Quanto ci costa un immigrato e quanto prende un italiano che lavora nei campi?
Ora, domanda: in Italia, proprio dalle parti di maggiore insistenza retorica sull’accoglienza degli immigrati, che prendono €30 al dì per le loro spese personali, ritenute fondamentali, cioè qualcosa come 15 giorni di fatica di questa donna morta sui campi, lavorando, accade quello che ho appena descritto.
Ce la facciamo solo noi la domanda o c’è anche qualche altro italiano con ancora un briciolo di dignità e sano senso della realtà che ci fa compagnia? La domanda? Ah, sì, eccola: perché non riusciamo più a salvaguardare neppure le vite fisiche dei nostri cittadini e facciamo una fatica bestiale, degna certo di miglior causa, per chi cittadino non è, e probabilmente mai lo diventerà?
Vogliamo trascurare il “dettaglio” della provenienza, la religione, l’Islam, il probabile contatto con Isis, anche se ci sono elementi a dir poco inquietanti su tutto questo, niente, non mi interessa ora. Dico solo: conta ancora qualcosa la cittadinanza a misura e secondo il dettato della nostra Costituzione?
Classi dirigenti o digerenti?
Abbiamo il sistema sociale che succhia più tasse e che dà meno, ormai ridotto allo stremo, e facciamo scegliere agli immigrati scesi dai barconi la location di residenza in Italia: questo risulta scelleratamente contro la ragione, prima di tutto, solo a me o anche per qualcun altro c’è qualcosa, anzi molto, che non va?
Il paradosso italiota – prima ancora che italiano – è che le nostre classi, una volta definite e definibili dirigenti, oggi solo “digerenti”, reclutano manovalanza para-manageriale per gestire case famiglia che prendono €90 al giorno per ogni ospite immigrato, mentre magari ai minori toccano solo €2 di servizi: è questo il welfare state italiota?
Fondato sulla retorica buonista per cui ti curo e ti assisto, perché prima di tutto assisto me e la mia famiglia? Dunque, alla fine, Longanesi è ancora il nostro monumento italiano al sano realismo: sul nostro Tricolore c’è sempre scritto, “Tengo famiglia”.