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L’Aquila: consiglio comunale a piazza Navona

Si è svolto questa mattina giovedì 24 Giugno a Roma presso piazza Navona in via del tutto eccezionale ed in segno di protesta il consiglio comunale de l’Aquila indetto per riaccendere il faro dell’opinione pubblica su una situazione post–terremoto tutt’altro che risolta.
L’evento, che inizialmente avrebbe dovuto svolgersi sotto Palazzo Madama, sede del Senato, è stato all’ultimo spostato per motivi logistici nell’antistante piazza Navona ed ha visto oltre alla partecipazione del consiglio comunale aquilano anche la presenza di alcuni esponenti del Parlamento, di sindaci di altre città abruzzesi nonché di alcune centinaia di terremotati venuti per testimoniare le reali condizioni nelle quali si trova attualmente la città.
Sono da poco passate le 10 di mattina e la piazza romana inizia a popolarsi offrendo un suggestivo abbinamento cromatico nero–verde, i colori che la città aquilana scelse di darsi, mutando i precedenti che erano rosso e bianco, in concomitanza di una altro drammatico terremoto che afflisse la città nel lontano 1703; da allora i colori divennero nero per il lutto, e verde per la speranza, come ricorda al microfono lo stesso sindaco de l’Aquila Massimo Cialente.

Il dibattito sul terremoto a l’Aquila:

Dinnanzi alla fontana al centro della piazza, proprio come in un’aula del consiglio comunale ed a mo’ di assemblea pubblica, viene sistemato il banco che ospita i relatori dell’evento; ai lati i consiglieri ed altri politici anche in rappresentanza del Governo giunti per discutere. Tra un intervento e l’altro riusciamo ad avvicinare il sindaco de l’Aquila Cialante per farci rilasciare qualche dichiarazione:
Sindaco, qual è l’importanza di questa manifestazione?
“L’importanza è quella di parlare al paese, perchè su l’Aquila hanno spento i riflettori ed è rimasta solo l’immagine del ‘tutto va bene’, del tutto quanto risolto, di Obama che cammina tra le macerie; ma non è così. Si è costruita la città temporanea ma da allora non abbiamo i soldi, non abbiamo una legge per la ricostruzione, le ordinanze non vanno avanti, ed ora c’è questo spettro di dover pagare le tasse. L’idea che a l’Aquila sia tutto risolto è falsa ed è stata costruita, basti pensare che ci sono ancora circa 32.000 sfollati e che circa 800 attività commerciali non hanno trovato dove poter riaprire.”
Qual è l’aspetto peggiore di tutta questa situazione?
“La situazione peggiore è data dal fatto che la ricostruzione è bloccata a causa della mancanza dei soldi. Non partono i progetti fatti per gli edifici pubblici. C’è consapevolezza di questo all’interno di Governo e Protezione Civile; è grave che in un sistema democratico qualcuno lo addebiti agli enti locali, è un attacco alle istituzioni, continuare a dire che siamo noi che perdiamo tempo in burocrazia.”

La ricostruzione è bloccata:

Intanto al centro della piazza prende la parola il senatore Filippo Piccone, coordinatore regionale del Pdl in Abruzzo, contestatissimo dai presenti; ammette che dopo gli sforzi iniziali per la ricostruzione, il Governo non riesce a trovare ora risorse per la ricostruzione a causa della situazione economica non facile.
Ribadisce poi che sono stati già spesi diversi soldi per la ricostruzione e tenta di fornire anche una spiegazione logica al problema delle tasse che a breve gli aquilani potrebbero tornare a pagare, ma è costretto ad interrompere il suo intervento perché subissato da una bordata di fischi e contestato da più parti.
Il dibattito prosegue ed al centro, adesso, vi è proprio l’argomento tasse; come ha spiegato il sindaco Cialente durante il suo intervento “dovrebbe passare l’emendamento che farà slittare al 1 Gennaio la data per pagare nuovamente le tasse, stabilita inizialmente per il 1 Luglio. Le restituiremo in 60 rate, il 100 % di quello che non abbiamo pagato; praticamente è come se avessimo acceso un mutuo. E’ un’ ingiustizia, non siamo in condizioni di normalità, come facciamo a pagare queste cifre?”

L’Aquila: situazione drammatica

Prosegue poi parlando delle condizioni della sua città asserendo che “la situazione a l’Aquila è drammatica: i giovani non sanno dove andare, non hanno più un punto di ritrovo e per questo si stanno avvicinando all’alcol. Gli anziani sono dispersi; vivere  a l’Aquila è difficile, ci si resta ad un patto. Che il paese ci aiuti nel compito immane di ricostruire il centro storico, perché se passiamo tra i vicoli, quelli ancora chiusi per motivi di sicurezza, sono ormai ricoperti dall’erba. In questo momento abbiamo bisogno di aiuto, non vogliamo un nuovo rinvio di 6 mesi. Perché per quella che è senz’altro la più grande tragedia degli ultimi 100 anni, si decide di non inserire una tassa di scopo o contributo di solidarietà che dir si voglia, che permetta di avere denaro contante di cui si ha bisogno? Non chiediamo cifre iperboliche, ma un flusso continuo di risorse per ricostruire la nostra città.”
Conclude tuonando: “Altro che sentirci soli, noi siamo stati letteralmente abbandonati.”

La protesta dei terremotati abruzzesi:

Prende poi la parola l’ onorevole Giovanni Lolli, eletto nelle fila del Pd per la circoscrizione dell’ Abruzzo. Precisa che “All’ interno del Parlamento italiano l’attenzione su di noi è scemata. Bisogna riaccenderla; la gente crede che sia tutto sistemato ma non è così. Vogliamo i nostri diritti, ottenere quello che è stato ottenuto da Umbria e Marche, essere trattati come lo sono stati loro; i soldi devono arrivare agli amministratori locali in maniera certa per poi adoperarli nel migliore dei modi.”
Intanto i cittadini aquilani accorsi iniziano a mobilitarsi per andare sotto la sede della Rai, dove andrà in scena un’altra protesta contro l’informazione della tv pubblica non attenta alle loro vicende. Prende la parola anche il senatore Pd Franco Marini, abruzzese di nascita che sottolinea come l’importante sia “far capire al governo, tutti insieme, che gli abruzzesi vogliono vedere la ricostruzione come assoluta priorità della politica italiana. E’ un debito dell’ Italia verso la nostra regione; dobbiamo farlo assieme tutto questo.”
Mentre la seduta volge al termine ed i presenti si dirigono verso la sede della Rai ci avviciniamo ad un capannello di cittadini aquilani diventato noto all’opinione pubblica come ‘il popolo delle carriole’; parliamo con un’ esponente, Giusi Pitari, che sottolinea con ancora più vigore la situazione drammatica degli aquilani:

Come si vive a l’Aquila dopo il terremoto?

“L’ importanza mediatica di questo evento è straordinaria, speriamo finalmente che qualcuno ci faccia apparire e si parli di noi; poi è importante soprattutto far capire ai politici ed all’Italia intera che l’Aquila ancora non c’è. Questa è la dura realtà. Viviamo in una no-town; cioè la nostra città non esiste, viviamo sparpagliati qui e la, non abbiamo il nostro lavoro, ci sono ancora più di 30.000 sfollati, i borghi non esistono più. Vogliamo essere trattati esattamente come gli altri terremotati, vogliamo poter respirare per un decina di anni, avere un flusso di denaro tipo tassa di scopo che ci permetta di ricostruire ed avere la sospensione di questa restituzione delle tasse.”
Le chiediamo quale sia adesso, a distanza di 15 mesi circa dal terremoto, la situazione a l’Aquila e come vi si vive: “Si vive male, e me ne accorgo ancor di più quando esco dalla città. La cosa più significativa che posso dire è che, quando vengo a Roma, guardo le vetrine dei negozi; noi, a l’Aquila, non ce ne abbiamo più. Non abbiamo più niente.”

Pubblicato in Reportage

Scritto da

Giornalista indipendente, web writer, fondatore e direttore del giornale online La Vera Cronaca e del progetto Professione Scrittura

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