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Violenza sulle donne: niente fondi, i Centri Antiviolenza chiudono

Dall’inizio del 2016 almeno 76 donne in Italia sono state uccise dal partner o dall’ex compagno. Una piaga che sembra non volersi fermare e che continua a mietere vittime innocenti.
Un amore malato o un amore non corrisposto spesso sono le due facce di una stessa medaglia. E il sentimento di impotenza porta le donne a non denunciare. Paura, timore, ansia. La voglia di andar via e quella di essere libere fanno i conti con la coscienza e con il terrore di essere abbandonate.
Da tempo di casi di cronaca che vedono come vittime donne innocenti sono all’ordine del giorno. Il copione spesso è il medesimo. Magari la promessa di un ultimo saluto per poi sparire e lasciarla in pace: ma non è mai così.
Leggendo i casi di cronaca, il sentimento di violenza trova spesso terreno fertile nei maschi perchè non si accetta il rifiuto, la decisione da parte di lei di voler andare via. Magari con un altro uomo.

Il reato di ‘femminicidio’

Molte le donne che hanno subìto violenza di questo genere; tante anche quelle che sono state uccise. “Se avessi denunciato, parlato o pensato che poteva arrivare a tanto…”. Pensiero comune a troppe donne.
Lo chiamano ‘femminicidio’ quando piuttosto sarebbe più opportuno ‘omicidio’ che probabilmente rende meglio l’idea. In fondo quando una donna viene ammazzata si compie un omicidio.
Tantissimi anche gli episodi di violenza che non sfociano poi in un vero e proprio reato. Secondo i dati di Telefono Rosa, da gennaio 2015 almeno 8.856 donne sono state vittime di violenza e 1.261 di stalking.
Si stima, inoltre, che il 90% delle donne non denunci tali atti di sopraffazione. Un ruolo fondamentale però lo svolgono i centri antiviolenza e le diverse associazioni che si occupano di questo problema e assistono donne maltrattate.

Il ruolo dei Centri Antiviolenza

I Centri Antiviolenza sono luoghi nei quali sono accolte le donne che hanno subìto maltrattamenti. Grazie all’accoglienza telefonica, ai colloqui personali, all’ospitalità in case rifugio e ai numerosi altri servizi offerti, le donne sono assistite nel loro percorso di ritorno a una vita normale.
I Centri svolgono attività di consulenza psicologica, consulenza legale, gruppi di sostegno, formazione, sensibilizzazione e prevenzione. D.i.R.e (Donne in Rete contro la Violenza), nata nel 2008 è la prima associazione italiana a carattere nazionale di centri antiviolenza non istituzionali e gestiti da donne che affronta il tema della violenza secondo l’ottica della differenza di genere, collocando le radici di tale sopruso nella storica e attuale disparità di potere tra uomini e donne nei diversi ambiti sociali.
L’associazione, che documenta meticolosamente non solo i vari tipi di violenze ma anche e soprattutto pubblicizza campagne di sensibilizzazione e sostiene le donne che decidono di cercare aiuto, ha un team tutto al femminile con psicologhe, giornaliste, avvocate e dottoresse.

La mappa dei Centri Antiviolenza in Italia::

Oggi, l’associazione nazionale D.i.R.e. raccoglie dentro un unico progetto 75 Centri Antiviolenza e le Case delle Donne, che in vent’anni di attività hanno dato voce sul territorio nazionale a studi sul tema della violenza, supportando le donne nella riconquista della libertà.
Ma quanti sono questi Centri Antiviolenza? Per i dettagli è possibile visualizzare il link: http://www.casadelledonne-bs.it/elenco-centri-associazioni-antiviolenza/
Nonostante le attività fondamentali di questi centri, purtroppo non ci sono i fondi e molti rischiano la chiusura. La legge 119 del 2013 sul femminicidio prevedeva l’erogazione di 10 milioni di euro all’anno per questi centri.
La prima parte riferita all’anno 2013-2014, è stata trasferita alle regioni solo nell’autunno del 2014 e di questi soldi, una volta finiti nelle casse regionali, nella maggior parte dei casi se ne è persa ogni traccia. In Calabria la prima quota è arrivata solo nel 2015.

Mancano i fondi per i centri Antiviolenza:

Il “Centro Antiviolenza Donatella Colasanti e Rosaria Lopez”, attivo a Roma dal 1997 è a rischio chiusura. La notizia è stata diffusa poche ore dopo l’omicidio di Sara Pietrantonio, 23enne di Roma uccisa dal suo ex fidanzato.
Lo scorso 13 maggio è arrivato l’avviso di sgombero. Come Roma probabilmente molte altre città si ritrovano nella stessa situazione. Ovviamente in assenza di fondi sia regionali sia comunali, il sostegno a queste donne si fa a progetto, il tutto nutrito a spese delle volontarie.
Questi dati, documentati da “action aid” e dalle varie associazioni attente ai diritti delle donne, hanno comprovato come ci sia poca trasparenza nell’attribuzione dei fondi.
Ma questo discorso dovrebbe essere approfondito come si deve. In attesa che il Piano nazionale contro la violenza sulle donne si concretizzi, le volontarie di questi centri cercano finanziamenti in ogni settore: privati, aziende o il cinque per mille.
Purtroppo sono ancora pochi e non adeguati a sostenere le spese dei vari centri che svolgono ad oggi questa funzione di supporto per le donne.

Pubblicato in Inchieste

Scritto da

Calabrese, testarda e con la passione per il giornalismo.

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