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La vicenda Albertini / Robledo:
Nelle scorse ore la Giunta delle Immunità del Senato ha votato a favore della “insindacabilità delle opinioni espresse” dal senatore Gabriele Albertini. Opinioni a causa delle quali era stato querelato dal pm milanese Alfredo Robledo.
La vicenda risale al 2011 e al 2012, due distinte interviste nelle quali l’ex sindaco di Milano di area centrodestra aveva parlato del pm Robledo affermando che avesse condotto “indagini arbitrarie” sui contratti derivati stipulati dal Comune con una serie di banche.
Dopo 4 mesi nel corso di un’altra intervista sempre Albertini affermava che Robledo aveva “insabbiato il fascicolo Serravalle per oltre sei anni, prima che i suoi colleghi di Monza lo riaprissero”. Rincarando poi la dose affermando che nell’interrogatorio di un dirigente comunale erano stati usati “metodi da Gestapo”.
Il Senato vota l’immunità per il senatore:
Il pm di Milano Robledo aveva risposto querelando Albertini; che in quanto senatore gode di privilegi tutti speciali. È la camera di appartenenza, in questo caso il Senato, a dover stabilire tramite votazione se il proprio appartenente può essere processato il noto meccanismo della autorizzazione a procedere.
Ovviamente il Senato si è schierato contro votando per l’ insindacabilità delle frasi espresse da Albertini in quanto proferite nell’esercizio del mandato parlamentare.
La Giunta per le Immunità del Senato ha votato unita, con la sola eccezione del Movimento 5 Stelle nella veste dei suoi 3 senatori; e di Felice Casson del Pd. Tutti gli altri partiti, compresa la Lega Nord, hanno votato in favore dell’insindacabilità salvando Albertini.
Taglio agli stipendi? Neanche per sogno:
E proprio nelle stesse ore il parlamento italiano ha discusso la legge proposta dal Movimento 5 Stelle per dimezzare gli stipendi dei parlamentari.
Ovviamente anche qui si è creato uno schieramento unito e compatto, da destra a sinistra, per rimandare la legge in commissione. Dove, con ogni probabilità, ora verrà affossata.
La proposta del Movimento 5 Stelle prevedeva il taglio del 50% dell’indennità dei parlamentari, quindi da 5mila euro a 2.500 al mese; oltre che di ridurre la diaria, ad oggi di 250 euro al giorno. In tutto questa legge avrebbe comportato un risparmio per le casse dello Stato di 87 milioni di euro.
Ma, ovviamente, la casta politica ha fatto nuovamente fronte comune per confermarsi tale e rimandare al mittente la proposta.