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Misteri di Cronaca Nera

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La decapitata di Castel Gandolfo: il mistero della testa mai trovata

Vittima: Antonietta Longo. Corpi di reato: guanti bianchi, un maglioncino rosso, smalto viola, un orologio marca Zeus. Accanto al corpo nudo e senza testa della vittima, più volte accoltellato al ventre, alla schiena e all’addome, ci sono un orecchino, un portachiavi e un frammento di fotografia raffigurante un uomo e una donna a braccetto. Omicida: sconosciuto.

Estate 1955. Castel Gandolfo. Roma. Antonio Solazzi e Luigi Barboni trovano, casualmente, in prossimità del piccolo e profondissimo lago di Castel Gandolfo, il cadavere decapitato e in avanzato stato di decomposizione di una donna.
Il corpo giace nudo tra i cespugli, a pochi metri dalla riva. Sul ventre sono visibili numerose ferite da taglio e al posto della testa è stata posta una copia del quotidiano Il Messaggero del 5 luglio.
I due, scioccati dalla macabra scoperta, non avvertono subito le forze dell’ordine. Hanno paura di essere incolpati. Lo fanno però due giorni dopo, il 12 luglio, spinti dalla necessità di togliersi dalla coscienza un peso troppo grande da sopportare.

Roma anni ’50 e ’60: i tanti episodi di cronaca nera

La paura di Solazzi e Barboni è presto giustificata dal clima saturo di criminalità che caratterizza la cronaca nera di quegli anni. Lo spiega bene Enzo Rava, cronista di nera proprio negli anni cinquanta e sessanta:
“A Roma, negli anni cinquanta e sessanta, in realtà, di grandi delitti non ne avvengono, perché la malavita romana è una tipica malavita, oggi diremmo, quasi per bene. Erano scippatori ma soprattutto borseggiatori, abilissimi nel loro lavoro e rispettosi della legge.
Per esempio, lasciavano a casa, i più intelligenti, il coltello, proprio del bullo, per non essere incriminati per tentata rapina. Allora si uccideva per avidità o per gelosia, per un pugno di soldi o per un pugno di gioielli.
Ma la società cambiava rapidamente, cominciava ad arrivare la televisione, arriva Lascia e Raddoppia, il Musichiere, arrivano Coppi, Bartali, la cagnetta Laika che gira intorno alla Terra, ma nel sottofondo della società non muta nulla.
Non passava settimana, o almeno non passava mese, senza che i cronisti di nera dovessero correre in qualche pineta, con i poliziotti, dove qualche sciagurato, un vizioso, un cliente, oppure uno sfruttatore, aveva ammazzato la prostituta a colpi di pietra. E insomma, eravamo sì in una città che stava diventando nuova, ma nella quale continuava a vivere il vecchio”.

I tanti omicidi irrisolti della Capitale:

Estate 1955, Roma sta cambiando pelle. Il boom economico, la crescita a fungo dei popolosi quartieri periferici, i suoi due e più milioni di abitanti, molti dei quali arrivati dalle periferie sperdute del Nord e del Sud dell’Italia, con valigie di cartone piene di sogni e di speranze.
E poi, l’esplosione delle innovazioni tecnologiche, la conquista dello spazio e le tante nuove possibilità che portano verso il benessere si mischiano al vecchio logoro modo di vivere, imposto anni prima dalla guerra e intriso ancora di sofferenze e ignoranza.
Come ogni epoca di passaggio, anche questa, dunque, in cui maturò e si attuò l’orribile omicidio di Antonietta Longo, è piena di contraddizioni, da un lato c’è una società in tumulto, che cerca di evolversi, di progredire e dall’altro, la stessa società, sembra invece rimanere vincolata alla violenza di strada, tipica delle grandi depressioni, con atti di ferocia e banale vendetta.

Donne che fanno le domestiche: le vittime preferite

La capitale d’Italia è la principale piazza di queste contraddizioni. Le pagine dei quotidiani dell’epoca raccontano, infatti, di una Roma costellata da molti omicidi rimasti poi irrisolti.
Le vittime sono spesso donne, quasi sempre ragazze che dalle province più lontane sono arrivate nella grande città in cerca di fortuna e di riscatto sociale, magari trovando un marito. Sono giovani donne in fuga dalle oppressioni e dalla povertà.
Alcune trovano lavoro presso famiglie della nuova, ricca e rampante borghesia, fanno le domestiche, le chiamano serve o cameriere, altre, le più sfortunate, finiscono in strada a fare le prostitute.

Chi era Antonietta Longo?

Antonietta Longo è una di queste ragazze, una delle fortunate. E’ nata a Mascalucia, in provincia di Catania, il 25 luglio 1925. Figlia di artigiani, rimane orfana all’età di tre anni e dopo un breve periodo trascorso con le due sorelle e il fratello è costretta, per indigenza, ad andare in un istituto e a rimanervi fino alla maggiore età.
Lascia poi la Sicilia e raggiunge la sorella Grazia a Camerino, dove rimane per un po’ di tempo, prima di decidersi a fare il grande passo verso Roma. Qui trova lavoro presso la famiglia del dott. Gasparri, fa la cameriera a tempo pieno, con vitto e alloggio.
Tutto sembra andare bene, ma il 30 giugno 1955 ritira una lettera dalla cassetta fermo posta e succede qualcosa. Il giorno dopo, infatti, 1 luglio 1955, ore 20:30, Antonietta Longo esce da casa e non fa più ritorno.
Di lei non si sa più nulla fino al giorno del ritrovamento del suo cadavere: fino al 12 luglio 1955.

La sparizione di Antonietta:

Le indagini che seguirono a quel 12 luglio, portarono all’identificazione del corpo senza testa grazie alle impronte digitali e al particolare modello di orologio che indossava la vittima, di cui erano stati prodotti solo 150 esemplari.
Cercando tra gli orafi di Roma e dintorni, setacciando tra le denunce di scomparsa, arrivate alle forze dell’ordine nelle settimane precedenti, gli inquirenti giunsero alla famiglia Gasparri.
Il confronto che effettuarono tra le impronte digitali rilevate nell’abitazione di questi e quelle del cadavere diede come risultato coincidenze inconfutabili. Così come le misure di Antonietta fornite dalla sua sarta, coincidevano perfettamente con quelle rilevate dagli inquirenti.
Il cadavere senza testa riuscì così, attraverso le impronte, un orologio e delle misure, a riappropriarsi del suo nome, era appunto quello di Antonietta Longo, trentenne, siciliana, cameriera, nubile.

Uccisa e decapitata:

Che cosa le era successo? Perché era stata uccisa e perché le era stata tagliata la testa? L’assassino cercava così di ritardare il suo riconoscimento? L’assassino era uno che Antonietta frequentava, un possibile fidanzato?
Il 5 luglio 1955, la ragazza aveva scritto e spedito una lettera ai suoi familiari, informandoli delle sue nozze imminenti con un uomo del quale, però, non forniva alcuna indicazione.
Indagando nella vita della donna si arrivò a un tale di nome Antonio, il possibile fidanzato, individuato e interrogato non fu però mai incriminato. E proprio la lettera ai familiari, quella del 5 luglio, e il quotidiano usato per coprire il cadavere, anche questo datato 5 luglio, spinsero gli investigatori a concludere che Antonietta Longo fosse stata assassinata quello stesso giorno.

Quale movente per questo delitto?

Ma torniamo alle ipotesi. Accantonata quella del fidanzato killer, poteva allora trattarsi di un omicidio a scopo di rapina? L’orologio d’oro, però, non le era stato rubato, lo aveva ancora al polso destro ed era fermo alle 03:33, ora della presunta morte.
Stabilire se quelle ore indicassero la mattina o il pomeriggio, non fu mai possibile, l’unico dato certo dichiarava che Antonietta era stata portata in quel posto del lago, presso Acqua Acetosa, e lì decapitata.
Lo confermò la copiosa quantità di sangue che impregnava il terreno fino a dodici cm sotto terra. Escluso anche il ladro killer rimaneva il maniaco. Si trattava di un maniaco sessuale o, forse, il colpevole era qualcuno che la vittima conosceva bene e che aveva rivelato, inaspettatamente, una mania omicida? Forse c’era dell’altro.

Il mistero dei soldi spariti e dell’aborto:

Ricostruendo gli accadimenti riguardanti gli ultimi giorni di vita di Antonietta, si scoprì che alcuni mesi prima aveva ritirato i suoi risparmi, che aveva depositato due valigie piene di vestiti e biancheria da corredo presso una cassetta della Stazione Termini e che aveva chiesto un mese di ferie al datore di lavoro.
Le due valigie furono ritrovate, i suoi risparmi, invece, circa 300.000 lire, sparirono per sempre nelle tasche di chissà chi. Quando uscì da casa, il 1 luglio 1955, alle 20:30, aveva con sé il biglietto ferroviario per Mascalucia, ma al suo paese d’origine non arrivò, non partì mai da Roma, trascorse invece quelle poche notti prima del 5 luglio in una pensione.

Qualcosa d’inconfessabile nella sua vita:

Altri particolari, informazioni, che si aggiunsero nel tempo alla trama di questa triste vicenda, lasciano intravedere qualche ombra indefinibile nella vita di questa sfortunata ragazza.
Qualcosa d’inconfessabile, di segreto e che, presumibilmente, fece da innesco all’esplosione omicida. Antonietta Longo, stando ai risultati dell’autopsia, aveva da poco abortito e, sempre secondo l’esame autoptico, la testa era stata staccata da mano esperta, tanto da far supporre che l’assassino fosse un medico.
Nel 1971, al dott. Gasparri arrivò una lettera anonima in cui era scritto che Antonietta Longo era morta in seguito ad un aborto e per questo sarebbe stata portata in riva al lago di Castel Gandolfo e lì decapitata.

Nessun processo, nessun colpevole:

A trentadue anni di distanza, nel 1987, nel lago fu rinvenuto un teschio, si pensò subito ad Antonietta Longo, gli esami, però, stabilirono che si trattava di un uomo; la testa della ragazza di Mascalucia non fu mai ritrovata.
Non ci fu nessun processo, nessun colpevole e nessuna verità, a parte quella ipotetica, per questo orrendo caso di cronaca nera italiana. Il corpo senza testa di Antonietta Longo fu poi riportato nel suo paese d’origine e lì sepolto, a Mascalucia.

 

Fonti:

  1. Enzo Rava, Gli inesplicabili delitti del lago, Manifestolibri
  2. La decapitata del lago, la storia siamo noi, RAI
  3. Museo Criminologico di Roma
Pubblicato in Misteri di Cronaca Nera

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