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Jobs act: la riforma del lavoro di Renzi

Porta un nome anglofono ed in perfetto stile Obamiano il piano individuato da Renzi per cambiare il mondo del lavoro e far ripartire l’economia in Italia: jobs act, un provvedimento che richiama il modello americano prima di tutto nella denominazione dato che, lo ricordiamo, nel 2011 il presidente degli Stati Uniti Barack Obama aveva lanciato il suo American Jobs Act contenente misure di riforma del lavoro. Non soltanto il nome ma anche alcuni contenuti presenti nella bozza del jobs act di Renzi sembrano essere stati ispirati dal modello di lavoro americano.
Il  jobs act è (o sarebbe più preciso dire che dovrà essere) un nuovo codice di lavoro che vada a semplificare le troppo regole che attualtmente ingarbugliano la materia: facile a dirsi, non sappiamo quanto possa essere difficile a farsi tenendo conto tanto del momento storico attuale che il nostro paese sta attraversando, quanto della problematica atavica del mondo del lavoro.
Otto mesi, questo il tempo che si è dato il neo segretario del Pd e sindaco di Firenze per stilare il documento che vada a modificare alcuni aspetti del mondo del lavoro italiano; una prima bozza del jobs act è stata già diffusa dallo stesso Renzi e da questa è possibile intuirne intenzioni e finalità.

 

Contenuti del Jobs act:

Il jobs act, creato per aiutare il paese a ripartire, prevede una serie di interventi andando prima di tutto a dividere il settore produttivo italiano in sette distinti settori:

  • cultura, turismo, agricoltura e cibo;

  • Made in Italy (dalla moda al design, passando per l’artigianato e per i makers);

  • ICT (Information and Communication Technology, ovvero tecnologie per l’informazione e la comunicazione);

  • green economy;

  • nuovo welfare;

  • edilizia;

  • manifattura.

Sette distinte aree di interesse quindi, ciascuna con le proprie esigenze e necessità di intervento; per ognuna di esse sarà tracciato un piano contenente indicazioni operative concrete per la creazione di nuovi posti di lavoro.
Un obiettivo ambizioso, cui fa da apripista una premessa generale; ovvero semplificazione delle regole, sfoltimento della burocrazia infinita che attualmente ruota intorno al mondo del lavoro e riduzione dei costi intesi tanto come spese quanto come tasse.

 

Semplificazioni in materia di lavoro:

Partendo dalle tante e troppe regole attualmente presenti, il jobs act andrebbe a prevedere una semplificazione generale e di insieme di tutte le normative esistenti: il tutto da ottenersi, secondo le indicazioni di Renzi, a partire riduzione delle molte forme contrattuali (attualmente sono oltre 40).
Sempre in tema di lavoro si va verso una maggior tutela per chi perde il proprio posto; si parla di un assegno universale per chi resta senza impiego,  provvedimento da estendere a tutti indistintamente fatto salvo l’obbligo di seguire un corso di formazione professionale e di non rifiutare più di una nuova proposta di lavoro.
Altro aspetto peculiare del jobs act renziano è quello relativo alle tasse; anche qui l’idea è quella di andare verso una semplificazione per creare nuovi posti di lavoro ed attrarre investitori dall’estero al motto di “far pagare meno tasse a chi produce lavoro”. Novità anche in materia di legge sulla rappresentatività sindacale, con la presenza nei Cda delle grandi aziende dei rappresentanti eletti direttamente dai lavoratori e con la necessità di approvazione da parte della maggioranza dei lavoratori tramite referendum per quanto riguarda la firma dei contratti.

 

Tagli e maggiore trasparenza:

Tornando a parlare di costi e risparmi per le aziende, il jobs act prevede una riduzione dei costi dell’energia (soprattutto per le piccole aziende) di circa il 10%; un programma per l’agenda digitale (anche su questa voce in Italia se ne dibatte da anni) che porti a provvedimenti quali pagamenti elettronici, fatturazione elettronica ed in generale investimenti in rete per abbattere gli attuali costi burocratici; eliminazione dell’obbligo di iscrizione alle varie Camere di Commercio (provvedimento più di facciata per dare un segnale alle corporazioni).
Per quello che riguarda il settore pubblico, il piano di Renzi sarebbe di prevedere l’obbligo di trasparenza da parte delle pubbliche amministrazioni (ma anche dei partiti e dei sindacati) le quali sarebbero obbligate a pubblicare in rete in modo chiaro e preciso tutte le voci di entrata e di uscita. Sempre nell’ottica del Pubblico e della lotta alla burocrazia, un ulteriore provvedimento andrebbe a prevedere un nuovo tipo di contratto per i dirigenti pubblici che implicherebbe la possibilità di licenziamento.
Questo in sintesi il jobs act, vero e proprio manifesto di Matteo Renzi in termini di lavoro; che, per adesso, è soltanto su carta. Come si comprende e conoscendo come vanno le cose in Italia, quando ci sarà da metterlo in pratica non sarà semplice come a parole; andando a scorrere i vari provvedimenti previsti, ci si andrà inevitabilmente a scontrare con corporazioni ed interessi. Vedremo allora cosa ne verrà fuori.

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Scrittore, giornalista, ricercatore di verità - "Certe verità sono più pronti a dirle i matti che i savi..."

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