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La proposta per l’eutanasia
Quello dell’eutanasia è dunque un tema che ciclicamente si presenta e trova davanti a sé solo un vuoto normativo che EXIT-Italia (Associazione Italiana per il diritto ad una Morte Dignitosa), una delegazione dei Radicali, l’Associazione “Luca Coscioni per la Ricerca Scientifica” e l’Uaar, (Unione degli atei e degli agnostici razionalisti) cercano di colmare. Affinché il Parlamento possa esaminare la proposta occorre la sottoscrizione di 50.000 firme.
“A questo proposito –racconta al nostro giornale Emilio Còveri, presidente di EXIT-Italia con sede a Torino- l’Associazione Luca Coscioni che gestisce il coordinamento nazionale si è attivata per inviare a tutti i comuni il modulo per firmare e i Radicali organizzeranno dei banchetti nelle piazze italiane. Dalla deposizione della prima firma ci saranno sei mesi di tempo; – spiega Còveri – abbiamo coinvolto le fondazioni laiche e già noi di EXIT possiamo contare quasi 6.000 firme.
Si tratta di una proposta pazzesca per l’Italia che il futuro governo dovrà poi trasformare in legge regolamentandone ogni aspetto, dalle strutture al personale preposto. Noi siamo fieri di lottare – racconta quasi commosso Còveri – perché esiste una tremenda sofferenza, tutti i giorni ci arrivano numerose telefonate di persone disperate per sé e per gli altri. Auspichiamo questo beneficio di poter morire con dignità.
Eutanasia è decidere per se stessi, questo è il nostro motto e il nodo centrale della nostra battaglia –conclude– è l’impunibilità di chi aiuti una persona a porre fine alla propria vita.”
Legislazione italiana: eutanasia attiva ed eutanasia passiva
Mentre altri stati europei hanno affrontato il delicato tema del fine vita, il quadro italiano sull’eutanasia si presenta così: l’eutanasia attiva –quando cioè il decesso espressamente richiesto dal paziente è provocato tramite la somministrazione di farmaci che inducono la morte– è assimilabile all’omicidio volontario (art. 575 codice penale). In caso di consenso del malato si configura la fattispecie prevista dall’art. 579 c.p. (omicidio del consenziente), punito con pena di reclusione da 6 a 15 anni. Anche il suicidio assistito è un reato, regolato dall’art. 580 codice penale (istigazione o aiuto al suicidio).
Illegale è anche l’eutanasia passiva, ovvero la mancata somministrazione delle cure necessarie per mantenere in vita un paziente. A queste due forme si aggiunge l’eutanasia lenitiva: il decesso avviene come conseguenza prevista, ma non voluta, dall’uso di farmaci analgesici per alleviare il dolore.
L’articolo 32 della Costituzione
“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana” condanna l’accanimento terapeutico e trova il favore della Chiesa Cattolica.
Alla ricerca di un punto di intesa
Nel nostro Paese è da 30 anni che si cerca di trovare un punto d’intesa tra le associazioni attive per la legalizzazione dell’eutanasia e i comitati di bioetica e la Chiesa assolutamente avversi. E il confine tra pro e contro a tale pratica rimane ancora netto, la libertà di scegliere come morire e il valore dato alla vita come dono che va rispettato senza se e senza ma.
In termini di dati secondo un recente rapporto Eurispes gli italiani sono favorevoli all’eutanasia (66,2% del campione intervistato). La quota dei sì alla ‘dolce morte’ è calata dell’1,2% rispetto al 2010 e dell’1,8% rispetto al 2007. Mentre rispetto al 2010 è aumentata nel 2011 la quota dei contrari, passando dal 21,7% al 24,2%.
I viaggi in Svizzera per morire
“Questa proposta di legge deve servire affinché non ci sia più un caso Welby, affinché tutti i cittadini italiani possano vivere il momento della morte con serenità e non combattendo contro uno Stato proibizionista che entra nelle loro case per imporre il sondino”, con queste parole Mina Welby, moglie di Piergiorgio e co-presidente dell’Associazione Coscioni, ha spiegato il significato di questa proposta di legge.
I primi articoli, allora, andrebbero ad annullare il Decreto Calabrò del 2011, che di fatto vincola la volontà del paziente; gli altri articoli invece sancirebbero la non punibilità di chi presti aiuto al paziente che ha richiesto il trattamento eutanasico.
Attualmente il paese scelto per porre fine alla propria sofferenza è la Svizzera dove l’eutanasia è legale sin dal 1942. E continuerà ad esserlo visto che gli abitanti di Zurigo hanno detto no al referendum del Parlamento che chiedeva di punire questa pratica e rifiutare l’accoglienza di stranieri decisi a trascorrere là gli ultimi istanti.
Il presidente di Exit-Italia Emilio Coveri ci spiega che non si spendono più di 3.000 euro e che non tutte le richieste vengono accolte. Il 40% vengono infatti rigettate; si deve prima superare l’esame dei medici i quali valutano la situazione caso per caso. Ma come avviene l’accesso all’ eutanasia in quelle strutture?
Come avviene la morte assitita?
Passati al vaglio, i pazienti che decidono di proseguire il percorso raggiungono le strutture adibite e di nuovo si sottopongono a nuove visite da parte dei medici che per legge cercano di far cambiare loro idea. Se il paziente è convinto a questo punto si procede. Vengono somministrate due pasticche anti-vomito e successivamente un composto chimico contenente un barbiturico e un potente sonnifero che addormenta profondamente. Impiega 3 minuti a far chiudere gli occhi, nei successivi 5 sopraggiunge l’arresto cardiaco.
Exit Italia dal 1996 lotta per vedere riconosciuto il diritto a una morte dignitosa e per questo ha stretto un accordo con la Dignitas ed ExInternational della svizzera che oltre a permettere di fare informazione sulla loro attività accoglie i pazienti seguiti dall’associazione torinese.