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Misteri di Cronaca Nera

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L’omicidio di Giulio Regeni: quei dettagli che non tornano

È stato accolto da una folla di persone il feretro del ricercatore Giulio Regeni, arrivato la sera dell’ 11 febbraio 2016 per l’ultimo saluto a Fiumicello, in provincia di Udine.
La salma è stata trasferita nella chiesetta di San Lorenzo a pochi chilometri dal paese dove si sono stretti i genitori, Paola Deffendi e Claudio Regeni con pochi parenti per una preghiera in forma privata. Alla funzione cattolica pubblica che si è tenuta venerdì 12 febbraio nella palestra comunale del paese erano presenti oltre 2.000 persone.
Una morte ancora avvolta nel mistero quella di Giulio Regeni, il ricercatore italiano al Cairo per una tesi di dottorato, scomparso a metà gennaio e trovato cadavere poco più di una settimana fa. Chi ha ucciso il ricercatore? Per quale motivo tanta crudeltà?

La scomparsa di Giulio Regeni:

L’Italia fa sentire la sua voce e pretende una verità che non sia di comodo sulle cause che hanno portato alla morte del giovane ventottenne friulano, chiaramente seviziato e torturato. Una morte lenta e agonizzante.
Giulio Regeni, era uno studioso delle Primavere Arabe e del Medio Oriente, dottorando a Cambridge ed esperto di movimenti sindacali e operai. La sera del 25 gennaio, quinto anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir, il ragazzo scompare al centro del Cairo.
Il suo amico e tutor italiano, Gennaro Gervasio, docente di scienze politiche all’università britannica del Cairo, lo aspettava per cena nella zona di Bab al Louq con un altro professore egiziano, considerato un personaggio molto ascoltato negli ambienti della resistenza di Al- Sisi, Hassamein Kashek.
Il docente però, non vedendolo arrivare, contatta telefonicamente l’ambasciatore italiano al Cairo, Maurizio Massari che si mette in movimento per cercare di capire cosa possa essere successo al ragazzo.
Avverte l’intelligence italiana sul posto e invano prova ad avere un colloquio con il ministro degli Esteri e dell’Interno egiziano. Nulla da fare.

Ritrovamento del cadavere:

Il cadavere sarà ritrovato solo il 3 febbraio, scaricato vicino a una prigione dei dissidenti politici sulla parte superiore di un cavalcavia sull’autostrada che collega Il Cairo ad Alessandria d’Egitto.
Un luogo ai confini con la città, un quartiere isolato dove il ricercatore italiano non poteva arrivare da solo. Si tratta di un punto dove la viabilità è a scorrimento veloce ed è impossibile fermarsi casualmente, in particolare dopo il tramonto.
Una storia nebulosa dai caratteri inquietanti con smentite e depistaggi messi in atto dalle forze dell’ordine egiziane che inevitabilmente potrebbe avere ripercussioni sui rapporti diplomatici tra Italia ed Egitto.

Segni di tortura sul corpo e depistaggi dall’Egitto:

Inizialmente si era pensato a un incidente stradale. Poi il telefono che non si trova e il pc del ragazzo recuperato dai genitori e affidato agli investigatori italiani, rivendicato ora dalle autorità egiziane.
Cosa potrebbe contenere di così importante? Fatto sta che l’autopsia sul cadavere del ragazzo non lascia dubbi: a Giulio Regeni sono state strappate le unghie delle dita e dei piedi. Sono state fratturate sistematicamente le falangi, lasciando però intatti gli arti superiori e inferiori.
È stato mutilato un orecchio e ripetutamente colpito al torace, alle costole e alla schiena. Chi ha girato violentemente la testa di Giulio fino a spezzargli il collo forse si aspettava risposte che nemmeno il ricercatore conosceva.
Ipotesi. Supposizioni. Secondo gli investigatori italiani, è possibile che il ragazzo sia stato preso nel corso di una retata o scambiato per una spia e quindi torturato.

Ipotesi sul movente del delitto:

Il ricercatore, per via del suo dottorato, aveva molti contatti con i sindacati egiziani che hanno avuto un ruolo importante nella rivoluzione che nel 2011 portò alla caduta dell’allora presidente egiziano Mubarak e con attivisti anti governativi.
Sembra, infatti, che il ragazzo sia stato riconosciuto a una riunione sindacale tumultuosa a metà dicembre. Il ricercatore era preoccupato per questa eventualità, ma con le festività natalizie e il ritorno a casa, tutto sembrava tornato al proprio posto.
Potrebbe essere stato una sua fonte a tradirlo? Un amico sindacalista? Al momento non sappiamo con sicurezza cosa e come, l’unica certezza è che la realtà dei sindacati indipendenti al Cairo è burrascosa e non è esclusa l’ipotesi che possa essere stato scambiato per una spia occidentale.

Tra depistaggi e super testimoni:

Nel frattempo una nota attivista egiziana Mona Seif, ha diffuso tramite social network la notizia che l’investigatore capo che indaga sul caso del ricercatore italiano, fu condannato dal tribunale di Alessandria nel 2003 per aver falsificato una tortura, bollandola come incidente stradale.
Non si fermano le ricerche degli investigatori italiani. È stato ascoltato un super testimone, che sembra aver fornito i dettagli concreti che mancavano per ricostruire con certezza la vicenda e che potrebbe dare una svolta all’inchiesta.

Pubblicato in Misteri di Cronaca Nera

Scritto da

Calabrese, testarda e con la passione per il giornalismo.

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