Questo è un ricatto vogliamo 12 miliardi altrimenti uccideremo delle persone a caso in qualsiasi città sarà un bagno di sangue dovete pubblicare
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entro il 15-01-01 se non ubbidirete dopo le prime uccisioni manderemo copie alla tv e giornali
e magari a qualcuno verrà voglia di imitarci scateneremo il terrore.
11 gennaio 2001. Alla Questura di Milano arriva questo messaggio, scritto con un normografo. Nonostante al primo sguardo sembri una delle tante lettere di mitomani che quotidianamente giungono nei Commissariati o ai Giornali, la Questura meneghina decide di pubblicare l’annuncio. Il Commissario Alessandro Giuliano, all’epoca in servizio a Padova e che molto avrà a che fare con questa storia, dichiarerà a Pino Rinaldi nel corso della trasmissione “Commissari – sulle tracce del male” dedicata a Michele Profeta che lui probabilmente non l’avrebbe pubblicata, mentre a Milano avevano avuto visione.
In questo articolo parliamo di:
- 1 Serial Killer: definizione
- 2 Veneto, teatro di fatti criminosi
- 3 Profeta, primo delitto: il tassista ucciso
- 4 Il signor Pertini
- 5 Secondo delitto di Profeta: l’agente immobiliare
- 6 Arrestato il serial killer di Padova
- 7 Le indagini
- 8 Michele Profeta
- 9 Le testimonianze
- 10 Accusa e difesa
- 11 Cosa non torna
- 12 Michele Profeta, un serial killer singolare
Serial Killer: definizione
Il termine Serial Killer fu coniato dagli agenti dell’FBI, Robert Ressler e John Douglas, che fra gli anni 70 e gli 80 studiarono in maniera sistematica il fenomeno, incontrando 36 assassini seriali al fine di estrapolarne i tratti comuni.
Dal libro che narra la loro esperienza è stata tratta la Serie Netflix di successo Mindhunter.
La definizione ufficiale fornita dall’FBI nel “Crime Classification Manual” del 1992, fu:
“L’omicida seriale è colui che commette tre o più omicidi, in tre o più località distinte, intervallate da un periodo di raffreddamento emozionale”.
Ad oggi la definizione è ancora considerata valida, anche se il numero di omicidi necessari a stabilire che ci si trovi di fronte ad un assassino seriale è stato ridotto da tre a due.
Serial Killer negli USA e in Italia:
Quando sentiamo parlare di Serial Killer, istintivamente, pensiamo agli USA. Gli Stati Uniti infatti, complici gli spazi immensi, la sconfinata popolazione e una società piena di contraddizioni, come direbbe Manuel Fantoni in Borotalco, sono la Patria degli omicidi seriali. Stando ad un calcolo statistico negli USA si concentrano i due terzi di tutti Serial Killer contati nel mondo, ben 3.613, con il periodo di massima diffusione registrato negli anni 70.
I numeri italiani non hanno niente a che vedere, anche se gli assassini seriali del Belpaese contati dall’inizio del XX secolo ad oggi sono più di quanto si pensi: 95. Questo ci pone in settima posizione mondiale, davanti a Paesi come Francia, Germania, Russia che pure contano un numero di omicidi più elevato.
Veneto, teatro di fatti criminosi
Il Veneto operoso, il Nord – Est locomotiva d’Italia, il Veneto Cattolico, i luoghi comuni sulla terra di Goldoni, Casanova, Baggio e Del Piero si sprecano, quasi tutti tesi a descriverlo come un luogo in cui ci si alza presto, si lavora tanto, si cena presto e si va in chiesa la domenica.
Eppure, quella terra di campagne ed industrie è stata teatro di fatti criminosi e inquietanti, enclave di cellule terroristiche, episodi centrali nella Storia recente del nostro Paese e di cui tratteremo: la Mala del Brenta, Unabomber, Ludwig. E fu la regione di adozione di Michele Profeta, il Killer delle Carte da Gioco.
La questura di Milano, dicevamo, pubblica l’annuncio, e lo fa tutti i giorni dal 15 al 27 gennaio, eppure non succede nulla di significativo.
Profeta, primo delitto: il tassista ucciso
Il 29 gennaio, intorno alle 20.00, un taxi è fermo, accostato sulla sinistra, in Via Malaman, in pieno centro a Padova. Il guidatore, Pierpaolo Lissandron, è riverso sul volante, colpito da un proiettile alla nuca. Non è morto, perché è stato colpito da una pallottola calibro 32 scamiciata, cioè non ricoperta da uno strato di metallo e quindi meno letale. Morirà poco dopo in ospedale. Gli elementi raccolti all’interno dell’auto sono praticamente inesistenti, unica indicazione il tassametro ancora in funzione, che attesta come l’ultimo viaggio di Lissandron sia stato molto breve, giusto qualche centinaio di metri.
Non è una rapina finita male, in considerazione del fatto che l’assassino non ha toccato le 400.000 lire dell’incasso giornaliero né altri beni del tassista; difficile pensare anche a una vendetta, un regolamento di conti, un omicidio passionale, poiché l’esistenza di Lissandron, ad eccezione di una separazione non particolarmente conflittuale in corso, era regolare per non dire banale.
Chi ha ucciso il tassista di Padova?
Continueremo fino a quando non pubblicherete sul corriere della sera questa
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Padova 1.
Il primo febbraio la seconda missiva recapitata alla Questura di Milano squarcia il velo sull’indecifrabile omicidio di Padova. C’entra con il ricatto, con la delirante richiesta di 12 miliardi di lire pervenuta qualche giorno prima. Ma da parte di chi? Successivamente alla risoluzione del caso qualcuno ha voluto vedere in queste lettere un omaggio al Serial Killer Americano Zodiac, grafomane che inviava rebus e indovinelli agli inquirenti e che secondo quella che viene definita la Teoria dell’Acqua sarebbe anche il vero autore dei delitti del Mostro di Firenze.
Per contiguità geografica i messaggi possono sembrare un rimando alla sigla LUDWIG, duo di Serial Killer veronesi sospettati di essere solo la punta di un iceberg di cellule terroristiche, che erano soliti rivendicare le proprie azioni attraverso comunicati.
Qui però non ci sono molti elementi. Innanzitutto manca la firma e la minaccia, per quanto concreta, è anche del tutto vaga. Questi 12 miliardi lo Stato a chi dovrebbe versarli? Oltretutto la Questura di Milano aveva pubblicato già il primo annuncio, perché era seguito un omicidio e una richiesta identica? L’assassino non aveva letto il giornale giusto?
Il signor Pertini
Domenica 11 febbraio c’è una ragazza in allarme. Il suo fidanzato, l’agente immobiliare Walter Boscolo, non dà notizie dalla mattina precedente, quando si era recato in centro a Padova per un giro di visite. Lo cerca per tutta la sera del 10, quando lui non si presenta a un appuntamento, lo chiama tutta la notte a casa e sul cellulare fin quando non decide di andarlo a cercare. In agenzia c’è la sua agenda: per sabato 10 febbraio alle 12.00 è fissato un appuntamento per visitare un appartamento in Via San Francesco con accanto un nome: Pertini.
Fidanzata e amici si recano sul posto, salgono le scale e si ritrovano davanti alla porta dell’appartamento. All’interno la luce è accesa. A quel punto chiamano i pompieri.
Secondo delitto di Profeta: l’agente immobiliare
Il Commissario Giuliano descriverà a Rinaldi all’interno della puntata di “Commissari – sulle tracce del male” la scena del crimine: il corpo di Boscolo è riverso a terra, colpito alla nuca da tre proiettili scamiciati calibro 32, fra il soggiorno e l’angolo cottura, proprio accanto ad un tavolino rotondo su cui sono poggiate con scenografica precisione due carte da gioco, il Re di Cuori e quello di Quadri, e una busta da lettera bianca.
Secondo Giuliano queste carte danno alla scena una dimensione surreale; il Sostituto Procuratore di Padova Paolo Luca, all’interno della trasmissione di Massimo Picozzi La Linea d’ombra “Profeta: il Killer delle Carte da Gioco”, racconta la sensazione di essere sul set di un film. Anche chi fa la vita da inquirente, spiega, difficilmente si trova di fronte a scene del crimine simili.
Anche questa non è una rapina contattate il questore di Milano.
Il breve messaggio vergato sulla carta da lettera all’interno della busta poggiata sul tavolo mette gli investigatori di fronte a una realtà incontestabile e ansiogena: a Padova c’è un Serial Killer. E non sembra avere tutti i venerdì a posto.
Arrestato il serial killer di Padova
Il 16 febbraio un uomo alto, con la barba, dal portamento elegante e disinvolto, viene arrestato mentre sta per salire sulla sua Skoda Felicia parcheggiata nel centro di Padova. All’interno dell’auto la Polizia rinviene un normografo, della carta da lettere su cui sono rimasti incisi i segni della lettera ritrovata nell’appartamento di Via San Francesco e un’agenda che nasconde fra le pagine una carta da gioco, il Re di Fiori.
La notizia dell’arresto comincia a serpeggiare per la città e una folla di giornalisti e curiosi si ritrova sotto alla Questura cittadina. Lì davanti si presentano diversi rappresentanti delle Forze dell’Ordine e delle istituzioni che confermano l’indiscrezione perché è evidente la necessità di tranquillizzare la città.
Le indagini
Mentre la città, comprensibilmente, si abbandonava a una psicosi crescente (oltretutto il giorno dopo l’omicidio di Walter Boscolo venne barbaramente ucciso all’interno della Facoltà di Chimica il Professor Luigi Pasimeni e per qualche ora si pensò fosse opera della stessa mano) gli inquirenti lavoravano in silenzio. Assunto che l’appuntamento con Boscolo il fantomatico Pertini lo aveva fissato per telefono il giorno 8, estraggono i tabulati dell’agenzia. L’unica telefonata che non riescono a ricondurre a qualcuno di specifico è stata effettuata da una cabina telefonica posta all’interno dell’ospedale di Noventa Vicentina.
Allargando le verifiche alla cabina stessa ricostruiscono che da lì, quel giorno, sono partite diverse telefonate ad Agenzie Immobiliari fatte con due diverse schede prepagate. In questa selva di chiamate tutte simili ne spicca una. L’unica ad un’utenza fissa di Palermo.
Inoltre gli inquirenti si rivolgono allo psichiatra Massimo Picozzi, chiedendogli di analizzare le lettere dell’assassino. Secondo lo specialista emergono tratti narcisistici e tratti paranoici. Uno degli investigatori consegna a Picozzi un cellulare. È quello associato al numero presente nell’annuncio pubblicato sul Corriere della Sera. Lo psichiatra scambierà sms con l’assassino per due ore.
Per ovvie ragioni non è possibile conoscere il contenuto di questa conversazione. L’indagine sul territorio, nel frattempo, dà i suoi frutti. I responsabili delle agenzie immobiliari chiamate dal telefono pubblico dell’ospedale raccontano tutte di una voce di uomo che si presentava come Pertini o, talvolta, Berdin.
Chi si nascondeva dietro il sedicente Pertini?
A questo punto la Polizia decide di “imboccare” la stampa con qualche informazione, e rende noto il nome del sedicente Pertini nella speranza che qualcuno lo avesse incontrato per una visita ad un appartamento e si ricordasse di lui. Poi c’è quel numero di Palermo. L’utenza è in uso ad una anziana signora che vive con suo figlio, Giovanni Profeta.
L’addizione degli inquirenti è semplice: se è Pertini ad avere telefonato a tutte quelle agenzie è Pertini stesso ad avere chiamato in Sicilia. E non per caso, perché la telefonata è abbastanza lunga da far pensare ad una conversazione fra persone che si conoscono.
Michele Profeta
No che non è un caso. Quella anziana signora ha un altro figlio, che da qualche anno, in cerca di fortuna, si è trasferito in Veneto: Michele Profeta. È lui quell’uomo dall’andatura elegante che la Polizia arresta mentre sta per salire sulla sua auto nel centro di Padova il 16 febbraio.
Accerchiato dagli agenti Profeta pronuncia solo le sillabe necessarie a comporre la frase Vi state sbagliando, dopodiché si chiude in un ostinato mutismo.
Gli inquirenti non si sbagliavano. Avevano ricostruito la singolare esistenza di Michele Profeta, che a Palermo si era sposato giovanissimo e aveva avuto due figli con in quali non aveva più rapporti in quanto aveva presto divorziato per poi risposarsi con la donna che era stato il suo amore di gioventù. Anche da questo matrimonio erano nati due maschi e l’esistenza di Profeta, che proveniva da una buona famiglia, aveva seguito alterne fortune: si era iscritto a Giurisprudenza ma poi aveva mollato per cominciare a lavorare nel ramo immobiliare aprendo una propria agenzia. Inizialmente le cose gli vanno bene: gira su una Fulvia Coupè o su moto fiammanti, sempre elegantissimo e un po’ spaccone (fra le foto che lo ritraggono ne spicca una in cui, capelli e barba nerissimi, indossa un completo di lino bianco e tiene raffinatamente, fra due dita, una sigaretta con aria da dandy). Poi il vento gira: una denuncia per truffa presentata da una agenzia di tassisti e qualche assegno a vuoto lo rovesciano.
Il trasferimento in Veneto per sfuggire agli strozzini
Diventa quindi rappresentante di preziosi e successivamente promotore finanziario, intreccia una relazione con la sua segretaria e finisce nelle mani degli strozzini, per sfuggire ai quali nel 1996 ripara in Veneto. Con moglie, figli e amante. Profeta infatti manterrà in piedi entrambe le relazioni senza che le due donne sappiano l’una dell’altra. Vivrà con una a Mestre dal lunedì al giovedì, con l’altra ad Adria (Rovigo) nel fine settimana. Successivamente all’arresto entrambe andranno in Televisione a difenderlo ostinatamente.
L’ossessione per il gioco d’azzardo
Profeta è ossessionato dal gioco d’azzardo, che pure tanti danni gli ha causato nel corso della sua vita. Negli ultimi quattro anni aveva fatto circa 400 accessi al casinò di Venezia, appuntandosi i numeri su un taccuino con l’obiettivo di elaborare un proprio sistema.
Tutti questi elementi contribuiscono a delineare una figura controversa, borderline, ma da soli non bastano come prove.
Del resto le prove ci sono: oltre a quanto trovato in macchina, durante una perquisizione nella casa di Adria viene rinvenuto un revolver Smith & Wesson compatibile con i proiettili usati durante gli omicidi.
Le testimonianze
Poi ci sono le testimonianze. Quando aveva preso appuntamento con Boscolo, Profeta aveva lasciato un numero di cellulare falso. L’agente immobiliare, quella fatidica mattina, portando qualche minuto di ritardo, aveva digitato il numero per avvisare Pertini del contrattempo, nonostante il numero fosse risultato inesistente (e diverso solo per un paio di cifre da quelli che Profeta aveva lasciato ad altre agenzie, tutti farlocchi) non si era insospettito e si era presentato ugualmente all’appuntamento con la morte.
Ad insospettirsi eccome, durante il mese di gennaio, era stato un altro agente immobiliare: Leonardo Carraro. In seguito alla diffusione delle prime notizie rilasciate sul caso dagli inquirenti, prima dell’arresto, si era presentato in Questura. Era infatti balzato sulla sedia a scoprire che l’uomo che aveva sparato a Boscolo si chiamava Pertini. A quello strano personaggio lui aveva mostrato per ben tre volte un appartamento e ne aveva ricavato una strana impressione.
Nella prima occasione Pertini non si era mai tolto i guanti, nemmeno al momento della stretta di mano, e questo aveva colpito e infastidito l’agente. Nella seconda aveva voluto visitare l’appartamento con le serrande abbassate e aveva finto di prendere delle misure qua e là, probabilmente per distrarre Carraro, il quale però non lo perse d’occhio perché, dirà, prendeva misure di cose senza senso.
Pertini aveva poi insistito per avere un terzo appuntamento di sabato mattina. Per la prima ed unica volta nella sua carriera quella mattina Leonardo Carraro si presenta all’appuntamento accompagnato da un amico. Questa eccezione gli salverà presumibilmente la vita.
Successivamente all’arresto di Profeta, Carraro viene convocato dagli inquirenti che gli mettono sotto gli occhi un album di foto, chiedendogli di individuare, fra quelle, Pertini. Il giovane immobiliarista appoggerà il dito sulla foto di Profeta senza dire una parola. A quel punto gli inquirenti gli propongono un confronto dal vivo, che darebbe ovviamente maggiore forza alla prova. Carraro, comprensibilmente, non ha voglia. Gli agenti lo chiamano ad un atto di responsabilità nei confronti della collettività e lui si convince.
Entra nella stanza in cui Profeta attende e con disinvoltura da venditore lo apostrofa Come va? Si ricorda di me?. Profeta lo fissa per qualche secondo e poi dice che no, non si ricorda, non si sono mai incontrati.
Accusa e difesa
Questo è il leitmotiv della prima parte della storia processuale di Profeta, il quale nega sempre tutto, anche l’evidenza. La carta da lettere? Ce l’hanno tutti. Il normografo? È normale che lo abbia in quanto fa il pubblicitario (novità del momento). Il revolver? Apparteneva al nonno, lo ha trovato in un vecchio baule. Le carte da gioco? Chi non ha delle carte da gioco?
Di fronte a simili delitti e ad un simile atteggiamento in seguito all’arresto è d’uopo fissare dei colloqui con gli psichiatri. Profeta ne sosterrà uno con il consulente della difesa, il Prof Vittorino Andreoli e uno con Massimo Picozzi in qualità di consulente dell’accusa. Con un colpo di scena, ad Andreoli, confessa la sua responsabilità. A Picozzi, che glielo rimarca, risponde con allucinante serenità e convinzione che no, ma quando mai, Andreoli si sarà sbagliato, avrà capito male, saranno state sue valutazioni.
Questa condotta non può che creargli problemi anche con i suoi avvocati, partirà infatti una girandola che fra legali ricusati, dimissionari, licenziati lo farà cambiare diverse volte pool difensivo.
Profeta si presenta in corte d’Assise con la barba ormai argentea e i capelli lunghi dello stesso colore raccolti in un codino che ne fanno un personaggio a metà fra Kill Bill di Tarantino e uno di quegli ultracinquantenni divorziati che almeno una volta nella vita abbiamo visto aggirarsi da soli in un Karaoke sul litorale.
Fedele al suo personaggio anche qui, Profeta, decide di far saltare il banco e, nell’udienza del giorno 08 maggio 2002, confessa.
Cosa non torna
In carcere Profeta ha redatto un memoriale all’interno del quale sostiene di essere stato spinto ad uccidere da una voce. Si trovava in macchina, a Marghera, intento a compilare alcune schede sul calcolo delle probabilità da usare al Casinò, quando tutto ad un tratto si è sentito chiamare. Michele, Michele, Michele.
Era una voce calma e carezzevole, che lo incitava ad uccidere due volte: una per il dio del Bene, una per il dio del Male. Per salvare se stesso dalla rovina. Era la voce della mia madrina. Ho seguito le istruzioni della Voce Amica sia sul taxi sia all’appuntamento con il ragazzo dell’immobiliare. Non avevo ancora capito di essere caduto fra le mani del Maligno.
A questo punto le cose sono due: o Profeta è pazzo o sta cercando di fare il furbo.
Anche perché è difficile crederlo ostaggio di una voce che lo spinga a prendere compulsivamente appuntamenti con tutte le agenzie immobiliari cittadine per poi dargli il là per l’omicidio solo ed esclusivamente nella circostanza in cui è più alta la possibilità di “successo”.
Profeta ha preso tre appuntamenti con Carraro, glielo ha suggerito la Voce? Sì, gli ha detto che doveva ucciderlo però poi, al momento degli appuntamenti, non si è fatta sentire, quindi lui non aveva agito.
L’elemento della grandiosità
C’è poi la questione del ricatto. Quei 12 miliardi di lire (17 milioni di euro di oggi). Profeta li voleva davvero? Secondo lo psichiatra Romolo Rossi, intervistato da La Linea d’Ombra, assolutamente no. Un serial killer, spiega, costruisce il suo racconto e l’elemento centrale è la grandiosità.
E poi c’è quel 12 che ritorna: 12 miliardi, 12 anni di esperienza del tornitore citato nell’annuncio, 12 giorni fra un omicidio e l’altro. Le carte da gioco.
Secondo il Professor Rossi esiste una simbologia dei numeri e delle metafore nelle azioni degli assassini seriali ma Il Serial Killer mette un simbolo in modo che gli altri ci debbano pensare. Non c’è quindi da scervellarsi su quei simboli, sono probabilmente casuali, scelti solo per alimentare quella grandiosità e spaventare le persone.
Per la Corte Profeta non è pazzo
La Corte rigetterà la richiesta di nuova perizia psichiatrica dopo la confessione: Profeta non è pazzo, è solo un uomo normale che non è riuscito a reagire al fatto di avere deluso le aspettative su di lui. Oltretutto se l’è presa con un tassista e con degli agenti immobiliari, guarda caso proprio le categorie professionali che nella sua percezione avevano causato il suo fallimento. Ha ricattato lo Stato che dal suo punto di vista lo ha sempre ostacolato. Altro che voci, Profeta sapeva bene quel che stava facendo.
Michele Profeta, un serial killer singolare
Quello di Michele Profeta è un singolare caso di Serial Killer, perché effettivamente ha ucciso solo due persone nell’arco di dodici giorni; le modalità, il racconto che ha costruito, però, ebbero un impatto colossale sulla società, sui media, sugli abitanti di una città tranquilla come Padova che furono colti dal panico, costretti a fare i conti con un fantasma che sembrava poter uccidere chiunque e in ogni luogo. Per quelle due settimane, insomma, tutti si sentirono in pericolo.
Mentre scontava l’ergastolo nel Carcere di Voghera Michele Profeta si iscrisse all’Università. Il 16 luglio del 2004 fu trasferito momentaneamente a San Vittore per sostenere il primo esame. Nel corso del colloquio sembra avere un vuoto di memoria, si ferma, inizia a rantolare e muore colpito da infarto.