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La legge italiana sulla prostituzione
Dietro al fenomeno della legalizzazione della prostituzione ci sono d’altra parte questioni ideologiche troppo grandi oltre che giri di affari cospicui; basti soffermarsi sulle cifre. Si stima in Italia ci siano tra le 50mila e le 70mila prostitute, la maggior parte delle quali lavorano in strada, con un conseguente giro di affari di circa 20 miliardi di euro.
Quando si parla di prostituzione in Italia si parte sempre da quella che è la situazione normativa; più precisamente, dalla famosa e famigerata legge Merlin. Quel provvedimento, la legge n. 75 del 1958, andò a sancire la chiusura delle case di tolleranza all’interno delle quali si praticava la prostituzione. Le cosiddette case chiuse sono diventate una realtà da allora e la loro riapertura è l’obiettivo di chiunque lotti a favore della legalizzazione della prostituzione.
La norma del 1958 prendeva spunto dalla convenzione Onu del 1949 sul meretricio e con la legge Merlin si andò ad abolire del tutto la regolamentazione della prostituzione introducendo alcune figure di reati legati allo sfruttamento della prostituzione altrui.
Una normativa che presente diverse lacune e mancanze e che non delinea un vero e proprio reato legato alla vendita del proprio corpo andando altresì a circoscrivere il tutto a comportamenti illeciti quali sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione.
La legge italiana, per dirla in estrema sintesi, non condanna nè punisce la prostituzione ma sostanzialmente la tollera andando a prevedere tipologie di reato ad essa circoscritte.
Il caso Roma e le strade e a luci rosse
Il caso Roma è da alcuni mesi sotto l’occhio dell’ opinione pubblica. Per chi è favorevole ad una regolamentazione della prostituzione si tratterebbe di un’apertura interessante viceversa chi va contro teme che questa ipotesi possa rappresentare un pericoloso precedente: un cavallo di Troia per andare poi a legalizzare l’esercizio della prostituzione.
Ciò che si sta vagliando di fare su Roma è di creare vere e proprie zone a luci rosse; aree nelle quali esercitare la prostituzione sia legale, o quantomeno tollerato. Isole del sesso con operatori sociali sul luogo per controllare che non vi sia lo sfruttamento (che, come detto, per la legge italiana è vietato); controlli sanitari effettuati sulle prostitute; distribuzione di preservativi per i clienti delle prostitute al fine di garantire una maggior sicurezza.
Il tutto dovrebbe andare a costare all’incirca 5 mila euro al mese per il municipio che ospiterà le strade a luci rosse; si è parlato per ora del quartiere Eur. Una zona che, per chi conosce Roma, vede un consistente esercizio della prostituzione già da anni: basta girare per le strade del quartiere di notte per rendersi conto che, pur non essendoci ancora alcuna normativa al riguardo, la prostituzione viene abbondantemente esercitata e tollerata.
Tentare di combattere la prostituzione intralciando il cliente
Non essendoci, come detto, una legge nazionale che va esplicitamente a sanzionare la prostituzione come reato, si è tentato nel corso del tempo di porre rimedio al fenomeno con palliativi quali ordinanze anti prostituzione finalizzate più che altro a tentare di ostacolare in ogni modo il cliente.
Come nel caso dei divieti di transito notturni delle auto nelle zone note a arcinote di Roma dove si possono trovare prostitute; o come l’installazione di telecamere sulle principali strade della prostituzione romana per riprendere le targhe di chi si fermava a contrattare con le prostitute andando con tale comportamento, era questo l’espediente per creare il deterrente, ad ostacolare il traffico.
Tutti provvedimenti che non sono serviti a molto se è vero che la prostituzione nelle strade di Roma e non solo è ancora oggi un fenomeno ampiamente presente e trovare prostitute in strada non è per niente difficile. D’altra parte la norma è carente a livello nazionale. Tanto varrebbe affrontare la questione in modo definitivo e chiaro. Che sia in un verso o nell’altro.