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Lo stato vergognoso dei mezzi di trasporto era già noto
Il miserrimo stato dei treni locali dei pendolari e l’inadeguatezza di tram, autobus e metropolitane erano già sotto gli occhi di tutti, ma faceva comodo far finta di nulla. In fondo stare stipati come sardine nei mezzi pubblici non faceva male a nessuno, a parte il puzzo insopportabile e la difficoltà di salita e discesa.
Quindi meglio lasciar aumentare il traffico privato con la sua bella dose d’inquinamento e il rischio della pelle di chi va in bicicletta o motorino. Il tutto, naturalmente, giustificato con i bilanci (e talvolta la corruzione) delle società partecipate per la gioia dei contabili che bazzicano negli studi televisivi.
In realtà questi sedicenti economisti non sanno mettere in relazione il profitto della singola azienda municipalizzata con il costo sociale che, nel caso della mobilità, è provocato dalle polveri sottili: malattie alle vie respiratorie, ricoveri ospedalieri, decessi e dulcis in fundo, perdita di ore di lavoro. Salvo poi lanciare alti lai per l’aumento della spesa pubblica.
Per capire questa correlazione si ha da essere filosofi, come Malthus per esempio o come Keynes, non campioni compulsivi della partita doppia. La riapertura delle scuole, prevista fin dal giugno scorso, le scuole si sono sempre aperte in autunno da che mondo è mondo, ha ancora una volta trovato le regioni impreparate.
Tra cinesi che mangiano topi ed uso dl lanciafiamme
Così quando i medici raccomandano la distanza fisica, condizione indispensabile per ridurre le possibilità di contagio e chiedono che ogni mezzo pubblico non sia occupato per più del 50% dei posti ecco insorgere i rappresentanti delle regioni: la percentuale sia portata all’80%, tuonano.
Giochetto vecchio e stucchevole questo della negoziazione sui limiti, già buggerato millanta volte. D’altra parte non poteva che essere diversamente se si pensa che a presiederne una e c’è un tipo convinto che i cinesi mangino topi vivi e un altro che pretendeva di sconfiggere gli assembramenti con il lanciafiamme.
In verità, ancora una volta, si dimostra l’incompetenza e la mancanza di visione delle regioni. Anche il più ottuso dei bocconiani sa che esistono le filiere e dunque che anche alla riapertura delle scuole sono collaterali una serie di fatti come organizzare la turnazione dei docenti, la sistemazione delle aule e poi le eventuali mense, le pulizie e anche, ohibò, la logistica ovvero come fanno i ragazzi ad arrivare alle scuole. E guarda caso i trasporti pubblici possono essere la miccia per lo sviluppo di ulteriori contagi e pure di nuovi focolai.
Chi non ha mai atteso 20 minuti un autobus sotto la pioggia?
E ancora una volta le regioni anziché pensare a soluzioni strutturali: incremento dei mezzi, per esempio prendendone a noleggio in attesa dell’arrivo di nuovi acquisti, e aumento della frequenza delle corse, (a chi non è toccato aspettare venti minuti sotto la pioggia l’arrivo di un autobus?), queste si gingillano lanciando la palla in tribuna: ovvero si torni alla didattica a distanza.
Tacon che è peggio del buso, sia perché scarica le pecche su un altro settore, mettendolo in crisi, sia perché non risolve il problema strutturale. Sventolano cifre terroristiche le regioni: se si mantengono queste percentuali sui mezzi si lasceranno a terra 270.000 persone.
Le teste d’uovo della conferenza Stato-Regioni
Omettono di dire che questo numero è nazionale e quindi poco significativo in sé. È un numero grande, piccolo, medio? Boh! È solo un numero. Altro sarebbe se si facesse un’analisi puntuale capoluogo per capoluogo ricavandone numeri senz’altro meno mediatici e più gestibili.
Peraltro nessuno delle teste d’uovo della conferenza Stato-Regioni si è domandato quale sarà la stima dei contagi a fronte della loro proposta. Ma tant’è. Il sistema sta mostrando la corda e siamo arrivati a due criticità essenziali: la sanità, con il suo corollario del numero chiuso a medicina e scienze infermieristiche, e i trasporti pubblici, ora non resta che attendere il disvelamento dei prossimi nodi strutturali.