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La strage di Erba: storia, protagonisti e vittime
Tutta la vicenda ha origine l’11 dicembre del 2006; ci troviamo ad Erba, piccolo comune di 16mila abitanti in provincia di Como. È sera quando in via Diaz 25 un appartamento prende fuoco e sono costretti a intervenire i Vigili del Fuoco; giunti sul posto per domare l’incendio, si accorgono di un particolare raccapricciante. La presenza di quattro cadaveri sul luogo, oltre ad una quinta persona ancora viva seppur gravemente ferita. I corpi senza vita appartengono a:
- Raffaella Castagna, 30 anni volontaria presso una comunità per persone disabili;
- Paola Galli, 57 anni e mamma di Raffaella;
- Youssef Marzuok, bimbo di due anni;
- Valeria Cherubini, 50 anni, vicina di casa di Raffaella sposata con Mario Frigerio, ovvero l’unico sopravvissuto alla strage seppur in gravi condizioni al punto che verrà trasferito all’ospedale di Como dove resterà per un mese in coma.
Le vittime sono state uccise a colpi di spranga e coltello: cosa è successo ad Erba, in quell’appartamento? I segni evidenti di un delitto efferato si mischiano con l’incendio che sta divampando nel locale. Gli inquirenti ricostruiscono la vicenda che ha inizio verso le 8 di sera, quando Valeria Cherubini, appena rientrata con il marito Mario Frigerio, si appresta ad uscire di casa per portare a spasso il cane; è una serata come tutte le altre ma arriva un qualcosa che sconvolge la calma.
Lei e il marito Mario avvertono alcune urla, una in particolare molto forte; pensano si tratti di una lite, come accade spesso, tra la vicina Raffaella e il marito Azouz. Valeria decide di uscire ugualmente e dopo 15 minuti circa rincasa con il cane. Nel farlo nota una nube di fumo nero che proviene dall’appartamento dei vicini; intimorita da quanto sta accadendo decide di andare a controllare insieme al marito.
Il ritrovamento dei corpi
Valeria viene aggredita sulle scale e, secondo quanto ricostruito dopo, finita in casa con un’arma da taglio; il suo aggressore la ferisce in modo grave e lei non può far altro che trascinarsi al piano superiore, dove viveva, lasciando evidenti tracce di sangue sulle scale. 34 coltellate e 8 sprangate la condannano a morte.
Anche il marito Mario Frigerio viene aggredito e accoltellato alla gola, ma riesce a salvarsi solo perché gli aggressori lo credono morto; resterà un mese in coma e sarà l’unico sopravvissuto alla mattanza, diventando testimone oculare di primaria importanza.
All’interno dell’appartamento che ha preso fuoco ci sono anche i corpi senza vita di Raffaella Castagna, colpita ripetutamente con una spranga, accoltellata con 12 fendenti e poi sgozzata; di sua madre Paola Galli, anche lei raggiunta da coltellate e sprangate; e del piccolo Youssef, due anni e tre mesi, figlio di Raffaella, raggiunto da una coltellata alla gola che gli ha reciso la carotide. Al termine della strage i responsabili hanno dato fuoco all’ appartamento per cancellare le tracce e depistare le indagini.
Indagini sulla strage
Dalle prime indagini viene rilevato come gli aggressori fossero stati due, uno dei quali mancino, armati di coltelli e spranga. Il procuratore di Como Alessandro Lodolini cui vengono affidate le indagini concentra inizialmente le attenzioni sul marito di Raffaella: si tratta di Azouz Marzouk, tunisino di 26 anni con precedenti per spaccio di droga e uscito di galera grazie ad un indulto.
Ma Marzouk ha un alibi: al momento dei fatti era in Tunisia a visitare i genitori. Alibi che viene confermato dagli inquirenti che iniziano allora a seguire altre piste. Come quella di un regolamento di conti proprio verso Marzouk. C’è poi un’altra pista che prende piede partendo dal comportamento anomalo di due vicini di casa di Raffaella; i quali avevano, in passato, avuto grane legali con la stessa ragazza.
Comportamenti sospetti che inducono gli inquirenti a mettere sotto controllo l’abitazione e l’automobile di questi vicini di casa; si tratta di Olindo Romano e Rosa Bazzi. Entrambi presentano ferite alle mani e le intercettazioni ambientali non fanno che alimentare i dubbi sulla coppia; che vengono confermati dal rilevamento di tracce di sangue nella loro automobile.
Dopo altre ricerche da parte degli inquirenti, si arriva ad una svolta; in data 9 gennaio 2007, a meno di un mese dalla strage, Olindo Romano e Rosa Bazzi, i vicini di casa delle vittime, vengono arrestati con l’accusa di omicidio.
L’arresto di Olindo Romano e Rosa Bazzi
I due sono marito e moglie, lui netturbino e lei domestica; vengono descritti come persone strane, estremamente chiuse, non favorevoli ai rapporti sociali. Tuttavia nel loro passato non vi sono macchie. Le prove a loro carico derivano soprattutto dalle tracce del dna di Valeria Cherubini rinvenute dagli uomini dei Ris di Parma nell’automobile di Olindo.
I due coniugi tentano di difendersi sostenendo di aver trascorso la serata a Como in un McDonald’s e al riguardo mostrano anche uno scontrino che segna tuttavia un orario differente rispetto a quello della strage. Dopo alcuni giorni di resistenza, l’11 gennaio Olindo Romano e Rosa Bazzi confessano di essere gli esecutori materiali della strage: i due coniugi descrivono la mattanza con una accuratezza tale da non lasciare spazio a dubbi.
Circostanze che saranno confermate dall’unico sopravvissuto, Mario Frigerio, quando un mese dopo si sveglierà dalla strage. Il movente della mattanza è piuttosto sorprendente; si parla delle frequenti discussioni tra vicini di casa dovute al troppo rumore che Raffaella Castagna era solita fare e che, più volte, avevano portato anche a contenziosi legali e litigi.
Processi e ritrattazioni
Il caso sembrerebbe essere chiuso ma ci sono ancora alcuni colpi di scena pronti a saltare fuori: primo tra tutti, in data 9 ottobre 2007 Olindo Romano di fronte al giudice per l’udienza preliminare che deve decidere se dare il via al processo ritratta del tutto la propria confessione.
La stessa cosa fa anche Rosa Bazzi, comportamento che lascia pensare ad una precisa strategia difensiva. Romano più avanti sosterrà di essere stato indotto a confessare dai Carabinieri, con l’inganno e dopo un lavaggio del cervello. Due giorni dopo arriverà comunque il rinvio a giudizio per i due coniugi.
Inizia il processo di I grado e ciò che più impressiona è l’atteggiamento con il quale i due vivono le udienze; sempre vicini, scambiandosi sorrisi, effusioni e gesti di tenerezza anche quando in aula compaiono le macabre immagini del corpo piccolo Youssef, barbaramente ucciso a due anni e tre mesi. In data 26 novembre 2008 vengono condannati in I grado: ergastolo, con 3 anni di isolamento diurno è la pena comminata ai due coniugi.
Due anni dopo, aprile del 2010, la pena viene confermata in appello dalla corte d’Assise di Milano; a mettere il punto sulla strage di Erba sarà la sentenza della Cassazione che confermerà le condanne in data 3 maggio 2011. Rosa Bazzi e Olindo Romano sono definitivamente riconosciuti colpevoli della strage di Erba.
I due coniugi sono detenuti a Milano nel carcere di Opera, per quanto riguarda Olindo; e nel carcere di Bollate, per quanto riguarda Rosa. In data 27 agosto 2014 termina il loro periodo di isolamento della durata di 3 anni.