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Abolizione delle Province: cosa cambia nel concreto

L’ abolizione delle Province è finalmente legge; o, quantomeno, se non sarà proprio una cancellazione definitiva degli enti territoriali da molti ritenuti superflui si assisterà a qualcosa di simile.
La riforma relativa alle Province è avvenuta infatti sotto forma di disegno di legge, il che significa che non si può parlare di abolizione vera e propria; per questa eventualità, servirebbe una modifica della Costituzione dato che le Province stesse sono previste nella parte II titolo V della nostra carta costituzionale.
Il titolo V della Costituzione, lo ricordiamo, è quello relativo alle autonomie locali; nel corso del tempo ha subìto una serie di modifiche, l’ultima nel 2001 per mano di una maggioranza di centro sinistra. Obiettivo del titolo V è dare un’impronta sempre più ‘federalista’ allo stato.
Ma allora, tornando alla stretta attualità, se le Province non possono essere cancellate a meno di modifiche costituzionali (che prevedono un iter lungo e farraginoso), cosa cambia nei fatti con il disegno di legge che sancisce l’addio alle Province?

Un’abolizione solo a metà:

Tecnicamente ed in estrema sintesi potremmo dire che non potendo essere soppresse su due piedi, il provvedimento approvato alla Camera va a svuotare le competenze di questi enti territoriali intermedi tra le regioni ed i comuni. Il testo quindi non abolisce le Province in quanto entità burocratiche, ma ne va ad eliminare la classe politica.
Si perché man mano che i consigli provinciali ad oggi in carica giungeranno alla scadenza naturale del proprio mandato, non vi saranno più elezioni per nuove nomine ed i compiti attualmente affidati ai consigli provinciali verranno assorbiti da altri enti territoriali, quali i comuni e le città metropolitane. Il tutto in attesa della modifica del suddetto articolo V della Costituzione per ridisegnare organi e funzioni delle nuove entità amministrative.

Futuro delle Province e Città Metropolitane:

I futuri presidenti delle province saranno scelti tra i rappresentanti dei consigli comunali dei centri che fanno parte del territorio provinciale e non avranno alcun compenso per il loro mandato di presidenti provinciali. Il ddl prevede infatti la gratuità per lo svolgimento della funzione di presidente e consigliere provinciale dato che i rappresentanti saranno presi tra gli esponenti dei vari comuni e che di conseguenza percepiranno già l’indennità dai comuni stessi.
Con la riforma delle Province si va quindi ad abolire la carica mantenendo salve alcune competenze che verranno ‘spalmate’ tra gli amministratori di altre entità territoriali. Enti territoriali che in taluni casi, quelli relativi alle grandi città, vedranno la nascita delle Città Metropolitane delle quali si parla da tempo e che sono previste a partire dal 1 gennaio 2015.
Si tratta di enti territoriali già previsti dalla Costituzione ma mai effettivamente decollati e che a partire dal 2015 diventeranno (o almeno dovrebbero) realtà per 10 grandi città: a parte Roma, che in quanto Capitale già gode di una disciplina speciale, le altre città metropolitane saranno Milano, Torino, Genova, Venezia, Bologna, Firenze, Napoli, Bari e Reggio Calabria.
Relativamente a queste grandi città quindi, a decorrere dal 1 gennaio 2015 le Province e le relative funzioni saranno assorbite dalle nuove entità delle Città Metropolitane.

Quanto si risparmierebbe con l’abolizione delle Province?

Per le altre città non incluse tra queste, si assisterà ad unioni e fusioni tra comuni affini per assorbire quelle che, ad oggi, sono le funzioni delle Province. Nessuno degli organi che nascerà per assorbire le funzioni ad oggi in capo alle Province prevede un compenso. Un’ operazione comunque non facile né veloce se si tiene conto che, ad oggi, i dipendente delle Province sono in tutto oltre 60mila. Ci vorrà del tempo prima di vedere una stabilizzazione effettiva delle funzioni svolte ad oggi dalle province.
Per quanto riguarda i risparmi e la riduzione dei costi legata all’ abolizione delle Province, attualmente queste si spartiscono una quota di soldi pubblici tra i 10 ed i 15 miliardi di euro; si tratta di soldi che, comunque, vengono spesi (o almeno dovrebbero) per voci di interesse per la comunità come ad esempio l’edilizia scolastica  che ad oggi è in capo alle Province.
La voce sostanziale di risparmio sarà quindi quella relativa a stipendi di presidenti ed assessori delle varie Province italiane; una stima relativa al 2011 parlava di un costo totale di circa 110 milioni di euro. Che con questa riforma saranno tagliati pur non rappresentando certamente una grande voce di spesa né un onere eccessivo per lo Stato.

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Scritto da

Giornalista scomodo - "L'unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede..."

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