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Socialmente Pericolosi: storie di vita dai Quartieri Spagnoli

Una associazione nata nei quartieri spagnoli di Napoli con l’obiettivo di dare un futuro ai ragazzi e sovvertire la tendenza che vede la malavita come unica strada percorribile per emergere e lasciarsi alle spalle il degrado sociale della zona.
Questa è in breve la storia di Socialmente Pericolosi, associazione sorta dalla volontà di un gruppo di ragazzi dei quartieri spagnoli che, attraverso la passione per il cinema e la creatività, dimostra che non per forza si deve assecondare il destino e diventare malavitosi perché si è nati e cresciuti in una realtà marginale. E la pericolosità sociale deriva proprio da questo voler uscire dai binari inventandosi qualcosa di nuovo e rifiutando un futuro scontato.
Una bella storia che Angelo Romeo, docente di Teorie dei nuovi media e di Sociologia della comunicazione, ha voluto raccontare all’interno di un libro/reportage dopo esser stato per diversi mesi a contatto con i ragazzi della associazione.Socialmente pericolosi. Le storie di vita dei giovani nei Quartieri Spagnoli di Napoli”. Questo il titolo del libro che lo stesso autore, Angelo Romeo, ci descrive:
“Il libro è frutto di una ricerca durata quasi un anno e parte dall’analisi del mondo giovanile; la prima parte del libro analizza i problemi dei giovani di oggi in generale, mentre la seconda parte è incentrata  sulla ricerca che ho condotto dentro i quartieri spagnoli su questo gruppo di ragazzi dell’associazione Socialmente Pericolosi.”

L’ associazione Socialmente Pericolosi:

Cosa può dirci di questa associazione che ha conosciuto da vicino?
“È una associazione che nasce dalla volontà di un giornalista Rai, Fabio Venditti e di un ergastolano, Mario Savio oltre che di alcuni ragazzi del quartiere con lo scopo di indirizzare questi giovani su altre strade rispetto al delinquenza, camorra ecc… ”
Come le è nata l’idea di realizzare un libro sull’associazione Socialmente Pericolosi?
“Questi ragazzi hanno già realizzato diversi documentari, sono stati in Rai ecc… parlando con il giornalista Fabio Venditti mi è nata l’idea del libro. Con la ricerca sul campo ho avuto la possibilità di studiare i quartieri spagnoli anche tramite storie di vita vissuta di questi ragazzi; che sono cinque in tutto e vanno dai 22 ai 33 anni.”
Un aspetto che l’ha colpita di queste storie?
“Tanti aspetti; il fatto di vedere in questi ragazzi un qualcosa in più rispetto a quello che, spesso e volentieri, il mondo dei media tende a descrivere parlando dei quartieri. È vero che i quartieri spagnoli sono conosciuti per la malavita, camorra ecc… Però non si possono giudicare tutti allo stesso modo; ci sono anche persone che, ad un certo punto, vogliono provare a mutare la loro vita.”
Quanto tempo ha trascorso nei quartieri spagnoli e come si vive in questo posto?
“Ci sono stato in varie fasi, non continuative; la ricerca è durata in tutto un anno. I quartieri spagnoli sono un posto nel quale si fatica a vivere quotidianamente. Al di là dei ragazzi ho visto situazioni di estrema difficoltà. Tra l’altro per chi non conosce la realtà dei quartieri è facile immaginare un luogo di periferia; in realtà i quartieri spagnoli sono in peno centro di Napoli. E dato che spesso la devianza è collocata in periferia, questa dei quartieri spagnoli è una contraddizione.”

Vita nei Quartieri Spagnoli di Napoli:

Quanto è difficile emergere e differenziarsi in una realtà tale?
“C’è una frase molto bella di uno di questi ragazzi, che io riporto spesso: <ai quartieri spagnoli c’è un solo binario>. Nel senso che esiste solo una alternativa. Se non hai una famiglia che ti sostiene o qualcuno che crede nelle tue potenzialità è chiaro che la possibilità di delinquere è quasi naturale.”
Questi giovani escono dal binario e non si adeguano: come vengono visti dagli altri abitanti del quartiere?
“Prima di entrare a far parte della associazione la loro vita era molto diversa. Vivevano nel quartiere, non avevano possibilità di uscire. Nei quartieri spagnoli c’è tanta ignoranza e mancanza di cultura. Fattore che è la base sulla quale costruisce la camorra. Oggi invece questi ragazzi sono usciti, si confrontano con altre persone, stanno imparando un mestiere. Sono una testimonianza della possibilità di cambiare.”
Quale è la differenze tra il prima, dentro i quartieri spagnoli, ed il dopo?
“A questi ragazzi mancava soprattutto il confronto; erano esclusi ed emarginati dalla società, si confrontavano solo nel quartiere. Conducevano una vita statica e non erano impegnati in niente.”

Degrado sociale e mancanza delle istituzioni:

Nel suo libro ha raccolto diverse storie: ce ne è una che l’ha colpita o che ricorda di più?
“Sono storie diverse tra loro, ma emergono alcuni punti comuni quale quello della rottura con il passato e dello sguardo al futuro; altro punto comune, quello di aver assistito spesso, fin da ragazzini, a fatti di cronaca piuttosto pesanti. Ma quello che più colpisce e accomuna questi ragazzi è un altro aspetto.”
A cosa si riferisce?
“Al sentire la mancanza delle istituzioni; l’assenza dello stato per questi ragazzi che chiedono attenzioni. La scuola che funziona male, i politici che non sono mai presenti malgrado le promesse in campagna elettorale ecc… qui lo Stato manca del tutto.”
E la famiglia come è vissuta e che importanza ha?
“Anche gli spaccati familiari sono forti; con la figura materna che in molte storie è l’unico punto di riferimento, perché magari il padre è in galera o lavoro tutti il giorno. Per questo la madre deve svolgere il doppio ruolo di genitore.”

Pubblicato in Interviste

Scritto da

Giornalista indipendente, web writer, fondatore e direttore del giornale online La Vera Cronaca e del progetto Professione Scrittura

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