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Farmacie e liberalizzazione della professione

La recente riforma degli ordinamenti professionali, che ha preso vita col D.P.R. n. 137 del 07 agosto 2012, pubblicato in G.U. del 14 agosto 2012, è a mio avviso, un passo avanti di portata eccezionale ed epocale per tutte le professioni, inclusa la mia, quella di farmacista. Infatti, dopo attenta lettura e il parere di un avvocato al quale ci siamo rivolti per confermare la nostra interpretazione, in pratica, dal 14 agosto, io, farmacista iscritta all’Ordine dei Farmacisti competente, posso finalmente avviare la vendita di tutti i farmaci in commercio, anche quelli con obbligo di ricetta medica (Farmacie, Parafarmacie e liberalizzazione dei farmaci).
A suffragio di questa affermazione vi sono alcuni punti salienti del Decreto, nei quali si afferma che non devono sussistere limiti al libero esercizio delle professioni, ivi compresa quella di farmacista, e che vi è la soppressione di qualsiasi forma di numero chiuso nell’esercizio delle professioni. Lo stesso D.P.R. che garantisce il libero esercizio della professione, prevede, all’art 3, che non sono ammesse limitazioni, in qualsiasi forma, anche attraverso previsioni deontologiche, del numero di persone titolate a esercitare la professione, con attività anche abituale e prevalente, su tutto o parte del territorio dello Stato, salve deroghe espresse fondate su ragioni di pubblico interesse, quale la tutela della salute e, all’art. 4, che sono vietate limitazioni discriminatorie, anche indirette, all’accesso e all’esercizio della professione, fondate sulla nazionalità del professionista.

 

 

Quindi, se la recente normativa conferma il libero accesso alla professione e così pure il suo esercizio, compreso quello del farmacista, da parte di professionista regolarmente iscritto all’Ordine, il R.D. 27 luglio 1934 n. 1265, il D.M. 18/04/2012 ed il D. Lgs 24 aprile 2006 n. 219, che indicano l’elenco dei farmaci vendibili con obbligo di ricetta medica dal solo farmacista, devono considerarsi implicitamente abrogati, per contrasto con la normativa suindicata, nella parte in cui prevedono che la vendita deve essere effettuata all’interno della farmacia, alla luce della conferma del principio per cui la vendita di medicinale su obbligo di presentazione della ricetta medica, avviene sotto la responsabilità del farmacista, professionista iscritto all’Ordine.
Tra l’altro, recentemente, questo principio è stato applicato per tutte le ricette di carattere veterinario e per i relativi medicinali dispensati in Parafarmacia. Dunque, in base alle nuove norme io posso svolgere senza limitazioni la mia professione di farmacista, poiché ho tutti i requisiti previsti dalla legge, e non devo necessariamente esercitare all’interno di una farmacia.
Tutti i farmacisti sono professionisti e senza loro, la ricetta del medico è un foglio privo di significato. Quando il medico scrive Pr. o R. (prendi o recipe) si riferisce al farmacista, e siamo solo noi che possiamo dare senso giuridico alla ricetta, sia dentro una farmacia, che in qualsiasi altro luogo conforme, come quello riconosciuto dalla legge 4 agosto 2006 n. 248 del Decreto Bersani. Nel recente Decreto non si parla di luoghi ma di persone, e non si obbliga l’avvocato ad esercitare in Tribunale o il medico in Ospedale.
Quindi il binomio farmaco-farmacista prescinde dal luogo in cui ciò si concretizza, così come il binomio medico-paziente esula dalla struttura in cui si pone in essere. Una lettera con le suddette considerazioni e istanze è già stata spedita agli organi competenti, dai quali attendiamo risposte. Le leggi si fanno e si attuano, ma soprattutto vale il principio che la legge è uguale per tutti.

 

Dr.ssa Antonella Puleo

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La Vera Cronaca, giornale online libero e indipendente

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