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Una mattina al Pronto Soccorso di Roma

Bianco, verde, giallo, rosso. Sono queste le parole, che entrando in un’ ambulanza o al pronto soccorso di un ospedale, rimbalzano maggiormente tra le pareti; colori, che in base alla loro intensità indicano quanto è grave la condizione di un paziente e, di conseguenza, l’urgenza. Sono i cosiddetti codici che, per chi si reca al pronto soccorso, si traducono soprattutto nei tempi di attesa per essere sottoposti alle cure mediche.
Salendo su un’ambulanza semplice, ciò che colpisce è la nudità all’interno del mezzo di trasporto: davanti il posto di guida e quello del passeggero, dietro soltatno una barella, alcune coperte e dei sedili.
Il cosiddetto equipaggio dell’ambulanza si compone di tipologie di persone molto diverse tra loro: c’è chi sembra essere immune alla sofferenza del paziente, altri invece hanno un’estrema sensibilità e cercano in tutti i modi parole tranquillizzanti.
Le chiamate sono numerosissime e la parola d’ordine diventa correre. Mille volti durante una giornata, tante storie che scompaiono dietro la porta a vetro del pronto soccorso perché non c’è tempo: altro giro, altra corsa.

Storie da un Pronto Soccorso di Roma:

Arrivati all’ interno del pronto soccorso, i pazienti vengono “smistati” a seconda dei suddetti codici. Notiamo una signora in fondo alla sala d’attesa sdraiata su un lettino, si guarda intorno e ci sorride, non riesce a parlare, è un codice giallo ovvero il terzo più grave nella “scala” dei colori. La signora Giovanna ha 70 anni, non riesce a respirare bene, attende lì mentre un grosso orologio alla parete scandisce i minuti.
Più avanti una ragazza su una sedia a rotelle che invece urla; ci raccontano che probabilmente aveva una colica renale e che dai suoi schiamazzi, sempre più forti, e l’acuirsi del dolore, con il passare del tempo era passata da codice verde, il secondo grado di gravità, a codice giallo. Accanto alla ragazza, un uomo su una sedia con una mano nascosta da diverse garze intrise di sangue: ci spiega che sul posto di lavoro si è tagliato. “Sai – ci dice – alle catene di montaggio delle fabbriche devi stare molto attento”. Ci guarda sofferente, poi alza lo sguardo e fissa l’orologio.
Subito dopo, in sala d’attesa, assistiamo ad una scena decisamente più leggera: due signore del personale che trascinano un carrello pieno di caffè e cornetti. Sono i giorni a cavallo di Natale e anche al pronto soccorso ci si allieta con qualcosa di caldo, ne usufruiscono gli altri del personale e qualche utente in codice verde come un giovane che deve farsi medicare un’ustione, mentre i cosiddetti codici gialli, li chiamiamo così, guardano un po’ attoniti la situazione che ai loro occhi ha sì un qualcosa di surreale.

Tra codici di diverso colore:

Ad interrompere il momento, il suono di un’ambulanza, una barella che corre veloce, poi un’altra a seguire. Ascoltando le “voci di corridoio”, è proprio il caso di dirlo, apprendiamo che c’è stata una sparatoria in una traversa della via Tuscolana a Roma, scene da film western, forse per qualcuno, eppure due persone sono state colpite da diversi proiettili davanti ad un bar. Non sappiamo più niente delle due vittime, sono state portate in altri reparti.
Ci giriamo ed osserviamo l’orologio, sono trascorse tre ore ed alcuni di quei pazienti che avevamo notato sono ancora fermi lì a fissare le lancette. La nostra attenzione si sposta su una giovane donna indiana incinta; non comprende l’italiano ed attende il marito che stacchi dal lavoro, così sta ferma lì, su una panchina, in sala d’attesa. Appena arriva le si illuminano gli occhi e scopriamo che deve partorire: è al nono mese e ha iniziato ad avere le contrazioni. Le sue parole intraducibili assumono anch’esse un colore e diventano un codice giallo, ma viene subito trasportata in sala operatoria.

Il fermento della sala d’attesa del Pronto Soccorso:

La sala del pronto soccorso pian piano si svuota, mentre si affollano i corridoi davanti alle stanze dei controlli. Dopo una prima diagnosi, si attendono gli esiti delle analisi oppure che l’antidolorifico faccia effetto, o ancora che si liberino le sale operatorie. Da una delle stanze, esce un anziano di 85 anni che ci guarda e si racconta: “Pensi signorì che non avevo mai messo piede in un ospedale, ma da qualche giorno avevo un po’ di fastidi al cuore, m’hanno detto che avevo un infarto in corso da ben tre giorni. Ora però sto bene e spero di non aver più bisogno di questo posto”.
Non sappiamo se meravigliarci più del fatto che non abbia avuto bisogno di un ospedale per 85 anni, o che avesse un infarto in corso da tre giorni; continuiamo a seguirlo con lo sguardo, mentre a passo lento lascia il pronto soccorso. Vanno via con lui altri volti diventati ormai familiari dopo tutte quelle ore trascorse all’ interno della struttura ospedaliera; intanto la sala d’attesa del pronto soccorso si è riempita di nuovi arrivi, altre storie da colorare con gli stessi codici: verde, bianco, giallo e rosso.

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Giornalista professionista in radio e sul web. "E' un mestiere, ma non come tanti; è un atteggiamento verso la vita".

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