In questo articolo parliamo di:
La nuova disciplina per il settore dei restauratori:
Ebbene con le modifiche apportate dal disegno di legge del Governo alcune cose andrebbero diversamente e subirebbero cambiamenti di rilievo; e non tutti sembrano esser ed’accordo.
Tra le voci di dissenso che si sono sollevate dopo l’approvazione del ddl, vi è stata quella dell’ Associazione “La Ragione del Restauro” , una associazione con sede a Firenze che si propone di salvaguardare il prestigio e la dignità professionale degli operatori del settore del restauro. E che non approva il ddl del governo in materia di procedure di selezione pubblica per il riconoscimento delle qualifiche professionali di restauratore e di collaboratore restauratore dei beni culturali, come ci spiega il presidente della associazione, Andrea Cipriani:
“E’ in atto un riordino del nostro settore per cui il ministero ha indetto una selezione pubblica in base alla quale si riconosceranno i titoli di restauratore di beni culturali e collaboratore restauratore. E fin qui siamo d’accordo anche noi, perché il settore tutto, così come la formazione, era lasciato un po’ in balia di se stesso e mancava una regolamentazione nazionale. Quindi va bene un riordino, ma il problema è sul come viene fatto.”
Cosa non convince del ddl?
“Per acquisire il titolo di restauratore di beni culturali si deve presentare tutta una serie di documentazioni inerenti ai lavori svolti in passato; il problema è che si considerano validi per prendere il titolo i lavori fatti fino al 2001, andando così ad eliminare 11 anni di attività professionale legittima.”
Come acquisire il titolo di restauratore:
In base al testo del ddl, in sostanza, verrebbe preso come limite temporale per il conseguimento dei requisiti richiesti la data del 16 dicembre 2001 (data di entrata in vigore del decreto ministeriale 420/2001). “Dal 2001 in avanti non viene data la possibilità di certificare i lavori svolti: uno per assurdo potrebbe aver restaurato la Gioconda o svolto un qualsiasi altro lavoro autorizzato e seguito dal Ministero, e tuttavia lo stesso Ministero non riconosce questo lavoro se svolto dopo il 2001. Noi contestiamo questo limite temporale del 2001, è un fatto inedito che non accade in qualsiasi altra categoria professionale.”
Quali sono le motivazioni di questo limite temporale?
“La motivazione è che questa legge entrò in vigore nel 2001, quando si decise che da quel momento in poi sarebbe stata fatta una selezione pubblica; selezione che è stata fata dopo 11 anni. In questo modo intere generazioni di restauratori, quelli intorno ai 30 e 40 anni, si troverebbero esclusi.”
Come mai secondo voi è stata presa questa decisione?
“Secondo noi perché in questo modo non verrebbero sottoposti all’ esame o alla presentazione di documenti solo quelli che sono stati diplomati presso le scuole statali, che sono 2 (Firenze Roma); ecco, tutti questi acquisirebbero la qualifica ope legis e avrebbero il titolo.”
E tutti gli altri?
“Tutti gli altri dovrebbero adeguarsi o presentando la documentazione fino al 2001, o in alternativa il ministero ha indetto per tutte queste persone, che sono quasi 15mila, un esame che si terrà una tantum. Qualora non venisse superato non si avrebbe il titolo di restauratore”.
La protesta dei restauratori:
È da molto che protestate per questa situazione?
“In questi 2 anni ci siamo dati molto da fare interessando anche Camera, Senato, le cui commissioni cultura hanno imposto al governo di rivedere questo articolo 182 del codice e di spostare la data dal 2001 ad oggi; in base al ddl il Governo non sembra aver recepito questo parere delle commissioni cultura. Ha anche inviato il testo alla Conferenza Stato-Regioni per avere un parere consultivo, e la Conferenza ha dato parere positivo ma vincolato al fatto che venga spostata la data ad oggi. Quindi nemmeno l’appunto della Conferenza Stato-Regioni sembra esser stato recepito.”
Cosa farete a breve?
“II questo momento siamo in attesa dell’ iter parlamentare. Ovviamente ci faremo sentire nuovamente dalle commissioni cultura quando sarà il momento. Anche perché ci tengo a dire che tutto questo patrimonio di persone è un patrimonio anche per la nazione; su di noi si è investito, oltre che a noi stessi la nostra formazione è costata anche allo stato: e ora, nel pieno dell’ attività professionale e nel momento di maggior consapevolezza, veniamo esclusi e tagliati fuori.”