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L’esplosione nella sala d’aspetto della stazione Centrale:
È il 2 agosto del 1980 quando nella sala d’aspetto dei treni di seconda classe della stazione centrale di Bologna esplode una bomba. Non uno scoppio qualunque, un vero e proprio boato che con un fragore immenso provoca il crollo delle strutture che si trovavano sopra alle sale di aspetto della prima e della seconda classe.
L’esplosione fu così fragorosa che investì anche un treno che sostava al binario 1, il treno Ancona – Chiasso, e causò il crollo di circa 30 metri di pensilina. Su un tavolo era stata poggiata una valigia con all’interno un carico di tritolo e T4 con gelatina. Un mix letale che andò ad abbattersi su molti inconsapevoli e innocenti seminando morti e feriti.
Le vittime della strage di Bologna furono in tutto 85, moltissimi i feriti; lo sgomento nella popolazione fu tanto e tale da invogliare i cittadini locali a rimboccarsi le maniche per aiutare i soccorritori. Le immagini delle macerie della stazione e dei soccorritori che scavano sono diventate emblema di quella vicenda. Così come l’orologio della stazione di Bologna, fermo sulle 10:25. L’orario della strage.
Prime indagini, depistaggi e presunti colpevoli:
A 35 anni da quella strage efferata mancano ancora i nomi dei mandanti, il movente e, per molti, anche i reali esecutori. Ma procediamo con ordine.
Inizialmente si tentò di indicare quale causa del disastro lo scoppio accidentale di una vecchia caldaia posizionata nei sotterranei della stazione. Versione (uno dei primi depistaggi della vicenda stazione di Bologna) smentita subito dalle prime indagini che evidenziarono invece una matrice dolosa di natura terroristica.
Le attenzioni si spostarono subito sull’eversione nera, ovvero sul terrorismo neofascista. Cosa che accadeva spesso in quel periodo; nel lasso di tempo che va dal 1969 (inizio dei cosiddetti Anni di Piombo, e data della strage di piazza Fontana a Milano) al 1984, molti episodi di terrorismo con finalità destabilizzante furono addossati al terrorismo nero di matrice neofascista.
A ragione, secondo alcuni; per coprire mandanti e autori più importanti, secondo altri. Anche la strage di Bologna non mancò di dar vita a questo contrasto.
La pista dell’attentato neofascista:
Il giorno successivo alla strage, il giornale l’Unità esce sostenendo con vigore la matrice fascista basando si su alcune presunte rivendicazioni da parte dei Nar, ovvero i Nuclei Armati Rivoluzionari, organizzazione terroristica neofascista nata e diffusasi a Roma tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80.
Si parlò anche di rivendicazioni dell’altra ‘sponda’, ovvero delle Brigate Rosse; in entrambi i casi vi furono poi telefonate di smentita dei due gruppi terroristici.
Il 4 agosto 1980, ovvero due giorni dopo la strage, l‘allora presidente del Consiglio Francesco Cossiga affermò che per la strage era chiara la matrice di destra. Qualche anno dopo, ammise di aver sbagliato a definire fascista la strage di Bologna anche a causa di informazioni parzialmente errate delle quali era venuto in possesso subito dopo l’attentato.
Intanto ai funerali delle vittime che si tennero il 6 agosto nella basilica di San Petronio, tutti i politici presenti ad esclusione del presidente della Repubblica Sandro Pertini furono fischiati. In data 26 agosto la Procura della Repubblica di Bologna emise 28 ordini di cattura per altrettanti militanti di estrema destra appartenenti ai Nar; tra questi, spiccavano Roberto Fiore, Francesca Mambro, Paolo Signorelli, Giuseppe ‘Giusva’ Fioravanti.
Depistaggio estero:
Pochi mesi dopo l’attentato, è il 13 gennaio 1981, sul treno espresso Taranto-Milano viene rinvenuta una borsa contenente armi, munizioni e un quantitativo di esplosivo simile a quello utilizzato nella strage di Bologna.
Ci sono anche due biglietti aerei appartenenti ad altrettanti cittadini stranieri legati al terrorismo internazionale: Martin Dimitris e Raphael Legrand. Tale ritrovamento avvenne grazie ad una soffiata del Sismi, il servizio segreto militare, ed era finalizzato a cercare di indirizzare le indagini della strage di Bologna su una pista internazionale.
Il depistaggio sarebbe stato opera di due ufficiali del Sismi, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, su indicazioni dell’allora capo della loggia massonica P2 Licio Gelli. Ne tentativo di depistaggio rientrerà anche l’allora Nar Massimo Carminati, poi assolto in appello.
Francesca Mambro e Giuseppe Fioravanti accusati:
I due appartenenti al nucleo dei Nar vennero incastrati da un comune delinquente di strada. Tal Massimo Sparti, esperto nel procurare documenti falsi, raccontò di aver ricevuto confidenze precise da parte del Fioravanti in riferimento alla sua implicazione nell’attentato.
Testimonianza che risulterà decisiva malgrado il fatto fosse parzialmente contraddittoria e smentita da alcuni familiari di Sparti. La sentenza di condanna si baserà proprio su questa testimonianza. Le cronache ci dicono che Sparti era un delinquente comune il quale, dopo aver reso questa fondamentale testimonianza, fu ricoverato in una struttura ospedaliera carceraria a Pisa in quanto gli venne diagnosticato un tumore in fase terminale.
Tuttavia, riuscì a sopravvivere altri 20 anni e morì per altre cause. Tutti elementi che portarono sospetti sulla sua testimonianza.
Processi e sentenze:
La sentenza di I grado arrivò nel luglio 1988 e fu la seguente:
- 4 ergastoli per Francesca Mambro, Giuseppe Fioravanti, Massimiliano Fachini e Sergio Picciafuoco.
- 10 anni a Licio Gelli, Francesco Pazienza, al generale Pietro Musumeci e al colonnello Giuseppe Belmonte per calunnia pluriaggravata.
- 8 condanne per banda armata per Francesca Mambro, Giuseppe Fioravanti, Massimiliano Fachini, Sergio Picciafuoco, Paolo Signorelli, Roberto Rinani, Egidio Giuliani, Gilberto Cavallini.
La particolarità della condanna fu, e continuò ad essere, il fatto che Francesca Mambro e Giuseppe Fioravanti ammisero tutte le loro responsabilità per altri delitti commessi ma continuarono sempre a rinnegare un loro ruolo nella strage di Bologna.
Nel luglio del 1990 arriva la sentenza d’appello che annullò i 4 ergastoli affermando che Francesca Mambro, Giuseppe Fioravanti, Massimiliano Fachini e Sergio Picciafuoco non erano stati gli autori materiali della strage. La sentenza sarà annullata dalla Corte di Cassazione che sancì come il processo andasse celbrato nuovamente.
Nel frattempo nel marzo 1991 l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga affermò di essersi sbagliato nell’aver indicato nell’estrema destra la pista da seguire.
Il nuovo processo:
Il muovo processo prende il via nell’ottobre del 1993. L’estate successiva arriva la condanna all’ergastolo per Fioravanti, Mambro e Picciafuoco. Assolto Fachini. Condannati poi per depistaggio Gelli, Pazienza, Musumeci, Belmonte.
Sentenze confermate nel novembre del 1995 dalle sezioni unite della corte di Cassazione. Solo per Picciafuoco viene disposto l’annullamento della sentenza. Verrà poi assolto definitivamente per non aver commesso il fatto.
Così come Luigi Ciavardini, anche lui ex Nar e che all’epoca della strage di Bologna era minorenne. Viene prima assolto dal tribunale dei minori ma successivamente condannato dalla Corte d’appello di Bologna, sezione per i minorenni, per la strage. Per lui chiesti 30 anni, condanna annullata poi dalla Cassazione in data 2003 e ribadita infine definitivamente dalla Cassazione nel 2007. Secondo quest’ultima sentenza, Ciavardini aiutò Fioravanti e Mambro nell’esecuzione della strage e vi partecipò materialmente.
Altre tesi sulla strage:
Malgrado le condanne definitive, i dubbi sulla strage continuarono a persistere e le domande non hanno trovato tutt’ora risposte esaustive. Nel 2008 Cossiga parlò di Bologna come un incidente dei palestinesi che fecero saltare in aria le valigie piene di esplosivo. Anche più tardi parlerà di una bomba che era destinata ad obiettivi esteri e che, in transito in Italia, era scoppiata per errore.
Un’ altra pista arrivò dal terrorista internazionale noto come Carlos lo Sciacallo, che aveva collaborato anche con i palestinesi del Fplp (Fronte popolare della Palestina). Ascoltato per rogatoria a Parigi dove era detenuto, Carlos in riferimento alla strage di Bologna affermò che non era stata opera dei neofascisti. sostenendo che era roba più probabilmente accostabile alla Cia.
Accreditare questa pista significa accettare implicitamente l’esistenza del cosiddetto Lodo Moro, ovvero una sorta di patto sotterraneo, negato ovviamente dalle istituzioni, che prevedeva l’immunità per il transito e il deposito di armi in Italia da parte dei gruppi palestinesi in cambio dell’impegno dei palestinesi a non compiere attentati sul territorio italiano.
In sostanza un patto segreto tra istituzioni dello Stato e terrorismo palestinese che in molti, nel tempo, hanno negato esistere. Un altro dei tanti misteri intorno alla strage di Bologna che, a 35 anni di distanza, manca ancora di risposte soddisfacenti.