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Misteri di Cronaca Nera

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Il Mostro di Firenze: storia di Pietro Pacciani. Gli omicidi

Il Mostro di Firenze, chi è stato, chi è? “Io ho sempre lavorato nei campi e da questi fatti sono innocente come il Dio sulla croce. Credetemi! Verrà fuori! Lo prego notte e giorno che faccia scoprire la verità. Gesù è mio fratello. Io ho voluto bene a tutti, non l’ho fatto questo male io. Un contadino che va a lavorare la terra non l’ha il tempo nemmeno di legarsi le scarpe. Che devo fare? Io ho detto tutta la verità”.
Parole di Pietro Pacciani, queste, dette alla fine di un processo iniziato il 19 aprile 1994 e conclusosi il 1 novembre dello stesso anno, che gli imputava 16 omicidi commessi tra il 1968 e il 1985. La corte d’assise di Firenze lo dichiarò colpevole di tutti i delitti a lui ascritti, eccetto il duplice omicidio del 1968, per il quale non furono prodotte prove sufficienti.
Ergastolo, questa fu la sentenza, con isolamento diurno per la durata di tre anni. Il killer delle coppiette, il Mostro di Firenze è dunque lui, Pietro Pacciani, almeno, così sembrerebbe. Già, c’è il condizionale di mezzo, perché i fatti, e sono tanti, così come le prove addotte, benché non lascino dubbi su alcune colpevolezze, istillano qualche perplessità.
Perplessità esistenti da sempre, che fecero assolvere poi Pietro Pacciani in appello il 13 febbraio 1996, dichiarandolo innocente. La storia del Mostro di Firenze passa anche da qui.

 

I “Sette delitti sette” più uno del Mostro di Firenze:

Non colpevole, quindi, ma per poco, la Cassazione rigettò la sentenza e, in virtù di nuove prove e di vizi di forma, chiese un secondo processo. Insomma, una vicenda altalenante, brutta, lunga e controversa, che sconvolse l’opinione pubblica, dividendola tra innocentisti e colpevolisti.
Una vicenda di cronaca nera lunga più di trent’anni e ancora a scena aperta, divisibile, per sintesi, in tre fasi distinte: omicidi; processi; nuove indagini. Processi e condanne che hanno prodotto dei colpevoli, ma anche originato nuove azioni investigative, lasciando, di fatto, quel punto interrogativo iniziale senza una valida, esaustiva e conclusiva risposta in riferimento alla verità sulla storia del Mostro di Firenze. Di seguito tutti i delitti del mostro:

1. Il delitto di Borgo S. Lorenzo:

1974, 14 settembre, Borgo S. Lorenzo, a nord di Firenze. Sabato sera. Pasquale Gentilcore, 19 anni e Stefania Pettini, 18 anni, sono all’interno di una Fiat 127 ferma in uno spiazzo appartato. Verso mezzanotte, un colpo di pistola manda in frantumi un finestrino dell’auto. Seguono altri spari, cinque proiettili calibro 22 uccidono Pasquale.
Anche Stefania è raggiunta dai colpi, tre, ma è solo ferita. Qualcuno, allora, la afferra e la trascina fuori della macchina, pugnalandola tre volte al petto. L’assassino poi, lasciato il corpo esanime della ragazza, raggiunge di nuovo l’auto, infierendo sul corpo dell’uomo con l’arma bianca. Ritorna quindi da Stefania e la colpisce con altre novantasei pugnalate.
La ragazza fu ritrovata nuda, con un tralcio di vite infilato nella vagina. Questo delitto fu attribuito a un ignoto maniaco sessuale e tutto finì lì, per sette anni.

2. Delitto di Scandicci e asportazione dell’ utero:

1981, 6 giugno, Scandicci, a sud di Firenze. Sabato sera.  Una Fiat Ritmo è parcheggiata nella campagna di Mosciano, località Villa Bianca. Nella macchina ci sono Giovanni Foggi, 30 anni, e Carmela De Nuccio, 21 anni. Improvvisamente, un colpo di pistola rompe il finestrino anteriore della macchina.
Sono sparati altri colpi, tre raggiungono l’uomo e cinque la donna. Giovanni e Carmela muoiono. L’uomo è ritrovato sul sedile di guida. Su di lui, l’assassino ha inferto due colpi di arma bianca, uno al collo e uno al torace. La donna, invece, è a dodici metri dalla macchina, supina e con i vestiti addosso.
Le sono stati tagliati i jeans all’altezza del cavallo e con tre colpi netti, precisi, l’utero è stato asportato. I proiettili sparati sono di una Beretta calibro 22 Long Rifle, in commercio dagli anni Cinquanta, caricata con munizioni Winchester che riportano sul fondello del bossolo la lettera H. La perizia dimostrerà che è la stessa pistola del delitto del 1974. I segni lasciati sul bossolo, dal percussore e dall’estrattore, non lasciano dubbi.
I due delitti sembrano quindi legati tra loro. Stessa arma, stessa tipologia di vittime, stesso accanimento sui cadaveri e stessa tecnica. Si inizia a indagare nel giro dei guardoni. Tra questi viene fuori un sospetto, uno che guida le ambulanze, Enzo Spalletti, la cui auto, una Ford Taunus, è stata vista quel 6 giugno in prossimità del luogo del delitto.
L’autista ha anche raccontato alla moglie particolari dell’omicidio di Scandicci. Particolari riguardanti la mutilazione subita da Carmela, troppo precisi e, soprattutto, riferiti la domenica mattina, il giorno dopo il fattaccio, quando le notizie circa l’accaduto non sono ancora state rese pubbliche. Il 15 giugno 1981 Enzo Spalletti è arrestato ma, mentre è in carcere, altri due duplici omicidi, del tutto simili ai precedenti, sono messi in atto nei dintorni di Firenze.

3. Susanna Cambi e Stefano Baldi: un’altra coppietta uccisa

1981, 23 ottobre, Calenzano, pochi chilometri a nord di Firenze. Giovedì sera. Una Golf Volkswagen è ferma lungo un viottolo di campagna; al suo interno ci sono Susanna Cambi, 24 anni, e Stefano Baldi, 26 anni. Da fuori qualcuno spara. Quattro colpi di pistola uccidono Stefano e cinque Susanna. Post mortem, sono inferti i colpi di pugnale: quattro sull’uomo, sul dorso e sul collo, e due sulla donna, sotto il seno sinistro e sulla scapola destra.
I corpi sono ritrovati fuori della macchina. Stefano è in un fossato, Susanna in un canale di scolo, supina, ha la gonna tagliata davanti e gli slip recisi a sinistra. L’utero le è stato asportato. I proiettili sparati sono del tipo Winchester serie H calibro 22.
Enzo Spalletti è scagionato e in seguito scarcerato. Il Mostro  di Firenze non è lui. Sale ora l’interesse tra la gente. Girano le voci, le notizie si allargano a macchia d’olio, occupano le prime pagine dei giornali e le trasmissioni televisive delle 20:30. Il caso del mostro diventa nazionale. Non siamo più alla presenza di un maniaco. Esplode, nell’immaginario collettivo italiano, grazie ad una fortissima risonanza mediatica, l’idea agghiacciante dell’esistenza di un serial killer.
La polizia e i giornalisti che seguono le indagini sono ancora impreparati per investigare su casi del genere, non si conoscono, infatti, i profili comportamentali né la mentalità tipica di chi commette crimini violenti e seriali. “Quella – dicono in molti – E’ roba americana”. E in America, comunque, è solo dagli anni Cinquanta che si è cominciano a distinguere e catalogare le varie forme di omicidio, ufficializzando, per gli omicidi seriali, il termine serial killer dal 1992.

4. Baccaiano di Montespertoli, uccisi a 19 e 22 anni:

1982, 19 giugno, Baccaiano di Montespertoli, 25 Km a sud di Firenze. Sabato sera. Antonella Migliorini, 19 anni, e Paolo Mainardi, 22 anni, sono all’interno della loro Seat 147, parcheggiata in una piazzola di sosta lungo la provinciale. Un colpo di pistola, attraverso il finestrino sinistro, raggiunge Paolo alla spalla, altri due colpiscono Antonella alla testa. La ragazza muore, mentre il ragazzo è solo ferito.
Preso dal panico, inserisce la retromarcia e cerca di scappare. La manovra è giusta, riesce ad uscire dallo slargo e a immettersi sulla carreggiata, ma la velocità è eccessiva e la macchina finisce con le ruote posteriori in un fosso, sul lato opposto della strada. E’ in trappola. L’assassino spara ai fari, poi al parabrezza e colpisce Paolo alla testa. Si avvicina alla Seat e spara di nuovo: due colpi sull’uomo e uno sulla donna.
La macchina è rimasta sulla strada, in vista. Troppo pericoloso compiere i gesti rituali. L’assassino va via senza praticare escissioni né deturpazione. Paolo è ancora in vita quando è ritrovato, poco dopo il fatto. Portato in ospedale, muore la mattina, senza aver mai ripreso conoscenza. I proiettili esplosi sono dei Winchester serie H calibro 22.
A questo punto c’è un colpo di scena. Francesco Fiore, Maresciallo in servizio a Signa nel 1968, si ricorda di un delitto compiuto proprio in quell’anno, molto simile a quelli che stanno avvenendo nelle campagne fiorentine e, soprattutto, messo in atto con un’arma da fuoco. Si riapre il fascicolo e, sorprendentemente, si scopre che le prove fisiche non sono state distrutte, come invece dovrebbe essere dopo che una sentenza è passata in giudizio. Bene. Perché il fascicolo contiene ancora i cinque proiettili sparati da una Beretta la notte del 21 agosto 1968: cinque Winchester serie H calibro 22.
La pistola è la stessa usata dal “Mostro”. In carcere, per questo duplice omicidio, c’è un colpevole: Stefano Mele. Stando alle conclusioni processuali, avrebbe ucciso lui la moglie, Barbara Locci, 32 anni, e l’amante di questa, Antonio Lo Bianco, 29 anni, mentre erano in macchina, in località Castelletti, parcheggiati nei pressi del cimitero di Signa.
Otto colpi, esplosi dall’esterno, colpirono, mortalmente, i due amanti. Nessuna mutilazione o pugnalata sui corpi seguì il duplice omicidio, ma il luogo era simile a quelli scelti dal Mostro di Firenze: appartato, nascosto, fuori mano; le vittime erano sempre una coppia di amanti; l’ora era la stessa, intorno a mezzanotte. E poi c’era la Beretta calibro 22, la pistola del “Mostro”.
Il serial killer dovrebbe, per logica, essere Stefano Mele. Ma Stefano Mele è in galera la notte del 19 giugno 1982 e anche in quelle del 1981 e del 1974 e non può essere dunque lui, materialmente, l’assassino. La chiave dell’enigma è la pistola. Che fine ha fatto la Beretta dopo il 1968? Era di Stefano Mele? A chi l’ha data? Da chi l’ha avuta?
Stefano Mele fa un nome: Francesco Vinci, uno legato all’anonima sarda, la pistola, quella calibro 22, la ha avuta da lui. Tutte le indagini si concentrano su Vinci e seguono adesso la pista del ”clan dei sardi”. Si scopre che l’arma è stata venduta a Franco Aresti, morto in Olanda nel 1963, un conoscente di Francesco Vinci e di suo fratello, Salvatore Vinci. Dell’arma, però, non risulta nessuna denuncia, vendita né lascito in eredità.
Il 7 novembre 1982, Francesco Vinci è indagato per tutti i duplici omicidi del Mostro del Firenze. Ma un anno e tre mesi dopo l’ultimo delitto, il serial killer colpisce di nuovo e con la stessa pistola.

5. Due turisti uccisi al Galluzzo:

1983, 9 settembre, Via Giogoli, al Galluzzo. Sabato sera. Uwe Jens Rusch e Wilhelm F. H. Meyer sono nel furgone Volkswagen attrezzato a camper. Stanno leggendo. Dall’esterno, sono sparati dei colpi di pistola che frantumano i finestrini laterali. Con estrema precisione i due ragazzi sono colpiti e rimangono uccisi. Tre colpi a testa, calibro 22 serie H.
Sui corpi, questa volta, nessuna mutilazione o colpo di lama. Uwe e Wilhelm sono due uomini. Dopo il duplice omicidio dei ragazzi tedeschi, Francesco Vinci, il secondo possibile mostro dei fattacci di Firenze, è scarcerato. Siamo, nuovamente, a un niente di fatto. La psicosi del serial killer intanto dilaga. Su tutti i muri di Firenze e provincia compaiono gli avvisi con la scritta: “OCCHIO ragazzi”. L’avviso è riportato anche in inglese: “WATCH OUT, KIDS! YOU COULD BE ATTACKED!”

6. Doppio omicidio e asportazione del pube

1984, 29 luglio, Vicchio, 35 Km a nord di Firenze. Sabato sera. Pia Rontini, 18 anni, e Claudio Stefanacci, 22 anni, sono fermi dentro una Fiat Panda nei pressi di un boschetto. Come per i precedenti delitti, l’assassino spara con una Beretta calibro 22 contro la macchina. Quattro proiettili, sempre tipo Winchester serie H, raggiungono Claudio al torace e all’orecchio destro, altri tre proiettili feriscono alla schiena Pia, che rimane seduta, priva di coscienza, sul sedile del passeggero.
Prima di colpire Pia alla gola con due pugnalate, per poi trascinarla fuori della macchina e asportarle il pube e il seno sinistro, il killer si accanisce sul corpo del ragazzo con dieci coltellate alla schiena e diverse altre agli organi genitali.

7. San Casciano, due turisti francesi uccisi

1985, 8 settembre, località Scopeti, San Casciano, 20 Km a sud di Firenze. Domenica sera. Due turisti francesi, Nadine J.G. Mauriot, 36 anni, e Jean Michel Kraveichvili, 25 anni, sono nella loro tenda da campeggio, nei pressi di un cimitero, quando cinque colpi di pistola esplodono, trapassando il riparo mobile. La tenda è poi tagliata accanto alla cerniera e sono sparati altri quattro colpi all’interno.
Il ragazzo riesce a scappare verso la radura, cercando di fuggire nell’oscurità ma, ferito e impossibilitato a correre velocemente, è raggiunto presto dall’assassino che lo pugnala a morte, lasciandolo riverso a terra. Nadine, invece, muore subito, è trascinata fuori della tenda e le sono asportati l’utero e il seno sinistro. I proiettili sparati sono di una calibro 22, tipo Winchester, serie H.
Fine. Con questo feroce delitto del 1985, si chiude la fase degli omicidi imputabili al “Mostro di Firenze”e inizia ad aprirsi quella che, attraverso le indagini, porterà ai processi e alle successive condanne.

 

Puntata successiva: Pietro Pacciani, il mostro di Firenze /2: indagini e sentenze

Pubblicato in Misteri di Cronaca Nera

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