In questo articolo parliamo di:
Un Parlamento di incassatori:
Ridicolo. Se si fosse in un Paese normale il simpatico passaggio si definirebbe come interessi privati in atti d’ufficio, o conflitto di interesse o truffa o per dirla piatta piatta cialtronaggine.
Ma da noi per sedere in parlamento bisogna essere dei buoni incassatori (termine pugilistico) far scorrere le critiche sulla corazza dell’indifferenza e poi già che vi si è saper far la parte del muro di gomma. Il povero Padoan che fa i salti mortali per mettere d’accordo il pranzo con la cena ed ha detto che lo scivolo delle pensioni è rimandato perché mancano le risorse ma su questo provvedimento, c’è da scommetterci, i denari li troverà in quattro e quattro otto.
Forse questo è un altro modo per mettere in pratica il famoso:«C’è chi dice sì» sbandierato da Renzi e dal suo team alla festa dell’Unità: dire sì a quello che fa comodo. Se questo è il cambiare verso non si vede la differenza con il verso che c’era prima.
Chissà se e cosa avrà da dire la Corte dei Conti e magari anche la Consulta su questo disinvolto modo di gestire la legge. Magari anche niente. «La politica costa» disse Pierluigi Bersani per difendere il principio del finanziamento ai partiti.
Finanziamento ai partiti: una lunga storia italica
Per inciso gli italici con un referendum dissero però no al finanziamento pubblico ai partiti; non volevano pagare il conto con i soldi dello Stato. Voti al vento. Però ci fu chi fondò il partito repubblicano e poi quello socialista e poi le società di mutuo soccorso e poi le cooperative e poi le case del popolo per arrivare a Giustizia e Libertà senza un soldo di finanziamento pubblico.
Come fecero? «La politica è passione e senso civico e interesse del paese.» tuona di tanto in tanto qualche trombone magari anche trombato o qualche rimasuglio di minoranza ma quando si vota sugli sghei chissà com’è il senso civico e l’interesse del Paese evaporano.
«La mancanza di finanziamento è un’incitazione al furto» si disse. La realtà che spesso supera la fantasia ha ampiamente provato il contrario. «Darvi dei ladri è offensivo per il ladri» ha urlato in aula Riccardo Nuti del M5S, unico raggruppamento a votare contro.
La protesta delle 500 euro:
L’opinione non è solo sua, era dello stesso avviso anche un camorrista intercettato nell’affair Expo:«Questi sono veri delinquenti» disse e magari sottintendeva un «altro che noi.»
Per irridere la placida assemblea sono state lanciate sulle teste di tutti quelli che hanno votato a favore dell’ignobile leggina finte banconote da 500€. La vice presidente della Camera Marina Sereni non ha sospeso la seduta ma ha chiesto ai commessi di ritirarle. Meglio ritirarle subito, avrà pensato, prima che qualcuno se le intaschi e poi le spacci.
L’ignoto ai più deputato Boccadutri (Pd) relatore della leggina, ha voluto smentire la rinuncia del M5S dichiarando che: «Il M5S non ha rinunciato a nulla. Semplicemente non hanno diritto ad alcun finanziamento perché non hanno depositato alcun documento relativo al bilancio.» Che poi è come dire che chi non deposita un documento per avere un beneficio rinuncia al beneficio.
Ovvero cvd: come volevasi dimostrare. Magari scegliere del personale politico con una maggiore dimestichezza con la logica aiuterebbe. Per soluzioni sugli esodati invece buio pesto. Fan parte ormai in pianta stabile del bel panorama italico e toglierli sarebbe brutto.