In questo articolo parliamo di:
La truffa dei cassonetti gialli:
Nel novembre 2015 l’Ama interrompe il servizio di raccolta differenziata di indumenti e accessori di abbigliamento usati su tutto il comune di Roma.
Ai consorzi che si erano aggiudicati l’affidamento del servizio viene revocato il mandato e si ordina la rimozione di circa 1.800 contenitori gialli presenti in tutta la città. Perché questa decisione?
Tutto nasce quando dal vaso di Pandora scoperchiato da Mafia Capitale escono anche notizie riguardanti malaffare in questo servizio. Proprio così; persino la raccolta di indumenti usati era diventata un business per la criminalità organizzata e la gara per l’assegnazione di tali servizi sarebbe stata inficiata da comportamenti scorretti.
Come se non bastasse poi, i fini umanitari per i quali questi cassonetti erano nati, quindi riciclare abiti usati per donarli a persone bisognose, erano diventati fini commerciali; gli abiti venivano ristorati e venduti.
Gli abiti venivano rubati dai nomadi o rivenduti:
Chi gettava abiti usati in quei cassonetti credendo di fare del bene andava invece ad oliare i meccanismi della malavita.
In alternativa a ciò, spesso e volentieri quei cassonetti venivano presi d’assalto dai soliti zingari che, muniti di apposito bastone, riuscivano ad aprire lo sportello, che in teoria dovrebbe essere bloccato; infilarsi fino a metà busto dentro il cassonetto; e pescare (o meglio, rubare) gli abiti da rivendere poi nei mercatini.
Anche questa, una pratica che abbiamo verificato noi stessi sul luogo, nei mesi passati, in prossimità di diversi cassonetti di Roma e comunque racconta anche da altri organi di informazione.
La gara per i nuovi cassonetti? Ancora niente
Tutti aspetti che avevamo già descritto raccontando le molteplici criticità legate al meccanismo dei cassonetti gialli per la raccolta di abiti usati a Roma.
Fatto sta che oggi, ad oltre un anno dalla decisione dell’Ama di togliere i cassonetti dalle strade, i romani che vogliano buttare indumenti non hanno ancora i cassonetti nuovi. Perché questo era stato annunciato.
Dopo la rimozione, l’Ama stessa aveva assicurato che entro il 2016 sarebbe stata bandita una gara “ad evidenza pubblica per l’acquisto di cassonetti da utilizzare per il conferimento dei rifiuti tessili e si procederà per dotare l’azienda capitolina di strutture atte alla valorizzazione in proprio di tali materiali.”
In parole povere, si parlava di nuovi cassonetti da mettere nei vari quartieri di Roma sempre per raccogliere indumenti usati da destinare a persone meno abbienti.
”Chi ha abiti che non utilizza li deve gettare nell’indifferenziata”:
I cassonetti non sono ancora comparsi e chi avesse abiti in disuso che non utilizza più è costretto a buttarli via anche con non poca fatica.
Abbiamo infatti chiamato sia il numero per informazioni gratuite di Roma Capitale; che il sevizio assistenza dell’Ama stessa. I risultati sono stati i seguenti.
Se ci si vuole disfare di abiti che non si utilizzano più, non essendoci cassonetti apposita per raccolta e riciclo, l’unica soluzione sarebbe gettarli. Dove? Nell’indifferenziata. “Se ne avete tanti – ci dicono dal centralino Ama – conviene che facciate diversi viaggi per non riempire un unico cassonetto di abiti.”
Chi vuole riciclare deve rivolgersi in autonomia alle onlus:
In sostanza abiti usati che potrebbero servire ancora a qualcuno, magari meno abbiente, devono essere invece gettati in quanto non è più previsto un servizio di raccolta per riciclarli.
Servizio che offrono ovviamente le singole associazioni di volontariato, come la Caritas. Ma che il cittadino deve andare a cercarsi da solo. Come ci confermano sempre da Roma Capitale oltre che dal servizio Ama.
“Si, l’unico modo per evitare di buttare abiti nella spazzatura e andare invece a rimetterli in circolazione per persone meno abbienti è rivolgersi alla Caritas. Ma il cittadino lo deve fare da solo, in autonomia.”
Su Roma in sostanza, da novembre 2015 non è più presente un servizio di raccolta abiti usati finalizzato a ridistribuire vestiti a persone bisognose.
Prima c’era ma gli indumenti venivano in realtà gestiti dalla malavita e poi venduti nei mercati o rubati dai rom. Quali delle due cose sia la peggiore, non è dato sapersi.