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Le professioni più richieste
Stando ai risultati dello studio mancano soprattutto installatori di infissi, panettieri, pasticceri, sarti ma anche falegnami e cuochi: esattamente le figure professionali che da sempre danno vita a quei prodotti di specialità esclusiva che tutto il mondo ci invidia.
Riuscite a immaginare l’Italia senza il pane di Genzano o di Altamura? O alle prese con una penuria di cuochi, proprio noi che della cucina siamo i maestri indiscussi per tradizione e qualità? Senza considerare la moda Made in Italy, o i mobili che vengono esportati ovunque per la maestria dei nostri falegnami.
Come detto, si tratta di professioni fondamentali per molte aziende, non solo per la nostra storia ed economia, eppure difficilmente reperibili nonostante la crisi economica e l’aumento della disoccupazione, soprattutto giovanile. Su circa 1.500 nuovi installatori di infissi necessari alle aziende, si legge ancora nella ricerca, ne mancano all’appello oltre l’83%, mentre per quanto riguarda ad esempio l’attività dei panettieri artigianali (faticosa specialmente per gli orari notturni) risulta difficile coprire il 39,4% dei 1.040 nuovi posti disponibili.
Allo stesso modo manca il 21,9% dei 1.960 sarti e tagliatori artigianali richiesti dalle aziende. Se nel tempo nessuno farà più questi mestieri, come illustra il rapporto, sparirebbero i prodotti tipici del nostro territorio esportati in tutto il mondo e sarebbe davvero un sacrilegio per la nostra secolare tradizione.
I lavori che nessuno sa o vuole fare
Nonostante la crisi economica e l’aumento della disoccupazione, dunque, ci sono mestieri per i quali il posto di lavoro sarebbe sostanzialmente assicurato (in particolare per le attività tipicamente artigiane) tuttavia un quarto di queste offerte di impiego resta senza risposta trattandosi di lavori che, forse più probabilmente, nessuno “sa” fare.
Secondo Confartigianato, infatti, nell’elenco dei mestieri trascurati e delle figure professionali introvabili, il “saper fare” è un requisito fondamentale. “Quest’anno – ha spiegato il segretario provinciale, Andrea De Simone – le aziende artigiane erano pronte ad assumere 1500 unità di personale, ma nella stragrande maggioranza dei casi non hanno trovato quello che cercavano. E’ difficile credere che in Italia nessuno abbia più voglia di imparare un mestiere o che i giovani siano tutti dei fannulloni. Credo si tratti invece di un problema di informazione e anche formazione, visto che un’alta percentuale di ragazzi si dedica a lavori altrettanto faticosi rispetto a quelli artigianali ma probabilmente meno retribuiti, abbastanza generici da poter essere svolti senza una specifica preparazione”.
Giovani lontani dal mondo del lavoro
Due giovani su tre (cioè oltre 9 milioni) non hanno contatti con il mondo del lavoro durante il periodo degli studi e solo il 4% ha alle spalle esperienze di stage o tirocini formativi. Sono giovani sempre più distanti dal mondo del lavoro per i quali, forse, non sarebbe così anacronistico un avvicinamento al mondo dell’artigianato, dato che far conoscere ed apprezzare i mestieri artigiani sarebbe utile anche per tutelare e nobilitare mestieri antichi altamente ricercati nel mercato attuale, ha ribadito De Simone.
Secondo Confartigianato, sarebbe quindi utile ricordare il valore dei lavori dimenticati, antichi mestieri depositari di quella meritata reputazione che elogia il genio italiano nato nelle botteghe degli umili artigiani. Ne gioverebbe anche la reputazione del Paese, attualmente alle prese con una classe politica impegnata più che mai a favorire nelle sue fila soltanto la sopravvivenza di un unico mestiere: il più antico del mondo.