In questo articolo parliamo di:
La responsabilità civile dei magistrati:
Per non parlare di partiti quali i Radicali ad esempio, che sull’argomento hanno costruto una sorta di manifesto elettorale indicendo raccolte di firme per leggi di iniziativa popolare.
Tutti d’accordo in Italia e non solo; la stessa Unione Europea ha a più riprese bacchettato l’Italia mettendo all’indice i paletti rappresentati dalla legge Vassalli in materia di responsabilità civile dei magistrati ed arrivando, nel settembre del 2013, ad aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia per i limiti posti a tale responsabilità.
Malgrado questa comunità di intenti, da anni non si è ancora riusciti a riformare la materia in modo chiaro e definitivo; materia che, come facilmente intuibile, è estremamente delicata. Si perché la responsabilità civile dei magistrati è un tema delicatissimo che ruota attorno ad un concetto antico quanto il mondo; ovvero la necessità di dover risarcire eventuali danni prodotti da decisioni giudiziarie che possono anche, talvolta, rivelarsi errate.
Cosa dice la Costituzione Italiana:
La questione trova supporto in alcuni articoli della Costituzione, primo tra tutti l’art. 3 che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini innanzi alla legge; ulteriore supporto arriva poi dall’art. 28, relativo a funzionari e i dipendenti dello Stato i quali “sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti” stabilendo che “In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”.
Vi sono poi altri articoli della Costituzione che potrebbero alimentare conflitti su quanto fin qui sostenuto, come ad esempio l’intero Titolo IV parte II dedicato in toto alla Magistratura e contenente articoli quali il 104 “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”.
In sostanza una questione, quella responsabilità civile dei magistrati, che trova i paletti nella Costituzione e che all’interno di questi dovrebbe essere regolamentata. Cosa che avvenne sul finire degli anni ’80 a seguito di un referendum per l’abrogazione degli articoli del Codice di procedura civile sulla responsabilità civile dei magistrati.
Dal Referendum alla Legge Vassalli:
Si era nel 1987 e sulla scia delle tensioni sempre più accese tra politica e magistratura si tenne, in data 8 novembre 1997, tale referendum abrogativo; che ebbe esito positivo nel senso che la maggioranza dei votanti si schierò a favore dell’abrogazione degli articoli di cui sopra.
Diretta conseguenza di quella decisione popolare fu, nell’anno seguente, l’approvazione di una legge in materia di responsabilità civile dei magistrati: si tratta della legge n. 117 del 1988 nota anche come legge Vassalli “Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati” che a tutt’oggi regolamenta la materia.
Secondo molti, tale legge andò a travisare parzialmente quello che era stato il risultato emerso nel referendum dell’ anno precedente; le motivazioni sono presto dette. La legge Vassalli si incentrava su un concetto di responsabilità indiretta del magistrato, mentre la responsabilità diretta faceva capo allo Stato. In pratica secondo la legge un cittadino danneggiato da una sentenza può agire esclusivamente contro lo Stato, il quale successivamente può rivalersi, entro certi limiti, nei confronti del giudice.
Come modificare la legge sulla responsabilità dei giudici?
Inoltre la responsabilità del magistrato è limitata soltanto a casi in cui nel cagionare il danno il giudice stesso abbia agito con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia. In sintesi, in base alla legge Vassalli la responsabilità civile dei magistrati è esperibile esclusivamente nei confronti dello Stato, e soltanto nel caso in cui all’interno della condotta del magistrato sia possibile ravvisare dolo o colpa grave.
Il margine di responsabilità risulta, come si comprende, estremamente circoscritto; motivo per il quale da allora, era il 1988, a più riprese si è parlato, anche su stimolo dell’Ue, di introdurre una più reale e più concreta responsabilità per i magistrati. Perché il cittadino che subisce un’ingiustizia possa ottenere il giusto risarcimento; o perché, come recitava uno slogan di un quesito referendario lanciato dai Radicali, “non si ripetano più casi come quelli di Enzo Tortora: processi-mostro al termine dei quali i responsabili non pagano mai”.