Lo studio dell’università di Tor Vergata
Nello specifico, lo studio si è concentrato prima su un’analisi accurata di tutto il “customer journey”, per identificare i principali punti di contatto tra il giocatore e l’ambiente di gioco, cruciali per l’attuazione delle misure di autoesclusione. Ci si è poi focalizzati sulla ricerca di soluzioni tecnologiche capaci di garantire efficacia e al contempo rispetto della privacy nelle 3 fasi del ciclo di monitoraggio: (1) la registrazione al servizio centralizzato di autoesclusione, (2) il monitoraggio localizzato degli autoesclusi e (3) l’alerting automatico connesso ad eventuali tentativi di inosservanza della propria condizione di autoesclusione.
Dal punto di vista pratico, un esempio della tecnologia da poter utilizzare è legato all’adozione di dispositivi mobili come smartphone e tablet su cui scaricare specifiche applicazioni che possono localizzare i giocatori, registrarne i dati e verificare l’eventuale presenza fisica nel punto di gioco. Non meno importante l’analisi per la messa a punto di una corretta comunicazione sull’autoesclusione, fondamentale per aumentare la consapevolezza dei consumatori sui rischi del gioco patologico e sugli strumenti a disposizione per contrastare la ludopatia.
Le soluzioni proposte dall’ateneo romano
Sulla base di questi punti salienti, la ricerca dell’Ateneo romano propone alcune soluzioni implementabili nelle reti di punti di gioco prevedendo il coinvolgimento dei consumatori ed il supporto di soluzioni digitali abilitanti per il pubblico e per gli esercenti.
“Crediamo che tutti gli esercenti e gli operatori di gioco possano e debbano svolgere un ruolo più attivo e meglio definito, anche dalle disposizioni regolamentari e concessorie, per favorire la prevenzione” – sottolinea Emmanuele Cangianelli, Consigliere Delegato FIPE Confcommercio per i giochi pubblici e Presidente EGP FIPE – “In particolare, i pubblici esercizi chiedono da tempo, e sono pronti a gestire, nuove soluzioni che aumentino e sostengano la consapevolezza dei consumatori. È in questa direzione che va lo studio dell’Università di Tor Vergata e nella stessa direzione sono le nostre proposte ai tavoli di regolazione”.
“La letteratura internazionale ha individuato nel sistema di autoesclusione uno strumento efficace per favorire un gioco consapevole. Per quanto riguarda il contesto italiano, è evidente quanto sia urgente migliorare l’efficacia degli attuali programmi di contrasto al gioco patologico puntando su comunicazione, disponibilità, formazione del personale e monitoraggio assistito dalla tecnologia. – conclude Cangianelli – È necessario, inoltre, finalizzare ulteriori ricerche sulla percezione che i giocatori hanno relativamente ai programmi di autoesclusione e sulle alternative operative, per ottimizzare l’avvio di queste soluzioni. L’integrazione efficace di programmi di autoesclusione richiede infatti un approccio olistico, in combinazione tra regolatori, operatori di gioco e servizi sanitari per avere il maggior beneficio sulla qualità della vita dei giocatori problematici e di chi sta loro accanto”.