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La figura dell’Assistente parlamentare
Da anni ormai si parla di dare ai ‘portaborse’ una qualifica ben definita e soprattutto uno stipendio determinato per legge ed erogato direttamente dal Parlamento: attualmente infatti ogni onorevole percepisce 3.600 euro in più al mese per assumere un collaboratore.
Ma solo un terzo di loro poi nei fatti lo fa con un contratto regolare (alla data di gennaio 2012, alla Camera, gli assistenti parlamentari regolarmente registrati erano 236 su 630 deputati, ovvero 1/3; quindi gli altri 2/3 dei deputati o non hanno un assistente, o lo hanno ma non in regola).
Gli altri parlamentari, più ‘furbetti’, tengono la cifra per sé. E magari assumono un assistente in nero e sottopagato (o, talvolta, fatto passare da ‘volontario’), come spesso è emerso da confessioni di ex collaboratori parlamentari che hanno avuto il coraggio di uscire allo scoperto e denunciare la loro condizione.
In sostanza, un problema che sta a monte poiché questi ‘collaboratori parlamentari’ sono figure indefinite ed asettiche da un punto di vista dell’ inquadramento professionale, fattore che porta al fenomeno dei portaborse in nero.
Gli assistenti parlamentari all’estero
Attualmente infatti, ciascun deputato può scegliersi un portaborse, dopodichè sono le due amministrazioni (Camera e Senato, quindi soldi pubblici) a dare ai parlamentari le (laute) somme per pagarsi questi collaboratori: cosa che, come detto, non sempre viene poi fatta in piena regola.
In molti altri Stati europei viceversa, i collaboratori sono considerati come dipendenti delle Camere e sono quindi retribuiti direttamente dall’istituzione. Anche per quanto riguarda il Parlamento Europeo, è sempre il deputato a scegliere il proprio collaboratore, ma poi è il Parlamento stesso che lo paga; senza che nessuno possa quindi ‘farci la cresta’.
Qualche anno fa, era il 2010, a seguito di una denuncia sull’argomento portata alla luce dalla trasmissione televisiva ‘Le Iene’, si cercò di arrivare ad una soluzione per limitare il fenomeno dei portaborse in nero: Gianfranco Fini presidente della Camera stabilì che l’ingresso a Montecitorio doveva essere vietato a chi era senza un regolare contratto di lavoro. In questo modo, secondo le intenzioni iniziali, i parlamentari sarebbero stati costretti a regolarizzare i propri assistenti.
Come sono regolamentati i portaborse
Ma siamo in Italia, e non ci volle troppo tempo per trovare la contromossa adatta: i portaborse vennero fatti entrare in Parlamento dai deputati come visitatori, tra il pubblico. Geniale quanto efficace.
Adesso come detto, forse a seguito dei numerosi scandali che attanagliano la politica minandone definitivamente quel poco di credibilità che le era rimasto, il tema torna di stretta attualità e si sta cercando di arrivare finalmente ad una regolamentazione chiara ed efficace: la principale novità del disegno di legge riguarda il divieto di assumere come collaboratore parlamentare un parente stretto (naturalmente accade anche questo, spesso e volentieri).
Per quanto riguarda il fenomeno dei portaborse in nero, la soluzione dovrebbe essere quella improntata sul modello europeo: ciascun parlamentare potrà quindi scegliersi in libertà un portaborse in base ad un rapporto di fiducia, ma questo collaboratore sarà successivamente pagato direttamente dalla Camera o dal Senato.
Le due amministrazioni quindi, al contrario di quanto accade oggi, non verserebbero più ai parlamentari le somme per pagarsi i collaboratori. Somme che, spesso, finiscono oggi per rimpinguare ulteriormente i portafogli (già pieni) dei nostri parlamentari.