Privilegi dei dipendenti di Camera e Senato
Nel frattempo i dipendenti di Camera e Senato interessati al provvedimento incrementano le proteste e i sindacati di categoria, come ti sbagli, promettono battaglia. E c’è chi sta già pensando ad un esodo di massa verso la pensione per bypassare il taglio e mantenere i privilegi acquisiti.
Di privilegi dei dipendenti di Camera e Senato si era parlato spesso e volentieri in passato ma poi, nei fatti, le cose erano sempre rimaste inalterate. Chissà se questa volta si riuscirà effettivamente a dirimere la questione andando a modificare qualcosa.
Per il momento giova ricordare che la prima modifica che si sta discutendo, contenuta in un articolo della riforma costituzionale che si sta vagliando, andrebbe a prevedere l’unificazione delle amministrazioni di Camera a Senato; ad oggi la burocrazia parlamentare ha sempre visto la presenza di inutili doppioni come spesso capita in Italia.
Altro aspetto passibile di modifiche è quello del pagamento diretto delle pensioni dei dipendenti; una voce che pesa sul bilancio di Camera e Senato rispettivamente per 236 e 115 milioni di euro. Un’ enormità. Nelle intenzioni della riforma i tagli riguarderebbero un po’ tutti, non solo i dipendenti con stipendi più pesanti e cariche più alte; si parla di un taglio di 1000 stipendi sui 2300 totali ad oggi previsti.
Il caso dei consiglieri parlamentari
Un’operazione che dovrebbe comunque essere graduale, ovvero spalmata su 3 o 4 anni, e che pur se rivolta a tutti andrà a colpire maggiormente i consiglieri parlamentari. Vale a dire coloro i quali guadagnano di più.
Ad oggi un consigliere parlamentare con oltre 40 anni di servizio arriva a percepire quasi 400 mila euro annui. Alla Camera dopo 30 anni di servizio già si arriva a 318 mila euro, al Senato passati i 35 anni di servizio si arriva a 358 mila e a partire dall’anno successivo (il 36esimo di servizio) si assiste ad un aumento biennale automatico pari al 2%.
Se i tagli andranno in porto i consiglieri non potranno più superare la soglia dei 240 mila euro annui al netto della contribuzione previdenziale (l’8,8% della retribuzione). È per questo che, fiutata l’aria che potrebbe cambiare, i lavoratori più anziani che ad oggi superano il tetto potrebbero valutare un’ uscita dal lavoro per ricorrere alla pensione.