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Misteri di Cronaca Nera

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Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio

1939. Dicembre. Leonarda Cianciulli è in casa, sta preparando il caffè. Sul fuoco, c’è anche una grossa pentola piena d’acqua. Tra non molto arriverà una sua amica. Una che spesso la va a trovare per farsi leggere le carte e togliere il malocchio.
A Correggio, dove Leonarda si è trasferita
da Lariano nell’Alta Irpinia dopo il terremoto del 1930, la conoscono come una maga abbastanza esperta, oltre che come commerciante di abiti usati. Leonarda ha quarantasei anni. Non è bella, anzi… i tratti del viso sono fin troppo maschili, è bassa e grassottella ma molto, molto brava nei suoi due lavori. E’ brava anche a preparare deliziosi pasticcini da servire con il tè e il caffè a tutte quelle signore che la vanno a consultare. Leonarda ci sa fare.
Tutti la rispettano. “La Cianciulli era una leader nata e una donna accattivante che col suo fascino puntava a esercitare un controllo assoluto su chi la circondava, ridotto a mero oggetto da sfruttare. Le uniche sue soddisfazioni le derivavano dalle sue manie di grandezza e dalla deferenza che le riservavano gli altri”. Lo dice Roberta Biasi del team di criminologi dell’Università di Bologna che nel 2010 ricostruirono questo agghiacciante caso di cronaca nera.

Primi delitti della saponificatrice

E il “caso”, appunto, prende inizio e comincia a evolversi il 17 dicembre di quel 1939, poco dopo che Faustina Setti è entrata nella casa di Leonarda per prendere il caffè. Faustina è in partenza. Tra poche ore, infatti, lascerà Correggio per trasferirsi a Pola, dove vive un uomo, un amico di Leonarda, che la vuole conoscere con l’intenzione di sposarla. Tutte bugie, è chiaro;  ma Faustina ci crede, eccome!
Ha 73 anni, è vedova e non vuole più vivere da sola. Per questo ha deciso di andare via e di lasciare tutti i suoi beni a Leonarda, che avrebbe poi pensato a venderli e a spedirle il ricavato. Ma prima di partire, come d’accordo, si è recata a casa della Cianciulli per salutarla. Faustina, tra l’altro, non ha avvisato nessun di quello che sta per fare. Leonarda le ha suggerito di non farne parola in giro, per non suscitare pericolose invidie e gelosie.
Adesso, però, la maga ci ha ripensato e, in attesa che il caffè sia pronto, le suggerisce di scrivere alcune lettere ai parenti, tanto per metterli al corrente e non farli preoccupare. Faustina è d’accordo. Le sembra giusto. Così si mette subito al lavoro. Carta e penna sono già lì sul tavolo. E’ così intenta a scrivere che non si accorge di ciò che sta per accadere.

Il corpo fatto a pezzi e cucinato nella pentola

Dietro di lei, immobile, c’è Leonarda con una scure in mano. Ancora pochi istanti e la maga diventerà la prima serial killer italiana, la Saponificatrice di Correggio. Improvvisamente, ecco che Leonarda sferra un colpo deciso sulla testa di Faustina. La donna cade a terra. E’ morta. In pochi minuti, la killer seziona il corpo in nove parti, mette i pezzi nella pentola sul fuoco e raccoglie il sangue in un secchio.
Gettai i pezzi nella pentola –Scrive Leonarda nel suo memoriale: Confessioni di un’anima amareggiata– Aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica che avevo comprato per fare il sapone e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue nel catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno, lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, impastando il tutto. Feci una gran quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe e io”.

I figli della saponificatrice di Correggio

Faustina, quindi, a Pola non ci arrivò mai. Ci andò invece Giuseppe, il figlio prediletto di Leonarda. Su ordine della madre e a quanto sembra ignaro di ciò che era accaduto e di quello che stava facendo, si recò a Pola per spedire quelle lettere scritte da Faustina ai parenti.
Giovanni era il maggiore dei quattro figli che Leonarda aveva avuto dal marito Raffaele Pansardi, sposato nel 1914 e poi lasciato poco dopo il trasferimento, nel 1930, a Correggio. La Cianciulli a quell’epoca aveva trentasette anni e di gravidanze non ne aveva avute soltanto quattro ma ben diciassette: tre parti prematuri, dieci figli le morirono quando erano ancora molto piccoli e solo tre maschi e una femmina, appunto quattro, riuscirono a sopravvivere.

Il delirio criminale della Cianciulli

Imputava le morti dei suoi bambini a una maledizione che la madre, Emilia Di Nolfi, aveva pronunciato contro di lei in punto di morte. La signora Emilia odiava Leonarda, frutto di una violenza carnale, a tal punto che le augurò una vita “piena di sofferenze e disgrazie”. E una zingara, poi, aveva anche rincarato la dose: “Ti mariterai – Le aveva predetto – Avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi”.
Era questa l’angoscia di Leonarda, la sua paura più grande: la morte dei figli. Tredici erano già morti e per i quattro sopravvissuti sarebbe stata disposta a fare qualsiasi cosa. “Non potevo sopportare la perdita di un altro figlio – Spiega Leonarda nel suo memoriale – Quasi ogni notte sognavo le piccole bare bianche inghiottite, una dopo l’altra, dalla terra nera…per questo ho studiato magia, ho letto libri di chiromanzia, astronomia, scongiuri, fatture, spiritismo. Volevo apprendere tutto sui sortilegi per riuscire a neutralizzarli”.
Secondo Augusto Balloni, un altro criminologo dell’Università di Bologna, il delirio criminale di Leonarda si manifestò quando i suoi figli maschi più grandi furono dichiarati idonei alla leva. Tutto cominciò da lì. “Il terrore di vederseli strappare via, per rischiare la vita sul fronte – Sostiene Augusto Balloni – Causò il black-out mentale”. Una notte, Leonarda sognò la Madonna che teneva in braccio un Gesù bambino nero e che le disse cosa doveva fare per salvare i figli: sacrifici umani.

I resti delle vittime trasformati in sapone

“Non ho ucciso per avidità – Ha sempre sostenuto Cianciulli – Ma solo per amore di madre”. Un amore che non le lascia scelta e che nell’estate del 1940 la porta a uccidere un’altra donna. A cadere sotto i colpi della scure, questa volta, è Francesca Soavi. Stesso copione. Anche lei è convinta da Leonarda a scrivere ai parenti, due cartoline, per annunciare la sua partenza da Correggio e il trasferimento a Piacenza.
Lì, sempre secondo quanto le ha assicurato Leonarda, c’è la possibilità di lavorare presso un collegio femminile. Bugie anche questa volta. I resti di Francesca diventano sapone, tutti i suoi averi finiscono nelle tasche della Saponificatrice e le cartoline sono spedite da Piacenza sempre per mano del figlio Giuseppe.

La mente intrisa di superstizione

La sociologa criminale, Raffaella Sette, sostiene che Leonarda aveva la mente talmente intrisa di superstizione: “… Che la sua visione della realtà era deformata, tanto da renderla una donna amorale, incapace di distinguere il bene dal male”. Quindi folle, giacché la follia si riconosce proprio dall’incapacità di percepire la differenza tra il bene e il male, a causa, primariamente, di un’interazione squilibrata tra il soggetto e l’ambiente che lo circonda. In pratica, i suoi brutali atti, non sono frutto solo dell’avidità, come sostenuto fino a poco tempo fa, ma sono stati condizionati, soprattutto, da un’alienazione mentale.
La follia di Leonarda colpisce per l’ultima volta il 30 novembre 1940. Virginia Cacioppo è un’ex cantante lirica di cinquantatré anni. Vive da sola. Non lavora e l’idea di lasciare Correggio per andare a Firenze, dove Leonarda le ha trovato un impiego come segretaria presso un misterioso impresario teatrale, la entusiasma molto. Come il solito, non deve dire niente a nessuno.

Prime indagini su Leonarda Cianciulli

Per quanto riguarda le sue cose, penserà Leonarda a venderle. Non deve preoccuparsi. E’ tutto stabilito e Virginia è pronta per partire. Il 30 novembre si reca nella casa della Cianciulli per salutare l’amica che la sta aspettando. Da quella casa, anche Virginia non uscirà più.
Finì nel pentolone come le altre due – Scrive ancora Leonarda nel memoriale – La sua carne era grassa e bianca. Quando fu disciolta, vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci erano migliori: quella donna era veramente dolce”.
A far scoprire i delitti fu una cognata sospettosa di Virginia Cacioppo. Virginia non le aveva voluto lasciare un indirizzo per mettersi in contatto e, cosa ancora più strana, le aveva venduto molti dei suoi abiti e altri li aveva lasciati alla Cianciulli. La cognata, quindi, quel 30 novembre, seguì la donna fino sotto casa della maga, la aspettò e non vedendola più uscire, avvisò il questore di Reggio Emilia che fece partire le indagini.

Confessione, arresto e manicomio giudiziario

La svolta arrivò nel gennaio del 1941, quando il parroco di San Giorgio in Correggio, Adelmo Frattini, mise in vendita dei titoli, tra i quali risultò esserci anche un buono del tesoro di proprietà della Cacioppo. Don Adelmo aveva avuto il buono dall’amante di Leonarda, tale Abelardo Spinabelli che non esitò a confessare di averlo ricevuto, a sua volta, dalla Cianciulli.
La Saponificatrice confessò i delitti e fu tratta in arresto. La sezione istruttoria della Corte d’appello di Bologna la dichiarò seminferma di mente e unica responsabile dei tre omicidi. Né il parroco né Spinabelli e tantomeno il figlio Giuseppe furono accusati di complicità. Trent’anni di carcere, preceduti da tre anni di manicomio giudiziario. Questa fu la sentenza emessa alla fine del processo.
Era il 1946. Il caso di cronaca nera relativo alla Saponificatrice di Correggio si era concluso. Leonarda Cianciulli non fu mai trasferita in carcere, morì il 15 ottobre 1970 nel manicomio criminale di Pozzuoli. Causa della morte: emorragia cerebrale.

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