Destra, sinistra e proposte per uscire dalla crisi:
Il presidente francese era partito su una linea di rottura molto netta, che puntava ad una modernizzazione forte senza escludere l’intervento dello Stato ma guardando al futuro. La crisi e la necessità di rispondere alle paure dei francesi lo hanno costretto ad accantonare quel disegno e a ripiegarsi su risposte che hanno necessariamente bisogno dell’intervento pubblico.
Sia Sarkozy che Tremonti si sono caratterizzati nell’uso di argomenti molto simili a quelli tradizionali della sinistra. Hanno abbandonato la visione ossessivamente liberistica e hanno invocato l’intervento di Stato a sostegno dell’economia con grande disinvoltura. Non è, dunque, la vecchia contrapposizione liberismo/interventismo a delimitare la destra dalla sinistra o almeno non è più questa caratterizzazione dei due fronti ad essere percepita come dirimente dall’opinione pubblica.
E’ il contenuto delle diverse proposte per uscire dalla crisi a fare la differenza. La sinistra può dire, ad esempio, di sostenere i ceti più poveri o indicare come ridistribuire il reddito o tassare maggiormente le persone più ricche. Può scegliere con nettezza di favorire la crescita dell’economia civile, che veda protagonisti il Terzo Settore e l’imprenditoria socialmente responsabile nel dare risposte in termini occupazionali e di miglioramento della qualità della vita delle persone. Sono queste le cose che la rendono ancora diversa dalla destra, non più l’intervento dello Stato.
Cosa dice il risultato delle elezioni francesi:
Il risultato delle elezioni francesi ci dice che su questo terreno la destra è in grave difficoltà e la sinistra ha molto da lavorare per diventare credibile agli occhi dei cittadini. In Italia ci sono quasi 700 mila occupati in meno dall’inizio della crisi; un milione di lavoratori in cassa integrazione nel 2009.
Soffrono, in particolare, i giovani per i quali il tasso di disoccupazione si è impennato di 6 punti percentuali (dal 20,5% del febbraio 2008 al 26,5% del novembre scorso) e per i quali sono spesso assenti sostegni al reddito. Circa 300 mila disoccupati provenienti da contratti di collaborazione e simili sono senza alcuna protezione. È fuorviante e consolatorio guardare come fa il ministro Sacconi al tasso di disoccupazione inferiore alla media europea.
Purtroppo, l’indicatore rilevante è il tasso di occupazione, già notevolmente basso in Italia, in particolare per le donne e i giovani, caduto di 2 punti negli ultimi 18 mesi (dal 59% al 57%).
Vuol dire che diventa sempre più intensa la rassegnazione di quanti, soprattutto giovani e donne, soprattutto al Sud, non trovano lavoro e smettono di cercarlo. Sono colpite vaste fasce delle classi medie di lavoro dipendente, autonomo, professionale, imprenditoriale. Sotto tiro sono padri garantiti e figli precari, insieme. Nel Mezzogiorno si sta invertendo il flusso migratorio: i meridionali che avevano un lavoro al Nord tornano a casa con l’illusione che in un paese del Sud sia più facile arrangiarsi per sopravvivere.
Le forze del cambiamento potranno tentare di approfittare del vento più favorevole che pare provenire dall’Europa se metteranno a punto proposte forti e credibili di politiche che abbiano al centro lo sviluppo ed in grado di creare lavoro decente per i giovani e i meno giovani. Soprattutto nel Mezzogiorno.