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Pietro Maso libero dopo 22 anni:
Una vicenda carica di implicazioni e paradossi e che, proprio recentemente, è emersa nuovamente agli onori della cronaca dato che il protagonista di quel delitto, Pietro Maso, è tornato ad essere un cittadino libero a partire dal 15 aprile 2013; la condanna che aveva ricevuto era stata fissata in 30 anni di reclusione, Piero Maso ne ha scontati solo 22 grazie all’indulto e a 1800 giorni di libertà anticipata. Ha deciso di raccontare la propria storia, come spesso fa chi si è macchiato di delitti particolarmente gravi o è coinvolto in fatti di estremo interessa per l’opinione pubblica (non ultimo il caso di Amanda Knox), all’interno di un libro intitolato ‘Il male ero io’ nel quale racconta fedelmente, quasi con spirito da cronista, quanto accadde quella maledetta notte del 17 aprile 1991. È proprio da lì che ripartiamo per spiegare la vicenda del delitto Maso.
Quella notte del 17 aprile 1991:
È la notte del 17 aprile 1991 quando il diciottenne Pietro Maso, aiutato da tre amici e coetanei, attende il rientro dei genitori per tendere loro un vero e proprio agguato; sono passate da poco le 23.30 quando i quattro, con il volto coperto da maschere raffiguranti demoni e draghi, entrano in azione.
I genitori di Pietro dopo esser stati ad una funzione religiosa stanno rientrando nella loro villa; immediatamente vengono aggrediti dai quattro ragazzi che, come furie, si avventano sulle vittime colpendole ripetutamente e servendosi, in questo, di tubi di acciaio ed altri oggetti contundenti.
Viene aggredito prima il padre di Pietro, Antonio, che tuttavia non muore sul colpo; resta per terra agonizzante ed inizia a rantolare per diversi minuti fino a quando non viene soffocato con una coperta premuta sul volto. È quindi la volta della madre di Pietro, Maria Rosa, la quale aveva assistito, gridando e tentando di divincolarsi, alla scena.
I quattro giovani omicidi:
L’orrendo delitto è compiuto, ma il piano diabolico dei quattro giovani omicidi non si esaurisce qui; decidono di simulare una rapina e, per fare ciò, si recano in discoteca. Una serata di divertimento dopo quel folle gesto e che dovrebbe servire, nei pensieri degli assassini, a crearsi un alibi.
Quando Pietro rientra a casa finge di cadere dalle nuvole; trova i corpi senza vita dei genitori accanto alla scala interna dell’abitazione e subito si mette ad urlare dando l’allarme. Il primo ad accorrere a seguito delle urla di Pietro è il vicino di casa nonché amico della famiglia Maso; la scena che si para di fronte ai due è agghiacciante e subito si pensa ad una rapina finita male. Almeno inizialmente.
Dubbi degli inquirenti e confessione di Pietro:
Per gli inquirenti invece, la dinamica non è così palese e semplice come si vuole far credere; le vittime sono infatti state aggredite nell’ingresso della loro villa e questo particolare non combacia con l’ipotesi di una rapina. Si pensa piuttosto ad un agguato premeditato.
Ma i dubbi degli inquirenti vengono anche da altri particolari; sul conto della madre di Pietro scoprono infatti diversi ammanchi di soldi e movimenti poco chiari, tra i quali alcuni assegni con firma contraffatta. Poche ore dopo l’accaduto, la sera del 19 aprile, Pietro Maso è interrogato dagli inquirenti ed il suo castello di carta crolla inevitabilmente; confessa l’omicidio e fa il nome dei suoi tre complici. I quali, a loro volta, confessano il reato.
I quattro vengono arrestati e confermano che il movente era stato esclusivamente di carattere economico; Pietro Maso voleva infatti metter le mani sulla propria parte di eredità per continuare a fare la bella vita.
Il processo e il verdetto:
È il 7 settembre quando parte il processo di uno dei più efferati casi di cronaca nera: i quattro vengono giudicati capaci di intendere e volere e per loro il sostituto procuratore della Repubblica di Verona chiede il rinvio a giudizio per duplice omicidio aggravato.
Alcuni mesi dopo, siamo nel febbraio 1992, ha luogo la fase finale del processo; Maso confessa alcuni particolari del proprio piano diabolico dai quali si evince come, dopo aver ucciso i genitori, avrebbe voluto far fuori anche le sue due sorelle ed il cognato. Pietro confessa inoltre di aver fatto uso abituale di sostanze stupefacenti.
Alcuni giorni dopo arriva il verdetto: è il 29 febbraio 1992 quando Pietro Maso viene condannato a 30 anni e 2 mesi di reclusione; Cavazza e Carbognin a 26 anni mentre per Burato, non ancora diciottenne quando avvennero i fatti, viene stabilita una condanna di 13 anni.La condanna sarà confermata anche in appello e nelle motivazioni si parlerà di personalità borderline e narcisismo per Maso, personalità dipendente per Carbognin e gregarismo ed immaturità per Cavazza.
Anche la Cassazione confermerà, nel gennaio 1994, la sentenza.Questa la storia dell’efferato omicidio di Pietro Maso, omicida italiano spesso descritto quale icona di una generazione senza valori; storia che torna prepotentemente d’attualità dato l’esito che ha avuto. Dopo aver ottenuto la semi-libertà nel 2008 infatti, Pietro Maso è tornato ad essere a tutti gli effetti un uomo libero. È il 15 aprile 2013 ed il ragazzo – assassino che sconvolse l’Italia è ormai un adulto che può godersi la propria libertà.