Dati drammatici sul lavoro:
Il secondo trimestre del 2016 è stato drammatico: sono calati i contratti stabili del 29%; e i contratti a termine, dell’ 8,7%. In aumento del 7,4% la cessazione dei posti fissi con lettere di licenziamento per oltre 220mila lavoratori: oltre 15mila in più rispetto al 2015.
Entrando maggiormente nello specifico, le attivazioni di nuovi contratti a tempo indeterminato sono state 392mila, quindi quasi il 30% in meno rispetto allo scorso anno quando era stata sfruttata la riduzione delle agevolazioni contributive.
In aumento solo i contratti di apprendistato, ovvero quel tipo di contratto finalizzato alla formazione e successiva occupazione che il Jobs act è andato a modificare parzialmente.
L’opinione pubblica distratta da altro:
In sostanza un campanello d’allarme non da poco quello legato alla situazione lavorativa attuale. Con assunzioni in calo drammatico e licenziamenti in crescita il sistema rischia di implodere.
Il tutto mentre gran parte dell’opinione pubblica (i media su tutti) pensa a parlare di altre questioni; e mentre il Vaticano se la prende con la pioggia che scende dal cielo (non dovrebbero citare qualcuno a loro più vicino?).
Meccanismo comunicativo utile, forse, per far passare sotto traccia un provvedimento, il Jobs act, che all’estero è stato più volte messo sotto accusa anche da soggetti piuttosto prestigiosi.
Come nel caso del New York Times, che ha criticato aspramente la riforma del lavoro del governo Renzi affermando che non sia servita a portare lavoro agli italiani. O come il Financial Times, noto giornale economico e finanziario del Regno Unito.
Per non parlare poi di quanto avviene all’estero, in paesi come la Francia ad esempio, dove riforme del lavoro che per certi versi ricalcano il Jobs act nostrano, e che non a caso ne portano lo stesso nome, sono state aspramente contestate anche in piazza.