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Misteri di Cronaca Nera

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Alvise di Robilant: storia di un caso irrisolto

Un delitto della camera chiusa, accaduto più di 25 anni fa e con molte domande che sono rimaste appese a un filo. Questa breve descrizione riassume le caratteristiche dell’omicidio di Alvise di Robilant. Un enigma inspiegabile che ha sconvolto la vita di molte persone, una vicenda sospesa in mezzo alla ricerca di una verità che continua a restare ignota.

Una strana assenza

Firenze, 15 Gennaio 1997.

Alvise di Robilant, nato a Venezia 72 anni prima, risiede da tempo nel capoluogo fiorentino, a Palazzo Rucellai. Discendente di una famiglia di nobili, sembra un uomo catapultato ai giorni nostri da un’altra epoca. Garbato, gentile e socievole, profondo conoscitore dell’arte e appassionato di antiquariato. Quella sera ha in programma una cena al Circolo dell’Unione, a palazzo Corsi. Per l’occasione avrebbero dovuto riunirsi i nobili di Firenze iscritti all’associazione, tra cui lo stesso Alvise.

L’appuntamento è alle 20:30, i commensali arrivano tutti all’orario stabilito, tutti tranne uno. All’appello manca proprio il conte di Robilant. Strano, non è un comportamento da lui, uomo preciso, metodico ed educato. Se avesse avuto un imprevisto avrebbe sicuramente avvertito. La cena inizia e finisce, nessuno ha notizie di Alvise.

Una terribile scoperta

16 Gennaio.

Sono le 16:30 e Rosa, una donna di sessantadue anni, si accinge ad entrare nell’appartamento del conte, come faceva regolarmente due volte alla settimana per svolgere lavori di pulizia. La signora varca l’ingresso e nota uno strano disordine nel corridoio. Si dirige verso il salotto e ai suoi occhi si apre immediatamente uno scenario da incubo. Schizzi di sangue sparsi su tutta la stanza e al centro di tutto ciò, sdraiato a terra vicino al divano, giace il corpo senza vita di Alvise di Robilant, coperto maldestramente da un copriletto.

Rosa avverte subito le autorità. Sul posto arrivano i Carabinieri e i primi rilievi restituiscono tutta la tragicità della situazione. Alvise è stato ucciso da dieci violentissimi colpi alla testa, sferrati con un corpo contundente che non viene ritrovato sul luogo ma che probabilmente potrebbe essere una sbarra di ferro o un bastone.

La particolare scena del delitto

Nell’appartamento regna il disordine, cassetti aperti, giornali e fotografie gettati sul pavimento, sei carte di credito sparse sul letto. Sopra al tavolo della cucina ci sono due bicchieri e una bottiglia di spumante chiusa, sulla quale viene repertata un’impronta digitale che non appartiene alla vittima. In camera da letto sono presenti due elementi che saltano particolarmente agli occhi: il computer portatile ancora acceso a cui è stato sfondato lo schermo, e, sopra al letto, una tela del ‘600 che ritrae San Girolamo, anch’essa sfregiata con un’incisione che si sviluppa in diagonale.
Le finestre dell’appartamento sono aperte e su una delle tende sono rimaste impresse le impronte di quattro dita insanguinate. Una scena da film dell’orrore. Gli elementi raccolti sulla scena del crimine consegnano una situazione tanto inquietante quanto enigmatica. Occorre a questo punto cercare di ricostruire le ultime ore di vita del conte.

Le testimonianze

La padrona di Palazzo Rucellai, che abitava sopra ad Alvise, riferisce di averlo sentito suonare il pianoforte prima delle 20:00. Niente di strano che fosse ancora in casa, il palazzo dove si sarebbe svolta la cena non distava molto dalla sua abitazione. Tuttavia la testimone non può fare a meno di notare come quella sera il conte, che suonava lo strumento quasi tutti i giorni, eseguisse le note di Bach in maniera sgangherata. E’ senza dubbio singolare che suonasse male. Ma era davvero lui al pianoforte oppure qualcun’altro aveva preso il comando dello strumento? E’ possibile che Alvise in quei momenti fosse in uno stato d’animo turbato e questo si sia riflesso sul suo modo di suonare?

Giunge anche la testimonianza del cugino della vittima che dichiara di aver ricevuto una telefonata da parte di Alvise la sera del delitto, alle 21:30. Quindi a quell’ora il conte era ancora a casa, nonostante la cena fosse iniziata da un pezzo e nessuno sapesse della sua assenza. Aveva in programma di ricevere qualcuno nella sua dimora? Di certo il cugino non nota niente di strano, Di Robilant appare tranquillo mentre gli chiede se l’indomani mattina può recarsi a casa sua per fotografare un dipinto, il quale gli sarebbe servito per la stesura del libro a cui stava lavorando. Un testo sulla storia d’amore di un suo antenato con una ragazza anglo-americana.

Un progetto che lo aveva appassionato e assorbito molto nell’ultimo periodo. Può essere allora che il conte, particolarmente assorto nelle ricerche sui suoi avi e nella stesura del testo, si fosse dimenticato della cena?

Chi ha ucciso Alvise di Robilant?

Sappiamo che nell’appartamento non c’erano segni di effrazione, probabile che avesse fatto entrare lui stesso l’assassino all’interno. La vittima era in vestaglia quando viene uccisa, questo potrebbe far supporre che non si trattasse di una visita programmata ma che qualcuno si fosse presentato nella casa senza preavviso. Qual’era il movente di questo brutale omicidio? E’ questo l’interrogativo che gli inquirenti cercano di sciogliere.

Le piste investigative

Il conte, appassionato di antiquariato, ogni tanto offriva consulenze e vendeva piccoli oggetti d’epoca. Possibile che il delitto sia maturato in questo ambito? Magari un potenziale acquirente con cui non era stato trovato l’accordo per il prezzo e la situazione era degenerata. E’ un’ipotesi che viene presa in considerazione ma non viene trovato nessun elemento concreto che possa supportarla.
Nel frattempo emerge un’altra tesi che riguarda la possibilità che la vittima avesse una qualche relazione omosessuale. In realtà non ci sono evidenze in proposito e la pista si basa principalmente su due fattori: il fatto che il conte indossasse soltanto una vestaglia nel momento dell’omicidio e la violenza dei colpi vibrati dall’assassino che fanno presupporre fossero stati inflitti da un soggetto di sesso maschile.

Chi conosceva Alvise non crede a questa ipotesi, il nobile era sempre stato un grande corteggiatore di donne e in effetti la sua storia relazionale parla per lui: sposato con una fotomodella americana con cui aveva messo al mondo tre figli, dopo il divorzio ebbe numerose relazioni sentimentali, l’ultima con una principessa di 45 anni.
Gli inquirenti vogliono comunque andare a fondo e viene eseguito un tampone orofaringeo sulla vittima: dai risultati emerge la presenza di tracce di liquido seminale all’interno della bocca. Sembrerebbe essere la svolta, ma l’analisi del DNA smentisce tutto, quelle tracce appartengono al conte, quindi nessuna evidenza di rapporti con altre persone. La pista cade nel vuoto.

Cosa poteva essere successo?

Le indagini proseguono per i successivi due anni ma la realtà su ciò che era accaduto in una fredda sera di metà Gennaio dentro quell’appartamento resta un mistero. La verità non possiamo saperla ma cercando di disegnare un possibile scenario quella scena del crimine così bizzarra e caotica potrebbe fornirci qualche dato. Ci racconta forse di un depistaggio o di un assassino che cercava disperatamente qualcosa all’interno dell’abitazione e che, non riuscendo a trovarla, si sia sfogato danneggiando il computer e il quadro raffigurante San Girolamo.
Mentre la pista del delitto passionale sembra poco probabile, resta aperta la possibilità che il movente possa essere legato al mondo dell’arte e dell’antiquariato. Nell’attività di valutazioni e vendite che saltuariamente il conte faceva è possibile che fosse venuto inconsciamente e involontariamente in possesso di un oggetto particolare che poteva compromettere qualcuno? E’ vero che il nobile non trattava materiale di altissimo valore economico ma in alcuni casi siamo noi stessi ad assegnare un valore agli oggetti, dal punto di vista morale ed etico per esempio.
Ecco che allora qualcosa che ai nostri occhi sembra avere poca importanza può’ diventare di grande rilevanza se legato alla storia personale di un altro individuo. Naturalmente questa è soltanto un’ipotesi, una possibile interpretazione dei fatti come se ne possono fare altre in questo caso.

Conclusione:

L’unica certezza è che quell’efferato omicidio accaduto 26 anni fa nelle mura di un palazzo fiorentino resta ai giorni nostri irrisolto. Ci auguriamo che prima o poi la verità venga fuori e possa così essere restituito un senso di pace alla memoria di Alvise, galantuomo d’altri tempi rimasto vittima di una violenza spietata.

FONTI:
  • Mistero in Blu – Il caso Alvise di Robilant
  • I delitti di Firenze – Valentina Rossi – Newton Compton Editori
Pubblicato in Misteri di Cronaca Nera

Scritto da

Classe 1993, ricercatore di misteri, casi risolti e irrisolti, fiorentino: la sua passione per la cronaca nera nasce dopo aver visitato di persona uno dei luoghi dove colpì il mostro di Firenze

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