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Chi era Felice Maniero
La maggior parte delle organizzazioni mafiose italiane ha sede nelle regioni meridionali del Paese. Tuttavia, nel nord-est d’Italia, negli anni ’80, nella regione del Veneto, un’organizzazione criminale è cresciuta alla ribalta internazionale. La Mala del Brenta, responsabile del fatto che Verona divenne nota come la “Bangkok d’Italia” per le sue operazioni di traffico di droga, fu riconosciuta dal Governo italiano come organizzazione criminale di tipo mafioso; per uno strano caso del destino, il suo capo più famigerato era soprannominato “Angel Face“. Faccia d’angelo.
Felice Maniero è un ex criminale italiano, capo della “Mala del Brenta” un’organizzazione che ha creato e ampliato ispirandosi alla mafia siciliana negli anni ’80 e ’90 in Veneto, nel ricco nord-est italiano. Noto come “Faccia d’angelo” per i suoi lineamenti, iniziò la propria carriera criminale aiutando suo zio a rubare bestiame, per andare poi a dar vita ad un gruppo criminale con altri sodali.
Storia della Mala del Brenta
Un gruppo piuttosto nutrito e ben avviato visto che negli anni è cresciuto, proprio grazie al fascino e all’intelligenza di Maniero, arrivando a contare oltre 500 componenti che erano soliti rapinare, trafficare armi da fuoco e droga. Il tutto finalizzato a conseguire enormi guadagni.
Creare dal nulla un’organizzazione criminale e mettersi in gioco nel commercio non è facile. Maniero ha dovuto allearsi con organizzazioni criminali preesistenti ma la maggior parte del suo successo è venuto dal suo stesso carisma. In meno di 10 anni è diventato il dominatore di tutto ciò che è accaduto in Veneto ed è stato in grado di corrompere anche politici e polizia.
Le malefatte di Felice Maniero
Nei primi anni ’80 Felice Maniero e la sua Mala del Brenta furono responsabili di una serie di rapine di alto profilo. Una di queste, all’aeroporto Marco Polo di Venezia, ha avuto luogo solo pochi giorni dopo il “crimine del secolo” nel Regno Unito; non solo le rapine erano distanti tra loro, ma erano anche notevolmente simili.
Dall’Aeroporto di Venezia era in partenza un carico di 170 chili d’oro per quella che passò alla storia come una rapina miliardaria, insieme a quella perpetrata ai danni del casinò di Venezia. Due delle azioni che più hanno caratterizzato l’epopea della Mala del Brenta (fonte: https://mattinopadova.gelocal.it/regione/2017/01/18/news/ecco-dove-ho-nascosto-i-beni-1.14736904).
E poi da ricordare ci sarebbero gli assalti dinamitardi, come quello sul vagone del treno Venezia-Milano a Vigonza, assalto che causò la morte di una studentessa universitaria di Conegliano, il furto di dei gioielli della Madonna Nicopeja nella Basilica di San Marco, quello della reliquia di Sant’Antonio nella basilica di Padova.
La fama di Felice Maniero
La fama di Maniero è incredibile, tratta con criminali stranieri, Marsigliesi, e anche con la camorra italiana, in particolare le famiglie Guida e Giuliano (fonte: https://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2012/13-marzo-2012/poliziotto-che-arresto-maniero-nessuno-imitera-una-fiction-2003668118432.shtml). Era anche amico del figlio di Franjo Tuđman, primo ministro croato che gli permise di mettere in piedi un commerci odi armi attraverso l’Adriatico (https://www.eastjournal.net/archives/2525).
Felice Maniero viene arrestato la prima volta nel 1980 ma evade; per ben due volte ad essere precisi, nel 1987 dal carcere di Fossombrone e successivamente dal carcere di Padova nel 1994. In quegli anni Manieri inizia anche a collaborare con la giustizia in quello che viene chiamato processo Rialto: non a caso si dice che era stato Felice Manieri a far nascere il gruppo della mala del Brenta e fu lui, dopo l’arresto a Torino del 1004, ad aiutare lo Stato a farla morire.
Fine della Mala del Brenta e processi
Il tutto a fronte della possibilità di godere di forti sconti di pena, come spesso in questi casi. È nel marzo del 2007 che si svolge, presso il Tribunale Collegiale di Venezia, la seconda parte del processo con 142 persone imputate con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso.
La prima parte dell’inchiesta ha portato a 37 condanne, 15 patteggiamenti (tra questi, anche quello di Felice Maniero), 9 prescrizioni, 8 proscioglimenti e 2 assoluzioni (fonte: https://monicazornetta.it/rialto/). In fase di appello le condanne sono confermate per 18 imputati, per altri 19 subiscono un leggero rialzo per un totale di 172 anni di carcere complessivi.
Maniero subisce una condanna definitiva di 17 anni di reclusione, 11 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso e 14 anni per sette omicidi, dei quali il boss ne ha riconosciuti solo cinque. Lo status di collaboratore di giustizia gli porta il vantaggio del cumulo delle pene, che da 25 anni sono diventati 17 (fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2010/08/22/felice-maniero-da-domani-faccia-dangelo-torna-ad-essere-un-uomo-libero/52149/).
Il ritorno in libertà di Maniero
Ammesso al programma di protezione in quanto collaboratore di giustizia, Felice Maniero cambia identità e vive con la famiglia in un luogo segreto, protetto, dove trascorre la sua pena. Nel febbraio 2006 il suo nome torna di attualità a causa del suicidio della figlia ventinovenne, in seguito ritenuto da alcuni un omicidio per vendetta nei confronti del padre (https://www.fanpage.it/attualita/la-figlia-di-felice-maniero-uccisa-per-vendetta-il-boss-nega-avrei-fatto-strage/).
A partire dal 23 agosto 2010 Felice Maniero torna ad essere un uomo libero con una nuova identità, sempre per sua protezione. Si dedica dapprima all’imprenditoria, tirando su insieme al figlio una azienda nel settore della depurazione idrica, azienda che fallirà nel 2016 (https://brescia.corriere.it/notizie/cronaca/16_febbraio_18/fallisce-azienda-felice-maniero-vendeva-acqua-depurata-comuni-654c3958-d654-11e5-8e4b-2c56813c9298.shtml).
Di nuovo alla ribalta della cronaca nel 2019, a causa di un arresto per violenza fisica e psicologica sulla compagna Marta Bisello con la quale conviveva a Brescia. Per la Corte d’appello di Brescia, le motivazioni di questa sentenza sono da ricercare nel fatto che “è evidente e logico il differente peso che può assumere una minaccia rivolta da un quisque de populo (una persona comune, ndr) e una minaccia proveniente da un soggetto pregiudicato come Maniero, che aveva commesso reati di ogni genere” fonte: https://milano.repubblica.it/cronaca/2021/01/21/news/felice_maniero_condanna_maltrattamenti_compagna_motivazioni_boss_mala_del_brenta-283570987/.
La figura ammantata di fascino
A fronte di tutto questo, ciò che resta della storia di Maniero è una ascesa criminale pazzesca, fatta di droga, omicidi, gioco d’azzardo, evasioni pittoresche dalle carceri. Tra le sue ‘malefatte’, da ricordare quella del 1991, quando il boss del Brenta ordinò ai suoi uomini di rubare le reliquie di Sant’Antonio a Padova, (https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1995/02/11/felice-maniero-ordino-il-furto-di-sant.html), una sorta di sfida nel confronti dello Stato per invitarlo a scendere a patti.
Tanti aspetti che hanno conferito, nel corso degli anni, una sorta di fascino a Felice Maniero, come spesso accade per i casi di cronaca nera a figure e personaggi che si rendono artefici di tante malefatte. La sua organizzazione di stampo mafioso si rese responsabile di tanti crimini e terrorizzò il nord est dell’Italia per un buon decennio, quello degli anni ’80.
Un criminale che gestiva un’organizzazione enorme, con circa 500 affiliati, di stampo mafioso, che aveva contatti con figure di spicco di altri paesi; Felice Maniero si stagliava in questa storia con la sua figura carismatica, amante dell’arte e della bella vita, in grado di accumulare miliardi di lire con le sue azioni criminali. Il finale ci parla poi di un uomo che, alle strette, divenne collaboratore di giustizia e contribuì, egli stesso, a far smantellare quella organizzazione che aveva tirato su, anno dopo anno, in modo certosino.