensa, che si trova accanto all’ostello della Caritas fondato nel 1987 da don Luigi di Liegro, e ci mischiamo tra la gente che aspetta in fila con il numeretto di esser chiamata per passare il primo controllo; qui si deve mostrare la tessera rilasciata dal centro che certifica il diritto ad usufruire del servizio pasto, dopodiché si può superare il cancello e mettersi di nuovo in fila.
“Creano più file per fare più filtraggi ed evitare litigi. Per fortuna non avvengono quasi mai ma meglio prevenire” ci dice un uomo al quale chiediamo informazioni su come accedere.
La composizione della gente, come detto, è quanto mai varia; moltissimi stranieri, soprattutto africani, la maggior parte dei quali si conosce tra di loro e sembra aver creato una vera e propria comunità. “Si conoscono quasi tutti tra di loro. Pur essendo frequentata da molte persone, alla fine inizi a riconoscere le facce che vedi tutti i giorni.” A parlare è un signore italiano che sta in fila, con il numeretto in mano, e ci dice di venire spesso a mangiare alla mensa Caritas.
Barbiere in mezzo alla strada a Termini:
Nel frattempo continua il flusso di gente, regolare e composto, che arriva davanti all’ingresso ed attende di entrare; dietro una colonna, tra la mensa e l’ostello, un gruppetto di persone è accalcato intento in qualche operazione. Ci avviciniamo e notiamo che, in mezzo alla strada, una persona sta letteralmente operando in veste di barbiere tagliando barba e capelli a quanti lo richiedono; si aspetta il proprio turno, anche qui in modo molto composto, si prende posto su una sedia sgangherata e rabberciata buttata sul marciapiede e si attende di farsi dare un’aggiustata ai capelli.
Trovata intelligente dettata dalla necessità che, da queste parti, sembra aver contribuito alla nascita di una società invisibile, nascosta e che agisce in parallelo rispetto a quella che tutti conosciamo e vediamo.
Chi sono i frequentatori della mensa Caritas?
Torniamo davanti all’ingresso della mensa e ci avviciniamo ad un uomo, un italiano dall’aspetto piuttosto formale, con il quale scambiamo qualche battuta. Viene spesso lì, ma non tutti i giorni; “Dipende dai periodi, se lavoro non vengo, quando sono disoccupato mi tocca passare qui alla Caritas. Trovo solo lavori saltuari, purtroppo è così come d’altra parte lo è per molti; lavori oggi poi stai a casa per due settimane.”
Gli chiediamo la sua storia e ci dice di essere un operaio e di aver lavorato in passato fino al giorno in cui non ha avuto un brutto incidente di auto. “Ho 64 anni, sono stato un po’ di tempo in coma per un incidente con la macchina. Quando mi sono svegliato e ho ripreso la normalità, chiaramente, non avevo più il mio posto di lavoro. Da allora devo arrangiarmi come posso.”
Uomini eleganti e coppie giovani: le tante facce della Caritas
La sua storia di disagio è la stessa di molti altri che frequentano la mensa; ci guardiamo intorno e notiamo che il passaggio continua ad essere costante ed ordinato. La nostra attenzione viene catturata in particolare da due situazioni: la prima riguarda l’arrivo di un uomo, italiano e piuttosto giovanile, vestito in modo alquanto elegante e con una valigetta in mano. Sembra un impiegato o, comunque, una persona comune; arriva all’ingresso, mostra il permesso per entrare, e si mette in fila in attesa di consumare il pasto.
La seconda immagine sulla quale ricade la nostra attenzione è quella di una coppia di ragazzi; arrivano mano nella mano, lui piuttosto corpulento lei, invece, molto esile. Sono italiani e giovani, non più di 25 anni, entrambi sfoggiano un sorriso pacioso che sembra voler testimoniare al mondo l’orgoglio per l’affetto che l’uno prova per l’altra; arrivati all’ingresso mostrano il foglio di permesso, dopodiché si stringono nuovamente ed in modo tenero le rispettive mani e si mettono in fila in attesa di accedere alla mensa.
E’ l’ora di entrare ed il cordone di gente che si è creato inizia ordinatamente a muoversi in blocco, quasi fosse una cosa unica, per raggiungere la sala dove verrà loro servito l’agoniato pasto; come ogni sera per alcuni, una novità per altri, tutti portatori di uno stato di disagio sociale ed uniti più che mai dalla necessità.