A cosa porterà la rottura tra Fini e Berlusconi:
I problemi che sorgeranno da adesso in poi nelle due camere del Parlamento, resi ancor più complessi dal fondamentale ruolo istituzionale di Gianfranco Fini, sembrano non preoccuparlo, mentre gli analisti in queste ore sulle pagine dei giornali, nelle radio, nelle televisioni e nel web, elencano tutta una serie di numeri e di teorie che non fanno intravedere nulla di buono per il prossimo futuro del nostro Paese.
Se è ancora troppo presto per tirare somme da cui di certo emergeranno le variabili che in questo momento sarebbe troppo azzardato congetturare, riteniamo che stavolta i sintomi del declino del cosidetto berlusconismo sono abbastanza evidenti.
Le conseguenze della manovra finanziaria appena approvata si fanno già sentire attraverso l’insoddisfazione e le proteste di molte categorie sociali che si stanno preparando ad una lotta autunnale che non farà sconti: esse troveranno come controparte una maggioranza parlamentare ed un governo destinati a divenire sempre più deboli per la possibile mancanza di una dialettica interna senza pregiudizi.
Difficilmente, inoltre, arriverà a Berlusconi l’aiuto di altre formazioni politiche come l’ Udc di Casini che, per non contraddire parole, programmi e strategie con cui si sono impegnate negli ultimi tempi con i propri elettori, riterranno poco conveniente rischiare il proprio consenso mettendolo in gioco in una battaglia persa in partenza come quella che attende il capo del Pdl.
C’è inoltre da considerare il fatto che diverse prese di posizione di Fini e dei suoi compagni ex An sono andate ad incunearsi positivamente dentro i meandri di alcune imprescindibili necessità politiche dei partiti dell’opposizione, indeboliti si dagli ultimi confronti elettorali, ma non per questo meno vitali e pronti alla rivincita. Ha scitto Seneca: “Gli dei vendicatori seguono da presso l’arrogante“( Hercules furens ).