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Contraddizioni, dubbi e domande sulla Tav:
Da un lato l’opportunità di una spesa di circa 6,7 miliardi di euro (secondo l’Osservatorio, che tiene conto dei finanziamenti dell’Unione Europea) può essere messa fortemente in dubbio, soprattutto in considerazione della situazione delicata in cui si trova il nostro Paese.
Dall’altro lato la complessità del progetto e dei suoi problemi, e la distanza, in termini geografici e di interessi, contribuiscono alla formulazione di rapide ma superficiali valutazioni che spesso hanno lo stesso carattere “da bar” delle conversazioni sportive del lunedì mattina.
Quello che si intende dire è che chiunque cerchi di informarsi può trovarsi facilmente di fronte a contraddizioni e domande che meriterebbero risposte immediate ed adeguate. Perché, ad esempio, il fronte francese del tunnel (che ricordiamo unirà Susa a Saint Jean de Maurienne: 57 chilometri, di cui 12,5 in territorio italiano) ha già visto la chiusura di tre cantieri e lo scavo di 9 chilometri, mentre qui in Italia non è ancora partito niente?
La differenza tra Italia e Francia
Perché dal 2002 a oggi in Francia le manifestazioni di opposizione al progetto sono state pochissime e, soprattutto, non si è avuto nessuno scontro tra abitanti e forze dell’ordine? Perché Gérard Leras, il presidente dei Verdi della Rhône-Alpes, la regione francese pronta (e ben disposta) ad essere attraversata dalla Lione-Torino, nel 2005 pronunciò al Corriere della Sera queste parole: “Cari italiani, in questo modo firmate la vostra condanna: camion e inquinamento soffocheranno la vostra valle”?
Egli, infatti, ammise che “quella militarizzazione è una sciagura, senza il dialogo non si va da nessuna parte”, ma dichiarò che le proteste italiane sono sbagliate e che “serve subito per l’ambiente e la salute dei cittadini un’infrastruttura concorrenziale, efficace e moderna a livello europeo, che tolga i camion dalle strade”. Chi ha ragione, dunque, gli ecologisti francesi o quelli italiani?
Comuni favorevoli e non favorevoli: i No Tav
I No-Tav rappresentano una piccolissima minoranza nelle zone interessate dal progetto? Antonio Saitta, presidente della Provincia di Torino, in un’intervista al settimanale Tempi ha affermato: “Oggi dei 112 comuni interessati, 87 sono francesi e sono tutti favorevoli. Gli italiani sono 25, compresa Torino: di questi 12 comuni sono contrari. E di questi, quelli che hanno concretamente i cantieri nel proprio territorio saranno solo 2, Sant’Ambrogio e Chiusa di San Michele, cioè 6 mila abitanti in tutto. Alle ultime elezioni Provinciali, io e la mia rivale Claudia Porchetto abbiamo avuto il 97 per cento dei voti dicendo ‘Sì’ alla Tav. Non si può pretendere che una posizione di minoranza venga assunta dalla maggioranza”.
I Comuni direttamente interessati dalla Tav
Questa rappresentazione del consenso viene fornita anche dall’Osservatorio Torino-Lione: “Se si considera solo la prima fase dei lavori, quella relativa alla tratta transfrontaliera, i Comuni direttamente interessati da cantieri o cambio dell’assetto del territorio sono due: Chiomonte e Susa, entrambi favorevoli”.
Infine, ha ragione il sindaco di Torino Piero Fassino a ricordare che “il progetto originario del 2004-2006 era invasivo e impattante e per questo raccoglieva il dissenso di larga parte della popolazione locale; ma quel progetto dal 2006, dopo che fu istituito l’Osservatorio, è stato profondamente ridisegnato”?
Ecco, queste sono le domande che tutti, prima o poi, giungono a porsi. Sarebbe giusto ed auspicabile che gli italiani possano ricevere anche risposte.