Chi era Milena Quaglini:
Chi l’avrebbe detto? Sembra impossibile. Erano persone tranquille. Una famiglia “normale”. Questo pensano e riferiscono ai giornalisti i vicini e i conoscenti. Lei, poi, è sempre stata riservata, non ha mai mostrato segni d’insofferenza o atteggiamenti aggressivi. Già, Milena non ha mai messo in piazza la sua sofferenza e la sua difficile situazione familiare. Solo dopo l’arresto e stando alle sue dichiarazioni, si mette in luce la realtà.
Soffre di una forte depressione, per altro mai curata, è infelice, frustrata e alcolizzata. Anche il padre beveva. Era un uomo aggressivo, manesco. Così come il marito, che spesso si ubriacava e la picchiava. Litigi violenti, dunque, depressione, alcol e umiliazioni spingono Milena a un gesto estremo.
In questo articolo parliamo di:
L’omicidio del marito:
Sabato 1 agosto 1998, aspetta che il marito si addormenti e poi gli passa una corda intorno alle caviglie e al collo. L’uomo si sveglia, cerca di reagire, ma è legato e cade dal letto. Milena allora lo colpisce sulla testa con un oggetto di legno. Poi prende la corda passata intorno al collo e comincia a tirare. Tira con forza, finché il marito muore.
In casa nessuno si è accorto di niente, neanche i vicini. Dormono tutti. Milena aspetta qualche ora, poi prende il corpo del marito e lo trascina in balcone. Aspetta ancora Milena, fino al pomeriggio del giorno dopo, quando si decide a chiamare i carabinieri.
Lei non voleva ucciderlo, solo mettergli paura. Lo ripete con insistenza ai giudici e al suo avvocato, Licia Sardo. Fatto sta che Mario Fogli è morto e che Milena, il 26 aprile 1999, è condannata a quattordici anni di reclusione dal tribunale di Voghera. Il caso Quaglini sembra chiuso. Dopo la condanna, l’avvocato Sardo ricorre in appello e a Milena sono concessi gli arresti domiciliari.
Detenzione e arresti domiciliari:
Passa un periodo di detenzione presso una clinica, per disintossicarsi, poi si trasferisce in una casa a Bressana, di proprietà di un amico. La sera del 5 ottobre 1999, però, i carabinieri la fermano per strada, è alla guida di una Regata bianca. Si è allontanata da casa e la denunciano per evasione. Due giorni dopo Milena è nuovamente fuori di casa. Questa volta è lei che avvisa i carabinieri, ha dimenticato le chiavi nell’abitazione e non può rientrare.
Così, il 7 ottobre 1999, le sono revocati gli arresti domiciliari e torna nel carcere di Vigevano. Il giorno prima, il 6 ottobre, è stata denunciata la scomparsa di Angelo Porrello. Si sospetta che l’uomo sia vittima di un regolamento di conti a causa del suo passato. Ad Angelo piacevano le ragazzine. Nel 1991 era stato in carcere per violenza sessuale su minori. Partono le indagini su un altro possibile delitto.
A casa di Angelo sono ritrovate scatole vuote di sonniferi, capelli di donna nel letto e due lettere spedite dopo il 7 ottobre. Aperte le missive, si scopre che a scriverle è stata Milena Quaglini. Proprio lei, l’uxoricida.
Gli altri delitti di Milena Quaglini:
Le indagini, allora, prendono subito un’altra direzione. La direzione di Milena. Salta fuori che in paese li hanno visti girare insieme, a bordo della macchina di Angelo, una Fiat Regata di colore bianco. Milena è interrogata e conferma di aver conosciuto Porrello. Ha risposto, infatti, a un annuncio che l’uomo ha pubblicato sul settimanale Passaparola: ”53 anni, divorziato, longilineo, casa propria, cerca compagna, max 40 anni per amicizia, convivenza, poi si vedrà”.
Convivenza, appunto, è questa parola che spinge Milena a chiamare Angelo Porrello. Infatti, ha litigato con l’amico che la ospita nella casa di Bressana e deve trovare una nuova sistemazione. I due fissano un appuntamento e s’incontrano.
Ad Angelo Milena piace e dopo un po’ di tempo le propone di trasferirsi a casa sua, a Bascapè, in provincia di Pavia. Milena accetta e comincia a traslocare le sue cose senza aspettare che il magistrato autorizzi il cambio domiciliare.
E’ il 5 ottobre 1999 ed anche l’ultima volta che Angelo e Milena sono stati visti insieme. Da quel giorno di Angelo si perdono le tracce. Il corpo dell’uomo, in avanzato stato di decomposizione, è ritrovato il 24 ottobre nella concimaia. Su Milena piovono tutti i sospetti, ma non si riesce a dimostrare nulla fino al 23 novembre 1999, quando è lei stessa a confessarne l’uccisione.
Il mix letale di sonniferi e antidepressivi:
Quel 5 ottobre 1999, dopo pranzo, Angelo l’ha aggredita. Le ha dato due schiaffi. Vuole che si spogli. Vuole fare l’amore con lei. Milena cerca di reagire, ma non riesce a fare niente e soccombe alla violenza. Poi, quando tutto è finito, prepara un caffè e scioglie nella tazza di Angelo pasticche di sonnifero e di un antidepressivo. L’uomo beve e cade stordito. Milena, allora, lo trascina nel bagno, lo spoglia e lo mette nella vasca. Chiude il tappo, apre l’acqua ed esce da casa.
Quando torna, è passata un’ora. L’uomo è morto. Lo prende, lo porta nella concimaia in giardino, pulisce tutto e va via. La confessione di Milena fa tornare in mente a qualcuno un altro caso di cronaca nera, un omicidio irrisolto avvenuto nel 1995 a Este, in provincia di Padova. Si rileggono, allora, i verbali di questo caso e si scopre che il corpo di Giusto Dalla Pozza, un pensionato di ottantatré anni, era stato ritrovato in fin di vita dalla governante, tale signora Milena Quaglini, che si era trasferita a Este dopo una separazione momentanea dal marito.
Si legge anche che è stata lei, il 27 ottobre 1995, a chiamare la polizia, denunciando il ritrovamento dell’anziano. L’uomo, che è poi morto in ospedale, giaceva sul pavimento della camera, in mezzo ad una pozza di sangue. Milena è subito interrogata e alla fine confessa anche questo terzo omicidio
Seminfermità mentale:
Il signor Giusto le aveva prestato dei soldi che rivoleva indietro. Era molto arrabbiato, racconta Milena, l’ha afferrata per un braccio e ha cominciato a strattonarla. Allora, lei ha preso una lampada e l’ha colpito più volte e con forza sulla testa, finché l’uomo non è caduto a terra.
Poi è andata via ed è tornata più tardi per chiamare il 113. L’avvocato di Milena si rende conto che c’è bisogno di una consulenza psichiatrica. La prima la fa il dott. Mario Mantero, criminologo e psichiatra, e conclude che Milena Quaglini è soggetta a infermità mentale. Non è in grado di intendere e di volere. Va curata e non punita.
La seconda non è una consulenza ma una perizia. La ordina il tribunale nel maggio del 2000. Per Gianluigi Ponti, professore di psicopatologia forense e criminologia all’Università di Milano, si tratta di vizio parziale di mente, in pratica, seminfermità mentale. Sentite queste due perizie, il 13 ottobre 2000, la corte d’assise d’appello di Milano riconosce la seminfermità mentale e riduce la condanna per la morte di Mario Fogli a sei anni e otto mesi.
E il 2 febbraio 2001, la corte d’assise di Padova riconosce solo l’eccesso colposo di legittima difesa e condanna Milena a un anno e otto mesi. Licia Sardo è soddisfatta, ma manca ancora la sentenza per l’omicidio di Angelo Porrello e le conclusioni di una terza perizia psichiatrica.
Milena Quaglini suicida in carcere:
Stando a quest’ultima perizia, fatta dal professor Maurizio Marasco, al momento dei fatti, Milena Quaglini, era capace di intendere e volere. “I tre reati hanno un comune denominatore: sesso, violenza e morte. La donna è spinta dal bisogno impellente di vendicarsi per i torti subiti, quasi a simboleggiare la vendetta nei confronti del padre. La triade rimanda alla figura criminologica del serial killer”.
Milena non arriva a conoscere la sentenza per l’omicidio di Porrello, prevista per la fine di ottobre 2001, muore suicida nel carcere di Vigevano la notte del 16 ottobre. E’ morta prima che il pubblico ministero potesse interrogarla in relazione ad un altro mistero di cronaca nera: l’omicidio irrisolto di Jesi, dove, in un appartamento, fu ritrovato il cadavere di un uomo e dove Milena abitò per diverso tempo.
Le indagini condotte, tuttavia, non diedero né risposte né conferme valide ai sospetti su di lei e il caso di Jesi è a tutt’oggi irrisolto. Se Milena Quaglini abbia ucciso o no una quarta persona, rimane un mistero.